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Data: 15/02/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Alitalia, all’inizio di marzo il piano industriale «Lo Stato avrà più del 50%». Di Maio ai sindacati: «Nessun esubero e la società non verrà ridimensionata»

ROMA E ora al lavoro a testa bassa. Per cercare di chiudere il cerchio, portare a casa un accordo vincolante con i partner e definire un piano industriale anche prima della fine di marzo. Così da accontentare i sindacati che non vogliono un prendere o lasciare e avere il tempo di fare eventuali limature. Il dossier Alitalia entra nel vivo. Ieri durante l'incontro al Mise con i rappresentanti dei lavoratori, i commissari e la Regione Lazio, il ministro dello sviluppo Economico Luigi Di Maio ha potuto sfoderare ottimismo per il salvataggio e fornire rassicurazioni. A cominciare dalla presenza dello Stato nel capitale della nuova Alitalia, deliberata l'altro ieri da un vertice a Palazzo Chigi alla presenza del premier Conte e del ministro dell'Economia Tria. Insieme, Ferrovie dello Stato (capofila del salvataggio), Tesoro e altre partecipazioni statali, avranno anche più del 50%, ha detto Di Maio durante l'incontro senza però fornire ulteriori particolari sulle quote. Resta comunque abbastanza probabile che il Mef direttamente non vada oltre il 15%, che è poi la stessa quota che il governo francese ha in AirFrance e quindi diventa più facilmente difendibile con la Ue che resta alla finestra e che deve ancora sciogliere i dubbi sulla configurazione o meno di aiuti di Stato del prestito ponte. A sua volta Ferrovie dello Stato non vorrebbe salire oltre il 30%, per cui - considerando che Delta e easyJet bene che vada entreranno ognuna con il 20% - resta da distribuire una ulteriore quota del 15%. Chi se la prenderà? Ora che il Mef è ufficialmente della partita la moral suasion nei confronti delle partecipazioni statali ha più frecce nell'arco. E i nomi che circolano, nonostante le ripetute smentite degli interessati, sono sempre gli stessi: Eni, Leonardo, Poste, Fincantieri. E forse qualche fondo istituzionale. Così da suddividere il rischio in quella che in alcuni ambienti, visto anche il Carnevale alle porte, viene già definita una cordata coriandolo. Molto dipenderà anche dalla decisione sulla dotazione di capitale: si parla di un miliardo (e allora i coinvolgimenti economici richiesti sarebbero minimi), anche se c'è chi ragiona su una cifra più alta, magari il doppio, così da dare più ossigeno allo sviluppo. Non entrerà invece la Cdp, che però potrebbe dare una mano per finanziare l'acquisto o il leasing dei velivoli.
IL PERIMETRO
Intanto la trattativa che sta per partire tra Fs, gli americani di Delta e gli inglesi di easyJet, dovrà definire il perimetro della nuova Alitalia. Le due compagnie hanno interessi complementari e convergenti. Gli americani vogliono sviluppare le tratte a lungo raggio, soprattutto quelle verso e da il Nord America così da difendere la loro posizione rispetto a incursioni di altre compagnie europee. E proprio sulle tratte a lungo raggio puntano anche i sindacati: sono quelle che - come ha recentemente detto uno dei commissari straordinari, Stefano Paleari - «stanno dando i frutti sperati» con incrementi importanti. Attualmente il fatturato dei voli intercontinentali rappresenta il 48% del giro d'affari. La low cost britannica a sua volta è molto interessata alle rotte point-to-point a medio raggio. I due interessi messi insieme salvaguarderebbero la nuova compagnia da ridimensionamenti. Di Maio ieri ha promesso: la nuova Alitalia non sarà più piccola e non sarà svenduta. «Quando parliamo di operazione di mercato parliamo di partner privati. La presenza del Mef e di Fs garantisce la salvaguardia dei livelli occupazionali e evita licenziamenti. Il potere contrattuale dello Stato sarà fondamentale nella società e Alitalia deve essere rilanciata e non solo salvata» ha precisato. Per i sindacati, che puntano a zero esuberi e un futuro di sviluppo, le promesse del ministro non sono certo ancora sufficienti, ma è già qualcosa in attesa di vedere le carte. Che sperano arrivino prima della deadline (fine marzo) indicata dal ministro per la presentazione da parte di Fs del piano industriale. È il leader della Cgil, Maurizio Landini, ad avvertire: «Il 31 marzo è troppo lontano e il tempo non è una variabile indipendente».

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