Iscriviti OnLine
 

Pescara, 29/03/2024
Visitatore n. 735.792



Data: 28/04/2017
Testata giornalistica: La Repubblica
Rigopiano, svolta nell'inchiesta: indagati il sindaco di Farindola e il presidente della provincia. Per loro e altri 4, tra cui il direttore dell'albergo, l'accusa è omicidio colposo. I pm: "La strada andava sgombrata dalla neve e l'hotel evacuato". Nella tragedia morirono 29 persone

La provincia di Pescara e il comune di Farindola sono ufficialmente sotto accusa per la tragedia dell'Hotel Rigopiano. Ci sono sei nomi sul registro degli indagati della procura pescarese, che sta lavorando al caso da più di tre mesi. Il 18 gennaio scorso una valanga staccatasi dal Monte Siella ha ucciso 29 delle quaranta persone presenti nell'albergo, rimaste bloccate lassù a causa della inagibilità della strada, la provinciale numero 8, sepolta da due metri di neve. Quell'unica via di fuga – è l'assunto su cui poggia l'indagine dei magistrati Cristina Tedeschini e Andrea Papalia - doveva essere accessibile.

I sei indagati. Per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose sono indagati il presidente della Provincia Antonio Di Marco, il dirigente delegato alle Opere pubbliche Paolo D'Incecco, il responsabile della Viabilità provinciale Mauro Di Blasio. Stesso capo d'accusa per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e il geometra comunale Enrico Colangeli. Il direttore del resort Bruno Di Tommaso è indagato anche per violazione dell'articolo 437 del codice penale, che punisce l'omissione del “collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”: secondo l'accusa, non ha previsto nel Documento di valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori della sua ditta (la Gran sasso resort spa) il rischio di essere colpiti da una slavina.

LA TELEFONATA AL DIRETTORE DELL'HOTEL CHE SMONTò L'EMERGENZA

I pm non sembrano invece aver rilevato alcunché di penalmente rilevante nella famosa telefonata delle 17.40 quando Di Tommaso, sbagliando in buona fede, confermò ai funzionari dell'unità di crisi della Prefettura che all'hotel Rigopiano non era accaduto niente di grave. Né risultano, al momento, contestazioni sull'operato del prefetto pescarese Francesco Provolo. Ai sei indagati sono stati notificati gli avvisi a comparire e saranno presto interrogati dai pubblici ministeri.

Le presunte omissioni della Provincia. La strada che collega l'hotel a Farindola è di competenza della Provincia di Pescara: spettava a lei – sostengono gli investigatori del comando Carabinieri Forestali di Pescara che hanno curato questo filone d'indagine - garantirne pulizia e percorribilità. Di più: nel Piano neve approvato poche settimane prima della tragedia, quel tratto veniva indicato come “strategico”. È vero che il 18 gennaio la neve caduta era stata tanta, ma è anche vero che la turbina predisposta per l'area di Farindola, di proprietà della Provincia, era ferma in officina dal 6 gennaio perché non si trovavano i pezzi di ricambio. Nonostante ciò, ancora il 17 gennaio, nel pomeriggio, una pattuglia della polizia provinciale aveva scortato otto macchine di clienti fino al resort, nonostante le condizioni meteo sconsigliassero la salita.

"L'hotel andava evacuato". Condizioni tali che, secondo i magistrati, avrebbero dovuto indurre il sindaco Lacchetta a emettere un'ordinanza di sgombero dell'hotel per “pericolo incombente” uno o due giorni prima del 18 gennaio. Lo poteva fare, visto che aveva aperto un Coc (Centro operativo comunale) già il 15 per gestire l'emergenza neve. Lacchetta dovrà rispondere anche del perché durante il suo mandato non ha mai convocato la commissione valanghe, nonostante dalla Prefettura ne indicassero l'utilità. C'è poi la questione dei bollettini Meteomont, che segnalavano l'innalzamento del rischio valanghe da livello due a livello quattro (su scala di cinque): è vero che non gli sono mai stati comunicati dalla Prefettura né dalla Regione, come lui
stesso sostiene, ma secondo la procedura amministrativa ricostruita dagli inquirenti in base alle convenzioni stipulate tra gli enti locali, il sindaco aveva comunque il dovere di andare a controllare il bollettino Meteomont sul sito istituzionale in situazioni di allarme. E agire di conseguenza.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it