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Data: 06/03/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tav, il vertice è un flop grillini e Lega distanti. Conte: venerdì si decide. Di Maio e Salvini ai ferri corti. Toninelli minaccia di lasciare

ROMA «Per quanto riguarda la Tav, siamo in dirittura d'arrivo, nel percorso finale, quello politico. Oggi (ieri ndr) c'è stata la prima riunione politica, abbiamo iniziato l'analisi costi benefici». La riunione a palazzo Chigi è durata talmente poco che Giuseppe Conte ha il tempo per prendersi una boccata d'aria e raccontare come è andato il rapido incontro con i due vicepremier e il ministro Toninelli. Stasera si replica «ad oltranza», sostiene Conte mettendo anche le mani avanti sui tempi: «Credo una scelta entro venerdì».
LA CONTESA
Alla notturna di oggi a palazzo Chigi, oltre Di Maio, Salvini e Toninelli, ci saranno anche i tecnici del ministero di Porta Pia. «Partiremo - spiega il premier - dall'analisi costi-benefici, da un percorso di razionalità tecnica a cui si aggiungerà un percorso di razionalità politica». Al tavolo è quindi possibile che parteciperà anche il professor Ponti che ha realizzato la contestata analisi costi-benefici. «C'è anche un supplemento di elaborato - aggiunge - non chiesto da me ma da Toninelli. Vogliamo tutto sul tavolo per una decisione pienamente informata e consapevole». Dopo la trasferta in Serbia, il presidente del Consiglio riprenderà quella mediazione fallita da Toninelli. Malgrado Conte abbia dalla sua l'articolo 95 della Costituzione che conferisce al presidente del Consiglio il compito di dirigere la politica del governo, la soluzione non è facile e le posizioni restano rigide ed immutate
LE POSIZIONI
«Non mi occupo di trovare il compromesso sulla Tav. Detto ciò se bisogna andare a casa, perché noi non vogliamo buttare soldi per opere vecchie, io non vedo il problema», aveva poco prima sostenuto in tv il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Stefano Buffagni. A stretto giro di posta la replica del Carroccio. «I bandi vanno fatti, altrimenti il rischio di perdere 300 milioni di euro di cofinanziamenti europei è un rischio concreto», sostiene il viceministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi. Un fuoco di fila che non scompone il presidente Conte: «Posso garantire - sottolinea al termine del veloce summit - che prenderemo una decisione per tutelare l'interesse nazionale e di tutti i cittadini. Siccome prenderemo una decisione nell'interesse nazionale il Governo non può cadere. È evidente che non ci lasceremo condizionare da pregiudizi ideologici, schemi preconcetti, da interessi di parte ma siamo aperti a valutare nel modo più puntuale e completo l'analisi costi benefici». Quello che posso garantire - ribadisce - è che prenderemo la decisione migliore per tutelare gli interessi degli italianì». Quanto ai bandi Telt, il presidente del Consiglio aggiunge che una decisione verrà presa «alla fine di questo percorso. A seconda della decisione finale, partiranno o meno i bandì».
IL FUOCO DI FILA
Dopo il vertice riprende il fuoco di fila di dichiarazioni di segno opposto tra M5S e Lega. «Se una volta dicevo No alla Tav? Lo dico ancora. È la mia storia, la storia del mio territorio e quella del Movimento», sostiene il sottosegretario all'Economia Laura Castelli (M5S). «Stiamo lavorando per la soluzione migliore», ribatte il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. «La soluzione è nelle mani del presidente Conte, le posizioni di partenza sono note - aggiunge Molinari siamo fiduciosi che si risolverà tutto per il meglio». Una certa insofferenza si coglie nelle parole di Salvini che prima dice con Di Maio va tutto bene e poi si augura che si possa chiudere la vicenda questa sera.
IL TORMENTONE
Il tormentone è quindi destinato a durare ancora a lungo mentre Pd e FI attaccano a testa bassa anche perché la vicenda si intreccia con la mozione di sfiducia presentata dal Pd nei confronti del ministro Toninelli che verrà discusso in aula il 21 del mese. Un giorno dopo che, sempre Palazzo Madama, si sarà pronunciato sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini e già negata dalla giunta.
«Siamo al teatro dell'assurdo, quelle di Conte sono dichiarazioni fuori dal mondo - attacca Graziano Del Rio (Pd) -sarebbe la prima volta che l'Italia viola un trattato internazionale. Questo governo è incapace di prendere decisioni e sta danneggiando il Paese».

