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Data: 05/01/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Cresce la protesta M5S: un errore il sì al decreto La mossa di Di Maio non basta a rassicurare. La carica dei sindaci-Brancaleone tra pasdaran, tentennanti e silenti

ROMA Sindaci in rivolta, governo spaccato, due navi di migranti ferme in mezzo al mare. Accoglierli o no? Il bastimento gialloverde costeggia il nuovo anno sospinto da correnti contrapposte come quelle che avevano rischiato di affondarlo già a giugno. Ma se le truppe leghiste spingono compatte nella direzione indicata da capitan Salvini, quelle del Movimento tornano a scalpitare contro gli ordini del timoniere, nonostante le due recenti espulsioni di De Falco e De Bonis.
Luigi Di Maio ci ha provato per tutto il giorno a spegnere i malumori riemersi in superficie dopo la fronda annunciata dai sindaci contro il decreto Salvini. «È solo una boutade politica. Se c'è qualche membro della maggioranza a disagio», ha ammonito il vicepremier M5s da Alleghe, «si deve ricordare che fa parte di una maggioranza che quel decreto lo ha votato». Ma di sanare le vecchie cicatrici dei dissidenti, non c'è stata maniera. Anche perché tanto vecchie non sono. «Il decreto Salvini una ferita che si riapre? Direi piuttosto una ferita che non si è mai chiusa», è il colpo di sciabola di Paola Nugnes, per nulla intimorita dal processo di espulsione pendente presso il collegio dei probiviri. Né è più tenero il suo collega di palazzo Madama Matteo Mantero, che proprio nella notte del 31 dicembre è scampato alla piena delle espulsioni. «Ecco quello che si ottiene tuona sui social l'ortodosso - emanando un decreto incostituzionale e stupido, a solo scopo propagandistico, che auspicabilmente sarà smontato dalla Consulta: creare illegalità dove non c'era, ridurre l'integrazione peggiorando le condizioni di vita di italiani e stranieri». E anche Elena Fattori, come Paola Nugnes ancora detenuta, in attesa del giudizio dei probiviri non fa mancare una dura presa di posizione. Quello del decreto sicurezza è un problema «serio e reale e non basterà espellere tutti i senatori che hanno optato per una resistenza civile a questo obbrobrio per cancellarne le criticità», è la sfida lanciata ai vertici. La fronda dei coraggiosi, non ha insomma la minima intenzione di lasciare la trincea e riparare nel silenzio, in attesa della scure.
CORPO A CORPO
Il corpo a corpo prosegue. Ma anche se nel quartier generale stellato si respira una tensione palpabile, l'ennesimo braccio di ferro non dovrebbe portare per ora ulteriori spargimenti di sangue. Dalla war room del Senato, filtra un refolo gelido. «Nugnes e Fattori viene spiegato non sono più vicine all'espulsione oggi di quanto non lo fossero ieri. I probiviri decideranno sul loro futuro sulla base della mancata fiducia al decreto sicurezza, e non certo per le loro dichiarazioni in dissenso. A meno che non siano di una gravità inaudita, le loro opinioni non comporteranno aggravi o ulteriori sanzioni». L'aria di tempesta non lascia però neppure Montecitorio, dove ieri si è vociferato di nuove imminenti espulsioni. Nel mirino sarebbe finita Gloria Vizzini, una dei 18 firmatari che poco tempo fa aveva contestato in una lettera ai vertici lo scarso confronto sul dl Sicurezza. Ma più tardi ai piani alti del Movimento è stato chiarito che né Vizzini, né altri deputati ortodossi come Luigi Gallo sono a rischio. «Si è trattato solo di un confronto molto acceso con alcuni dei nostri parlamentari fanno sapere dallo staff della Camera i Cinque Stelle ma tutto è stato poi chiarito. Dopo l'assenza di alcuni deputati nel corso del voto di fiducia alla manovra si era creato un malinteso, ma l'episodio è ora superato e non ci saranno provvedimenti verso nessuno di loro».

