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Data: 10/12/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Verso le elezioni - Sondaggi choc sui Dem. M5s primo, bene Grasso. Tensione in Ap, scissione vicina. Lupi verso il centrodestra, Lorenzin guarda al Pd. Domani si decide

ROMA Il Pd scende ancora. Il partito dell'ex premier Matteo Renzi - dicono gli ultimi sondaggi - è attorno al 25%. Quindi sotto il 25,4%, la «soglia Bersani» delle ultime politiche. Dato che non sfugge all'ex segretario: «Mi stupisco che facciano più notizia i sondaggi che i dati reali. Sono tre anni che il Pd è sotto la soglia-Bersani, quella del 2013, e che perde tutti gli appuntamenti elettorali amministrativi». La contestazione è affidata a un renziano di provata fede: «I sondaggi a tre mesi dal voto sono un puro esercizio di stile. Mancano le coalizioni e i candidati», contrattacca il senatore Dem Andrea Marcucci. Continuano a crescere invece - stando alle rilevazioni pubblicate da «Repubblica» e «Corrsera» - i Liberi e Uguali di Pietro Grasso, ora attorno al 6,6%. Bersani si rallegra: «Per noi 6,7,8% è un ottimo punto di partenza, basti pensare che non abbiamo ancora neanche il simbolo...».Nel centrodestra, intanto, Forza Italia stacca la Lega di Matteo Salvini. Va ancora avanti il M5s, che si conferma primo partito con il 29%. Insomma, numeri shock per il segretario Dem, che solo l'altro ieri, rompendo gli indugi, aveva di fatto aperto la campagna elettorale, chiuso la partita delle alleanze, assicurato di avere già una coalizione competitiva in vista del voto, anche senza Alfano e Pisapia. Una speditezza che non piace alla minoranza interna. Venerdì Gianni Cuperlo, ieri Cesare Damiano, chiedono a Renzi la convocazione di una direzione, entro Natale, per approfondire il nodo delle alleanze. «Dopo l'uscita di scena di Giuliano Pisapia - avverte Damiano - il rischio di andare a sbattere c'è tutto». Anche Piero Fassino - scelto dal segretario Dem come mediatore per ricostruire - non si rassegna e insiste per la collaborazione con l'area a sinistra del Pd. «Ci sono ancora le condizioni per riprendere il dialogo con Giuliano Pisapia», assicura l'ex sindaco di Torino. Ma è all'iter parlamentare della legge sullo ius soli che tanti affidano le ultime speranze per ricucire con il leader di Campo Progressista e con la sinistra in generale, in vista di un «dopo voto». La conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama ha stabilito che il dibattito sullo ius soli sarà l'ultimo appuntamento della legislatura, scelta che ha provocato la protesta di Liberi e Uguali e soprattutto la rottura, Fassino spera non definitiva, con Pisapia. Ma in tanti nel Pd, Cuperlo in testa, scommettono che la legge vedrà la luce: «Le condizioni per tagliare questo traguardo ci sono ancora: se mi viene chiesta una previsione - osserva il leader della minoranza interna - io sono pronto a dire che comunque entro la fine di questa legislatura la legge sullo Ius soli verrà approvata». Una strada difficile che si potrebbe mettere tutta in discesa se Gentiloni decidesse di mettere la fiducia. Ma non sfugge che questo esporrebbe il governo al rischio di cadere. Uno scenario per molti osservatori assolutamente sgradito al Colle. (M.C.)

Tensione in Ap, scissione vicina. Lupi verso il centrodestra, Lorenzin guarda al Pd. Domani si decide

ROMA Una notte per riflettere. La riunione di Alternativa Popolare chiamata a decidere le sorti del partito dopo il passo indietro di Angelino Alfano si chiude con un nulla di fatto. Stallo totale, con la decisione di rivedersi oggi per l'estremo tentativo di evitare che domani la direzione ufficializzi la spaccatura definitiva. Le posizioni, stando a quanto raccontano i presenti, al momento restano inconciliabili. Da un lato Maurizio Lupi e Antonio Gentile, che continuano a guardare al centrodestra e alla creazione della cosiddetta «quarta gamba» che mira a dare quell'aiuto («fondamentale», a detta dei promotori) alla coalizione per superare la soglia del 40% per avere l'autonomia che serve per governare. Un obiettivo che non rispecchia i piani di Beatrice Lorenzin. La ministra della Salute così come altri dirigenti del partito, tra cui Fabrizio Cicchitto e Dore Misuraca, sperano di raggiungere un compromesso che eviti di perdere protagonisti importanti della stagione di Ap come lo stesso Lupi. L'ipotesi messa sul tavolo di una segreteria fiume è di fare di Ap il partito promotore di una lista che dia continuità alla missione intrapresa sin dalla nascita, cioè guardare all'interesse del Paese così come è stato fatto finora nel sostenere il governo guidato da Paolo Gentiloni. È chiaro che l'approdo di un progetto del genere sia il campo del centrosinistra e in particolare il Pd di Matteo Renzi. Ma se l'idea di tenere unito il partito è il minimo comune denominatore di tutti i dirigenti, per la pattuglia che guarda al centrodestra (e in particolare a Fi) è difficile sostenere un'iniziativa che va in tutt'altra direzione. Prima di rompere definitivamente però i vertici del partito hanno deciso di prendersi altre 24 ore, per evitare che la direzione di domani si trasformi in un ring. Ufficialmente, il parlamentino centrista è chiamato a prendere una decisione dopo l'istruttoria tenuta dai dirigenti sulla possibilità di correre da soli o di allearsi con il centrosinistra. L'idea di tornare con Forza Italia, Lega e Fdi non era stata presa in considerazione. Dalla conclusione della partita degli alfaniani si deciderà anche la forma che andrà a prendere la quarta gamba a cui lavorano Raffaele Fitto ed Enrico Costa, che ieri mattina hanno incontrato Lupi e Gentile. Obiettivo di tutte le sigle del nuovo «petalo» è assumere i connotati di un partito che superi il 3% per poter pesare nelle decisioni del futuro governo.

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