Di Maio e Salvini ai ferri corti. Toninelli minaccia di lasciare

ROMA Le slide, i tecnici del ministero delle Infrastrutture, i professori della costi-benefici. Per l'appuntamento no limits a palazzo Chigi di questa sera Giuseppe Conte è pronto a fare le cose in grande, malgrado il mercoledì delle ceneri impedisca le frappe. D'altra parte sulla Tav, come sulla Diciotti o la manovra di bilancio dello scorso dicembre, è in gioco «l'interesse nazionale» e quando i due vicepremier sono imballati nei rispettivi «pregiudizi di parte», Conte ha dalla sua l'articolo 95 della Costituzione.
IL TORMENTO
E poichè il presidente del Consiglio «dirige la politica generale del governo e ne è responsabile», la scelta che verrà fatta entro venerdì sarà prettamente politica e quindi l'analisi costi-benefici del professor Ponti potrebbe avere un peso molto relativo. Un percorso che Conte ieri mattina ha illustrato a Di Maio e Salvini alla presenza del ministro Toninelli. Insofferenti e non più in reciproca sintonia i due vicepremier, e pronto alle dimissioni il titolare di Porta Pia che oltre e non condividere troppo i criteri di Conte, non sembra reggere la dura contestazione della base grillina che lo accusa di non essere riuscito a chiudere ancora la vicenda. Critiche forse eccessive visto il pressing leghista e anche il testo del contratto che non parla di abbandono dell'opera, ma di rivisitazione nell'ambio dell'intesa già stretta con Parigi. Salvini ha fretta. Vuole la Tav, è al massimo disposto a cedere qualcosa sulle opere accessorie, ma soprattutto vorrebbe chiudere al più presto un tormentone che lo sta mettendo in difficoltà con le regioni del Nord.
Il punto di caduta di una vicenda che si trascina da mesi - ma che per forza deve concludersi prima di lunedì per permettere a Telt di decidere cosa fare dei bandi di appalto - è più o meno quello che si scrive da giorni. Ovvero non impedire che partano i bandi Telt salvo poi riservarsi, come prevede il diritto francese, di revocarli entro sei mesi qualora non si riesca a convincere i francesi che è meglio dirottare i finanziamenti sulla vecchia linea del Frejus. In questo modo il governo potrebbe respirare almeno sino a maggio se non oltre. Con la Lega che alle elezioni potrebbe sostenere che la Torino-Lione va avanti e il M5S che potrebbe argomentare di voler comunque bloccare tutto, magari dopo le Europee. Una soluzione a metà che non accontenta del tutto i contraenti della maggioranza, ma che sembra l'unica possibile. I problemi più grossi che però incontra questa soluzione sono nel M5S. Di Maio, silente da qualche giorno e arrabbato con Salvini che accusa di ingratitutidne, fatica a tenere i gruppi parlamentari. Al Senato i grillini hanno già perso molto e la fronda anti Salvini cresce, come dimostrano anche le assenze di ieri alla Camera al momento del voto sulla legittima difesa. E così il problema più complicato di Conte è quello di trovare una soluzione che permetta a Di Maio e al M5S di non passare per sconfitto. Per dimostrare di voler combattere sino in fondo, nel M5S prende quota l'idea di presentare in Parlamento - dopo il via libera a Telt - un ddl che dovrebbe smontare la legge obiettivo e spingere il governo a rivedere gli accordi con la Francia. Una battaglia identitaria destinata alla sconfitta, visto i numeri in Parlamento dei favorevoli alla Tav - ma che secondo qualcuno potrebbe permettere al M5S di restare a testa alta.
IL PESO
D'altra parte il paradosso che si consuma al tavolo della Tav e che, malgrado l'importanza che ha assunto l'opera, nè Di Maio nè Salvini vogliono giocarsi il governo. Ognuno dei due vicepremier è infatti convinto che l'altro alla fine alzerà il piede dall'acceleratore, ma il rischio di fare la fine di Thelma&Louise è forte. Le occasioni non mancano, visto che al Senato dovrà ripassare la legittima difesa e che sempre a palazzo Madama si voterà il 20 sulla richiesta di processare Salvini e il 21 sulla mozione di sfiducia del Pd a Toninelli. Dalle parti della Lega c'è la convinzione che se perdono peso la contestata analisi costi-benefici e i pregiudizi di entrambe le parti, restano i contratti e il trattato con la Francia. Due argomenti destinati a pesare sulla scelta che venerdì farà Conte. Il rischio di incappare in una responsabilità per danno erariale è infatti forte su un'opera già approvata e con soldi già stanziati. Così come è politicamente pericoloso per la credibilità internazionale stracciare unilateralmente un trattato e revocare contratti.

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