Data: 15/03/2010
Settore:
Dip. Diritti
ARTICOLO 18, IL PRESIDENTE NAPOLITANO NON FIRMA - Non convince l'accordo raggiunto fra governo, Confindustria, Uil e Cisl. Epifani: «Quel testo viola chiaramente la Costituzione e noi siamo pronti a fare ricorso alla Consulta» - Rassegna stampa

Al momento sono solo indiscrezioni, ma il Quirinale sarebbe seriamente intenzionato a rinviare alle camere il testo del ddl 1167-B approvato dal Senato dopo il via libera e l'avviso comune raggiunto tra Governo, Cisl, Uil e Confindustria. Il presidente della Repubblica sta meditando quindi di non avallare la norma che introduce la possibilità preventiva di ricorrere all'arbitro, invece che al giudice, in caso di controversie di lavoro. In quel testo, approvato definitivamente dal Senato la scorsa settimana, c'è una norma che rischia di cambiare radicalmente il profilo del nostro diritto del lavoro, e il suo sistema di garanzie. Dall'articolo 31 in poi c'è scritto che le controversie tra il datore di lavoro e il suo dipendente potranno essere risolte anche da un arbitro, in alternativa al giudice. In sostanza, modificando l'articolo 412 del codice di procedura civile, si prevedono due possibilità alternative per la risoluzione dei conflitti: o la via giudiziale oppure quella arbitrale. L'innovazione principale è che già al momento della firma del contratto di assunzione, anche in deroga ai contratti collettivi, al lavoratore potrebbe essere proposto (con la cosiddetta clausola compromissoria) che in caso di contrasto futuro con l'azienda le parti si affideranno a un arbitro, e non a un giudice. Ebbene questa legge, che il Capo dello Stato ha già visionato sommariamente, suscita in lui forti perplessità. La sta esaminando insieme al "nucleo di valutazione" del Colle, formato da Salvatore Sechi, Donato Marra e Loris D'Ambrosio. Non ha ancora preso una decisione definitiva. Ma, allo stato attuale, sembra intenzionato a non firmare la legge. E a rinviarla al Parlamento con messaggio motivato, per una nuova deliberazione. Secondo i poteri che gli assegna l'articolo 74 della Costituzione e che può attivare anche per provvedimenti non necessariamente inficiati da "vizi palesi" di legittimità costituzionale.

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