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Data: 14/01/2019
Testata giornalistica: AbruzzoWeb
Lavoro: 82mila abruzzesi ''in nero'', ''metà reddito cittadinanza a chi non ha diritto''

L'AQUILA - Sono circa 82.400 gli abruzzesi che lavorano "in nero", per un gettito complessivo di un miliardo e 828 milioni, pari al 6,4% del Pil regionale.

È quanto emerge dal dossier il Centro studi della Cgia di Mestre, che ha analizzato il "pianeta" sommerso a partire dalla platea di italiani interessati dal reddito di cittadinanza.

Su base nazionale sono quasi 4 milioni le persone che potrebbero essere destinatarie dello strumento contenuto nella manovra 2019, pari a 1.375.000 nuclei familiari.

Un dato ancora ufficioso che, tuttavia, ha fatto scattare un campanello del centro studi.

"Infatti - si legge nel report - è possibile ipotizzare che circa la metà della platea dei teorici destinatari di tale misura potrebbe essere composta da persone che lavorano in maniera irregolare. E visto che per l'anno in corso ai beneficiari del reddito di cittadinanza il Governo erogherà 6 miliardi di euro, verosimilmente la metà della spesa, pari a circa 3 miliardi di euro, potrebbe finire nelle tasche di persone che non ne hanno diritto".

Secondo il coordinatore dell'Ufficio studi, Paolo Zabeo, come riporta il quotidiano Il Centro, "a causa dell'assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero presenti in Italia che si trovano anche in stato di deprivazione, non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico questa tesi. Tuttavia, vi sono degli elementi che ci fanno temere che buona parte dei percettori del reddito di cittadinanza potrebbe ottenere questo sussidio nonostante svolga un'attività lavorativa in nero. In altre parole, l'amministrazione pubblica", l'affondo, "al netto delle misure di contrasto previste, sosterrà con il reddito di cittadinanza un pezzo importante dell'economia non osservata".

La Cgia si è cimentata nel calcolo che parte da dati Istat e secondo l'Istituto di statistica in Italia ci sono poco meno di 3,3 milioni di occupati che svolgono un'attività irregolare.

"Se da questo numero rimuoviamo i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere a questa misura pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di unità - sottolinea la Cgia - coloro che in linea teorica, potrebbero percepire questa misura sarebbero 2 milioni; vale a dire la metà dei potenziali aventi diritto".

A ricordare gli effetti nefasti del lavoro irregolare è il segretario della Cgia, Renato Mason.

"Con la diffusione dell'economia sommersa - dice - a rimetterci non è solo l'Erario, ma anche le tantissime attività produttive e dei servizi, le imprese artigiane e del commercio che, spesso, subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. I lavoratori in nero, infatti, non essendo sottoposti ai contributi previdenziali, assicurativi e agli oneri fiscali, consentono alle imprese dove prestano servizio di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e, conseguentemente, di praticare un prezzo finale del prodotto/servizio molto contenuto. Prestazioni che chi rispetta le disposizioni previste dalla legge non può offrire", conclude.

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