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Data: 13/05/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Un commissario o chiudiamo» Gran Sasso, due giorni di fuoco l'ipotesi del super commissario. La società vuole la nomina di un ispettore con pieni poteri e responsabilità giudiziarie

Una due giorni decisiva per scongiurare la chiusura del traforo del Gran Sasso a mezzanotte del prossimo 19 maggio. Oggi e domani il Mit, Ministero infrastrutture e trasporti, e Strada dei Parchi, la concessionaria di A24 e A25, siederanno uno di fronte all'altro a Roma. Sulla carta l'incontro odierno dovrebbe servire a mettere a punto il cosiddetto Pef, il nuovo Piano economico finanziario che ridefinirà i termini della gestione, mentre quello di domani è stato convocato ad hoc all'emergenza Gran Sasso. E' evidente, però, e lo stesso vicepresidente Mauro Fabris l'ha detto ieri, che già da oggi si tenterà di capire come evitare di riportare l'Abruzzo indietro di 35 anni, a quando il traforo ancora non c'era.
SOLUZIONE
La soluzione è una e una sola: un super commissario che si addossi la responsabilità di mettere in sicurezza l'acquifero, con progetti, gare d'appalto e lavori, ma anche di gestire la galleria da subito. Una norma da inserire immediatamente nella conversione del decreto Sblocca cantieri, da completare entro metà giugno. Strada dei Parchi vuole evitare il reiterarsi di un reato, alla luce dell'inchiesta aperta dalla Procura di Teramo sugli sversamenti nella falda acquifera (l'ultimo è il toluene trovato a fine 2016, probabilmente proveniente dal rifacimento della segnaletica stradale) che il 13 settembre prossimo vedrà comparire dinanzi ai giudici dieci persone: i vertici di SdP, di Infn e di Ruzzo Reti, che dovranno chiarire perché non hanno impedito il rischio ambientale attraverso l'isolamento delle strutture dalla falda.
Al vertice di oggi e domani si arriva con il carico della tensione generata dal rischio chiusura del traforo. Fonti del Mit hanno fatto chiaramente intendere che esiste l'ipotesi di revoca della concessione. Il Ministero ha confermato che sarà nominato subito un commissario, mentre l'azienda del gruppo Toto ieri ha ricordato di aver scritto il 5 aprile annunciando la decisione di chiudere il traforo, ricevendo la risposta del Mit il 10. Il Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi informativi e statistici, Direzione generale per la vigilanza delle concessioni autostradali, in quell'occasione hanno precisato che la società non ha competenze nei lavori di messa in sicurezza. Lo ha ribadito anche Fabris ieri: «Il Governo ci ha detto di stare fermi. Noi abbiamo scritto: Guardate che dobbiamo chiudere, il Governo non ci ha detto nulla in contrario. Sarebbe singolare se ora ci revocasse la concessione. Non possiamo quindi proporre nessuna soluzione alternativa alla chiusura del traforo perché siamo stati interdetti a compiere qualsiasi azione e al tempo stesso siamo stati rinviati a giudizio. Non si può chiedere ad una società di rischiare ulteriormente dal punto di vista penale laddove chi ne è titolare, cioè lo Stato, non interviene».
MOBILITAZIONE
Intanto cresce la mobilitazione. I sindaci di Lazio e Abruzzo torneranno a farsi sentire a Roma mercoledì, alle 15.30, a piazzale Montecitorio. Per il presidente dei balneatori (Sib Abruzzo), Riccardo Padovano, la chiusura «rappresenterebbe un danno incalcolabile per il turismo». Per il presidente regionale della Cna Abruzzo, Savino Saraceni, «ad essere tagliata in due sarebbe l'Italia intera. Se a questo si aggiunge la chiusura per lavori del viadotto all'uscita del casello di Bussi-Popoli, si coglie in pieno il senso del disastro: i collegamenti saranno possibili solo grazie a una viabilità secondaria da vecchio Far West». Anche perché Anas vuole interdire il passaggio sull'unica alternativa, la Ss80, per un immobile pericolante all'altezza di Prati di Tivo.

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