La carica dei sindaci-Brancaleone tra pasdaran, tentennanti e silenti

ROMA Quante padelle, semi-padelle, contro-padelle. Il Partito delle Padelle fu il soprannome che Giuliano Amato, a suo tempo, diede al movimento dei sindaci, e quello odierno è l'ennesima riproposizione della compagnia comunal-progressista che cambia sempre nei secoli ma con un attore fisso: Leoluca Orlando, giunto ora alla quinta sindacatura. Ed è tutto uno spot il Partito delle padelle. Lo spot del narci-sudismo modello Masaniello che si vuole fare nazionale e punta allo spettacolo con le sue star Orlando & de Magistris. Unite, al momento, per dimostrare a tutti che solo loro sanno sconfiggere il Truce, cioè Il Duce, insomma Salvini. Perché non c'è soltanto l'«emergenza umanitaria», per colpa del decreto «disumano», «criminogeno» e «razzista» del governo, ma naturalmente c'è anche l'«emergenza democratica!», e allora padelle di tutt'Italia unitevi! Ma non si può, le semi-padelle - no al decreto Salvini ma no anche alla disobbedienza civile del tandem delle due Sicilie - sono quelli alla Gori, sindaco di Bergamo, e alla Sala, sindaco di Milano, e quest'ultimo (ma perché no, anche l'altro) ha preso al volo l'occasione della legge del Truce per darsi visibilità nazionale anche in chiave da leader unitario - quando sarà e se mai ce ne sarà uno - del fronte delle sinistre. Il decreto Salvini ha fatto scattare insomma questo effetto competitivo: l'Anti-Salvini? Sono Io! E' la stessa gara in cui, anche se non sono sindaci ma esternano sulle anagrafi dei migranti e su tutto il resto come se lo fossero, e sempre nella categoria semi-padelle, stanno giocando Zingretti-Martina-Boccia. La lotta sulla legge per le città vale come spot congressuale nel Pd. E vale come spot per chi si sente dimenticato, ed è il caso del governatore dem della Toscana, Enrico Rossi, che annuncia: «Posso insegnare Io, che già l'ho fatto, come si fanno i ricorsi contro il governo!». Sempre nella categoria ricordatevi di me rientra Roberto Saviano. Che cosa c'entra lo scrittore prezzemolino che s'è appena fatto crescere la barba (magari per somigliare a Martina)? Lui c'entra sempre ed ecco allora il suo video in cui, dimissiona Salvini a brutto muso modello spaghetti-western: «Smettila di fare il pagliaccio!».
Tutti insomma (anche il governatore Chiamparino: «Il Piemonte potrebbe ricorrere alla Consulta») con la padella in mano. Ma non sarebbe preferibile, come suggerisce Massimo Cacciari, che è stato sindaco, farla fare ai partiti e non ai sindaci (compresi quelli che sindaci non sono) l'opposizione al governo? Sarebbe troppo semplice. Il semi-padellismo - gonfio di imbarazzo e stigmatizzato alla maniera di Albertone da parte di Di Maio che non vuole rovinarsi i rapporti con Salvini: «Boniiii, state boniii....» - è quello anche dei sindaci 5 stelle. La Raggi e la Appendino hanno dato la linea: con due mozioni comunali contro gli effetti del decreto sicurezza, ma né Virginia né Chiara sono salite sul punto più alto della barricata, quello in cui svetta il paladino Orlando (Furioso), e non si sono accodate per ora al mantra della «resistenza civile» (copyright Zagrebelsky). Dunque dissenso ma non disobbedienza. Come i sindaci Nogarin (Livorno), De Pasquale (Carrara), Zuccalà (Pomezia), Savarese (Ardea) e come anche l'ex grillino Federico Pizzarotti (Parma). Semi-padellisti a cui Orlando, che non si sente seguito nella sua crociata potrebbe urlare come Vittorio Gassman nell'«Audace colpo dei soliti ignoti»: «M'hanno rimasto solo sti quattro cornuti». Anche Decaro, Nardella, Falcomatà, Alessandrini e molti altri sindaci dem importanti non orlandeggiano ma cavalcano l'anti-salvinismo senza volere esagerare.
QUELLI DEL SI'
I contro-padellisti però stanno diventano un esercito forse più numeroso della brigata Leoluca. L'altro giorno erano trenta, sono diventati una cinquantina. Guidati dal sindaco di centrodestra di Ascoli, Guido Castelli. E c'è quello di Terni, Leonardo Latini, e tantissimi del Nord. Il più importante è il primo cittadino di Venezia, Luigi Brugnaro, civico vicino a Forza Italia, e leghisti di tutti i tipi, anche siciliani, e ognuno si sta organizzando a favore del decreto Salvini e contro l'opposizione dei colleghi. Ieri le adesioni al Fronte del Sì sono cresciute. E non solo di truppe berlusconiane (Forza Italia non vuole mettersi contro Salvini e non vuole contrastare un provvedimento ritenuto molto pop, ache se il siciliano Micciché è con il nemico Orlando) e lumbard. Ecco un grillino, il sindaco di Pantelleria: «Ritengo molto strumentale la posizione di Orlando e De Magistris. E' una mossa politica in vista delle elezioni europee». Anche l'Anci è nella bufera, tra padellisti, semi-padellisti e contro-padellisti. Mentre Salvini, secondo i sondaggisti (Renato Mannheimer, Maurizio Pessato e Nicola Piepoli) non sta perdendo neppure una virgola nelle stime elettorali a causa della mobilitazione dei sindaci di sinistra. Anche perché molti di loro, i più sottili o i più furbi, compresi alcuni grillini, stanno capendo che le norme Salvini servono, per tenere le città più sicure, e non si accodano (restando in prudente silenzio) ad Orlando e all'armata Brancaleone.

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