Data: 14/10/2007
Settore:
Cgil
EPIFANI: «NON HA PIU' SENSO SFILARE IL 20 OTTOBRE» - Referendum: Il sì s'impone con oltre l'81%. Il governo modifica il protocollo, ma irrita le parti sociali. - Dati riepilogativi divisi per regione

I dati ufficiali non ammettono dubbi: l'81,6% dei lavoratori si è espresso favorevolmente all'intesa raggiunta sul welfare. Un dato ancora più importante se rapportato alla straordinaria partecipazione. Sono stati cinque milioni e 115 mila i lavoratori, pensionati, precari, disoccupati che si sono recati a votare per il referendum, circa 700.000 in più rispetto alla consultazione del 1995 sulla riforma Dini, una cifra impressionante.
I voti validi sono stati 5.041.810, le schede bianche o nulle sono state 73.244. I si' hanno collezionato 4.114.939 voti, contro i 926.871 dei no.

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La regione con il maggior numero di voti favorevoli è risultata la Sicilia (92,38%), seguita da Calabria (87,48%), Campania (86,79%) e Sardegna (86,32%). La regione con il piu' basso consenso per il sì, invece, è proprio l'Abruzzo (70,02%), seguita dal Piemonte (70,98%).

Il Consiglio dei ministri ha provveduto ad approvare, come da programma e, dopo aver atteso il risultato referendario, il testo definitivo del Protocollo con le astensioni dei Ministri Ferrero e Bianchi e con le riserve di Pecoraro Scanio e Mussi. Il testo licenziato dal Cdm contiene due importanti modifiche. Innanzitutto salta il tetto al numero dei lavoratori usuranti, cioè coloro che svolgono attività che permettono di andare in pensione anticipatamente (nel testo firmato da governo e parti sociali era previsto un limite di 5 mila l'anno). Resta però invariato, per il momento, lo stanziamento di 2,52 miliardi di euro in dieci anni. un'altra importante novità riguarda i contratti a termine dopo 36 mesi: la proroga si potrà effettuare una sola volta e dovrà essere stipulata davanti a un esponente sindacale delle sigle più rappresentative.

Il Segretario Generale della Cgil Guglielmo Epifani tuttavia contesta il provvedimento adottato perchè non rispetta i patti concordati con le parti sociali in particolare per la parte che riguarda il tema della previdenza. Il governo avrebbe fatto sparire il meccanismo che doveva garantire ai giovani una pensione futura pari ad almeno il 60% della retribuzione. Il Segretario della Cgil Epifani spiega infatti che «nella parte sulla previdenza il ddl sul protocollo welfare non rispetta il testo originario: ne dovremo ridiscutere con il governo e le imprese. Sono troppe 13 deleghe per attuare l'intesa - prosegue il leader della Cgil - e mi domando perchè sia sparito il riferimento alla consultazione con le parti sociali. Non ci sono tempi certi sulle finestre di anzianità e vecchiaia e nemmeno sui lavori usuranti, ed è sparito il riferimento del 60% per il tasso di sostituzione per le nuove generazioni».

Il 18 ottobre si terrà il direttivo unitario di Cgil, Cisl e Uil per la ratifica del voto referendario. Mentre la Cgil terrà il proprio direttivo il 22 e 23 ottobre. Appuntamento, ha detto Epifani, che «sarà introdotto da una relazione in cui con la massima chiarezza esprimeremo il giudizio su come questa determinazione referendaria inciderà sulle scelte future della Cgil». Ma il segretario ha chiarito che in Cgil «non abbiamo nessuna cultura da resa dei conti».

INTERVISTA A GUGLIELMO EPIFANI RILASCIATA AL QUOTIDIANO "LA STAMPA"


«Certo non ci aspettavamo un risultato del genere. Né sul piano della partecipazione al voto, oltre cinque milioni di lavoratori e pensionati. Né su quello del risultato: l'81 per cento di Sì è un fatto straordinario. Non era mai successo. Anche per questo invito la sinistra radicale a leggere bene il voto, così si rende conto di quanti, quali e dove sono i Sì: praticamente ovunque. E magari ci spiega pure qual è il senso della manifestazione del 20 ottobre: io ancora non l'ho capito».

Ma se dal calcolo si tolgono i pensionati, i Sì scendono?
«Scendono ma mica tanto, alla fine saranno poco meno del 70 per cento. Se si pensa che il totale dei Sì sulla riforma Dini fu il 64 per cento e votarono in 4,4 milioni... Sono numeri che parlano da soli».

