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Pescara, 20/04/2024
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Data: 18/04/2019
Testata giornalistica: AbruzzoWeb
Traforo Gran Sasso a rischio chiusura; Sdp «Lavori spettano a Stato, non a noi». A24-A25: Clamoroso annuncio concessionaria, con lettera inviata a istituzioni, a seguito inchiesta per inquinamento; Mit dalla parte dei gestori; contestato piano messo in sicurezza da 104 ml della Regione

L'AQUILA - Rischio caos imminente, a partire da subito dopo Pasqua, per il blocco del traforo del Gran Sasso, in entrambe le direzioni di marcia, con effetti devastanti e inimmaginabili per l'intera regione.

A minacciare la chiusura, a tempo indeterminato e con una lettera ufficiale alle istituzioni, è Strada dei Parchi, la concessionaria delle autostrade laziali e abruzzesi A24 e A25, che fa parte della holding del pescarese Carlo Toto.

Questo perché i sui vertici, assieme a quelli dei Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso e della Ruzzo Reti, sono sotto inchiesta dalla Procura di Teramo, per gli sversamenti di sostanze pericolose avvenute sotto il traforo, e la società dice di volere "evitare la reiterazione del reato".

Inoltre, la società sta ingaggiando una battaglia contro la Regione Abruzzo, che con una delibera di fine gennaio scorso, ha elencato gli interventi individuati dalla commissione tecnica, voluta dall'ex presidente vicario Giovanni Lolli, calcolando in 104 milioni i costi per i lavori di rifacimento delle condotte di captazione e per l’impermeabilizzazione, necessari a mettere in sicurezza la falda acquifera che offre da bere a 700 mila abruzzesi. Lavori a carico, questo il punto, di Strada dei Parchi, ed anche dell'Infn e della Ruzzo Reti, che sulla vicenda mantengono però il silenzio.

Sdp sostiene invece in un ricorso al Tar contro delibera, che a farsi carico dei costi dell'intervento debbano essere i soggetti proprietari, ovvero lo Stato italiano, e la Regione nell'abito delle sue competenze.

In questa ennesima querelle, a sorpresa gli ha dato ragione, anche qui con una nota ufficiale, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, spesso in contrasto con Strada dei Parchi.

Non aiuta il fatto che la Regione ha annunciato di volersi costituire parte civile nell'eventuale processo. Anche se, dall'altra parte, il vicepresidente della Regione Emanuele Imprudente, della Lega, ha auspicato la dichiarazione dell'emergenza nazionale, e l'arrivo di un commissario. Stessa richiesta fatta da Strada dei Parchi.

"Non siamo proprietari dell’autostrada - spiegano i vertici di Strada dei Parchi ad Abruzzoweb - e quindi non siamo noi a dover fare gli interventi. Con un processo in corso nessuno vuole incorrere nella reiterazione del reato. Lo Stato, che ha la proprietà della galleria e del laboratorio, deve nominare un commissario, che individui le risorse per risolvere il problema dell’acquifero".

Il 5 aprile Sdp ha ribadito il concetto in una lettera inviata alla presidenza del Consiglio, ai ministeri delle Infrastrutture e dell'Ambiente, a Prefetture, Regione, Ispra e Infn: "Al fine di evitare di incorrere in ulteriori contestazioni già oggetto del procedimento penale in corso, - si legge nella missiva - ci vedremo costretti a interdire al traffico la tratta A24 su cui insiste il traforo del Gran Sasso, in entrambe le direzioni di marcia, tra Assergi e Colledara-San Gabriele".

Entro venerdì 19 aprile, termine poi posticipato a dopo le festività pasquali, ma comunque tra pochi giorni.

A questa nota ha risposto a stretto giro il Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti, dando ragione a Sdp, sulla titolarità dei lavori.

Si legge infatti nella lettera a firma del direttore generale Felice Morisco: "Questa direzione ha riscontrato la richiesta della Regione Abruzzo, rilevando l'estraneità degli interventi richiamati nella delibera regionale, al rapporto concessorio, in quanto non contemplati dalla convenzione unica attualmente vigente".

Una sponda da parte del dicastero del ministro Danilo Toninelli, del Movimento 5 stelle, con cui pure Sdp è arrivata ai ferri corti, per la mancata erogazione dei 192 milioni di euro per la messa in sicurezza dei viadotti in area a rischio sismico. Fondi che dovevano arrivare in Abruzzo a gennaio. Ed ora c'è il rischio che Strada dei Parchi, che aveva congelato gli aumenti dei pedaggi che dovevano scattare a giugno 2018 li ripristini già a partire da giugno. Altro incubo che incombe sui pendolari abruzzesi.

Per quanto catastrofico, quella della chiusura del traforo si prospetta nel freddo linguaggio del diritto, come una "decisione in autotutela", in quanto i vertici della società sono iscritti nel registro degli indagati, assieme a quelli dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, e della Ruzzo Reti, nell'ambito dell'inchiesta della procura di Teramo con l'ipotesi di reato di "inquinamento ambientale" e "getto pericoloso di cose", a seguito degli sversamenti di materiale pericoloso avvenuti nel traforo, nel corso degli ultimi anni.

La Procura ipotizza che causa degli sversamenti sia l'assenza di isolamento tra le superfici e le condutture di scarico delle gallerie e la falda acquifera.

La Procura di Teramo nell'udienza del 15 marzo ha chiesto il processo, per 10 nomi, tra cui Cesare Ramadori, amministratore delegato di Sdp dal 30 maggio del 2011, Lelio Scopa, presidente del consiglio di amministrazione e Igino Lai, direttore generale con compiti in materia di tutela dell'ambiente dal 2011. Nel corso dell'udienza preliminare del 10 aprile, il gup del tribunale di Teramo, Marco Procaccini, ha rimesso il fascicolo al pool di pubblici ministeri affinchè esercitino l'azione penale secondo il rito della citazione diretta in giudizio. In sostanza, il gup si è dichiarato incompetente, rispetto alla formulazione del reato. Dunque la richiesta di processo per i 10 indagati, dovrà 'saltare' l'udienza preliminare, e portare direttamente al dibattimento, ma con una nuova citazione in giudizio, che andrà riformulata.

"La galleria è fatta a fini autostradali - spiegano ancora i vertici - non per captare le acque. Esiste al termine della costruzione delle autostrade, una documentazione in cui l’Anas imponeva di buttare fuori l’acqua perché creava problemi di sicurezza nell’intervento di natura ingegneristica. Nella costruzione fatta con scavi manuali, ci furono infatti vittime a seguito di crolli, tanto che l’Anas fu costretta ad imbrigliare le acque per lavorare in sicurezza, per un'opera, va ribadito, non finalizzata alla captazione o alla potalibilizzazione, ma di ingegneria".

"C’è anche la presa d’atto con cui la Regione se ne lava le mani. Eppure ha la competenza sulle acque di superficie: è l’ente a dover garantire la salubrità e la sicurezza delle acque, non certo noi", conclude Strada dei Parchi.

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