Parli pure lei, già che ci siamo: qual è la sua interpretazione di questo risultato?
«Che nonostante il malessere, il disagio che esiste ed è forte tra tutti i lavoratori, anche tra quelli che hanno votato Sì, il segnale è una forte fiducia nel sindacato. Che vogliono unitario, autonomo e non radicale».

Tuttavia tra i metalmeccanici e in tutto il gruppo Fiat ha prevalso il No, anche questo è un segnale.
«Certo che lo è, e va analizzato e affrontato con molto impegno. Sui metalmeccanici in generale vorrei però dire che alla fine il No forse prevale per poche migliaia di voti, cinque o seimila. E aggiungo pure che sono stati di meno oggi che la Fiom era contraria di quanto lo fossero sulla riforma Dini, quando la Fiom era favorevole».

Sta dicendo che la Fiom ha meno consenso e credibilità di prima? Qualcuno come Giorgio Cremaschi ha anche alluso a brogli...
«Io vedo i dati e li registro. Quanto a chi ha parlato di brogli, dico che si è trattato di accuse incomprensibili che peraltro si sono ritorte contro chi le ha lanciate: la gente è andata a votare in massa forse anche per questo. Dopo di che su chi prende posizioni così estreme, ne discuteremo negli organismi dirigenti».

Ieri lei ha incontrato Montezemolo, un incontro diciamo singolare proprio il giorno dopo il referendum e il risultato degli operai Fiat dove ha vinto il No. Non conveniva farlo in un altro momento?
«Si tratta di una coincidenza, ma era fissato da tempo e poi io l'ho incontrato nella sua funzione di presidente di Confindustria e non della Fiat. Comunque non abbiamo parlato del referendum, bensì del fisco e della Finanziaria. E devo dire che anche lui conviene con noi sul fatto che in Italia esista un problema salariale, strettamente legato alla questione fiscale e al rinnovo dei contratti. Conviene con noi, però poi le imprese ritardano i rinnovi e contribuiscono a far perdere potere d'acquisto ai lavoratori. Ecco perché Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di fare una grande manifestazione a Roma a novembre».

E invece cosa pensa del No degli operai Fiat
«In quel gruppo c'è un malessere ancora più forte che altrove, condizioni di lavoro troppo pesanti, ruoli gerarchici, ritmi... Bisogna che il sindacato interpreti questo disagio, sia più presente in fabbrica, più vicino a questi lavoratori. Bisogna che si diano risposte ai problemi che pongono».

Senta Epifani, lei aveva firmato il Protocollo sul welfare con qualche mal di pancia. Aveva pure mandato una lettera a Prodi chiedendo modifiche: adesso che fa, le chiede quelle modifiche?
«Una è già stata accolta, quella sull'agricoltura. Per le altre tre aspetto di vedere la traduzione legislativa del provvedimento. Comunque qualche perfezionamento ci vuole ma va discusso con le parti sociali».

In altre parole, non con i partiti. Però quelli della sinistra non mollano, vogliono modifiche radicali. Lei li appoggerà?
«Anche qui vedremo, per esempio sui lavori usuranti e sul tempo determinato che deve finire dopo 36 mesi aspetto di capire cosa fa il governo. In ogni caso si deve partire da un dato di fatto: e cioè che la stragrande maggioranza di lavoratori e pensionati ha dato un giudizio positivo sull'accordo. Alla sinistra radicale voglio dire una cosa molto semplice: leggete bene il voto, analizzatelo, e scoprirete che il Sì ha vinto tra gli operai, nel settore pubblico, nella scuola, tra i precari, i servizi, i pensionati. Insomma ovunque. Quindi un grande riconoscimento dell'autonomia del sindacato. Che è stato oggetto di troppe incursioni in questi mesi da parte della politica».

Incursioni in che senso?
«Tentativi di condizionare il risultato, di intervenire su pezzi di rappresentanza... E invece oggi si capisce qual è l'umore profondo dei lavoratori e dei pensionati».

E la manifestazione del 20 ottobre?
«La domanda la faccio io: qual è il senso di quella manifestazione? Io già non l'avevo capito quando l'hanno convocata, l'ho giudicata sbagliata da subito. Poi via via ha cambiato diverse volte il suo segno, ma io ancora non ho capito quale sia. Forse ormai è una cosa identitaria o di protesta: ma di protesta contro chi e che cosa francamente non saprei»

L'intervista a Epifani (tratta dal quotidiano "L'Unità")

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