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Pescara, 29/03/2024
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Data: 23/12/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Abruzzo verso le regionali - Legnini fa partire il modello Abruzzo. Dice ai sindaci: «Non chiamatemi governatore ma Giovanni»

PESCARA «Non chiamatemi governatore ma solo Giovanni. Siamo tutti protagonisti». E dalla platea, che non è virtuale, parte l'applauso più fragoroso.Giovanni Legnini ha detto definitivamente sì alla candidatura per la presidenza della Regione. Lo ha fatto ieri mattina a Pescara nel padiglione "Daniele Becci" del porto turistico gremito da una folla trasversale. L'Abruzzo dei sindaci, anche di centrodestra, era davanti a lui senza posti vuoti, né posti riservati.«Chiamatemi Giovanni», è la frase chiave, la sintesi della sua campagna elettorale cominciata ufficialmente. Una campagna che vuole andare oltre il centrosinistra e il dalfonsismo. E punta all'Abruzzo "regione modello" perché, sull'esempio di Porto Alegre, si baserà sulla democrazia partecipativa dei sindaci, quindi della gente d'Abruzzo: «Le decisioni», dice, «si prenderanno qui, non a Roma o Milano».È Marco Alessandrini il primo cittadino di Pescara a esordire sul palco per sottolineare che l'appello per farlo scendere in campo va oltre i 162 sindaci presenti in platea. Tocca poi ad Antonio Luciani, sindaco di Francavilla, dire che il popolo di Legnini non è contro chi prende ordini da Roma, «ma andrà avanti sulla propria strada». E che «i partiti del capo fanno una brutta fine». Ma per Luciani, Legnini non è un capo «è un fratello». Dal fronte più tragico, quello del terremoto, si alza la voce di Sabrina Ciancone, sindaco di Fontecchio, che parla di «speranza ritrovata». Subito dopo, la giornalista Paola Toro, che conduce l'incontro dal palco, legge il messaggio di Gianguido D'Alberto, sindaco del "laboratorio Teramo" che è andato oltre i partiti: «Discontinuità dai vecchi metodi e dalla vecchia politica. Vengono prima i cittadini», scrive D'Alberto che ieri era a Roma all'udienza di papa Francesco con i sindaci del cratere, la Protezione civile ed i vigili del fuoco. È il momento di Legnini che sale sul palco, dopo aver stretto le mani alla moglie, Annarita Di Nizio che lo segue dalla prima fila. Parla per 37 minuti, Legnini, e s'emoziona dopo il primo applauso: «Quella che provo oggi è un'emozione particolarmente forte perché sento il peso della responsabilità nel dirvi che, aderendo al vostro caldo invito, mi candido a presidente della nostra regione».La standing ovation è scontata. Il secondo concetto è un appello che va oltre i confini ideologici: «Non ci saranno più un partito con i suoi satelliti», sottolinea, «ma una costellazione ampia di soggetti candidati (sette liste, ndr). C'è però bisogno dell'apporto di tutti. E voglio rivolgermi, con rispetto, anche agli elettori del Movimento 5 Stelle e del centrodestra per dire loro di scommettere su questa nuova alleanza tra cittadini, istituzioni e forze politiche».Non rottama il passato ma va oltre qualunque eredità: «Quando la si riceve si valorizza tutto ciò che di buono è stato fatto». E ringrazia non solo Luciano D'Alfonso e Giovanni Lolli ma anche i consiglieri d'opposizione. «L'Abruzzo però ci chiede di cambiare», precisa. «Non pronuncerò parole come continuità e discontinuità, ma voglio scrivere con voi sindaci un'altra storia».E già da ieri, Legnini ha posto cinque punti fermi del programma. Punti essenziali come il lavoro, la sua tutela e la creazione di opportunità: «Ogni norma regionale dovrà essere approvata solo se crea occupazione»; quindi la Salute, andando anche qui oltre le cose buone fatte dall'assessore Silvio Paolucci, affrontando cioè problemi come le liste d'attesa mentre sui piccoli ospedali il criterio di scelta «non sarà il localismo ma il diritto alla salute di tutti i cittadini di ogni parte d'Abruzzo».Accorato è l'appello per i lavorati della Ball. E perentoria la diffida a quelle multinazionali che sfruttano il territorio e fuggono. Poi parla di riforme sui servizi come acqua, rifiuti e trasporti, e dice no alle lottizzazioni; quindi la formazione, l'istruzione, le università e gli istituti di ricerca: «La Regione deve farli dialogare tra i loro in modo che servano alle imprese», afferma trovando il consenso di Luciano D'Amico, ex rettore di Teramo, suo collaboratore per il programma e candidato alle regionali insieme al sindaco di Roccaraso, Francesco Di Donato, che gli sta seduto quasi accanto.Infine c'è la tutela dell'ambiente che porta Legnini a citare Ennio Flaiano quando, nella lettera al poeta e scrittore Pasquale Scarpitti, descrive l'Abruzzo come "un'isola schiacciata tra un mare esemplare e due montagne che non è possibile ignorare, monumentali e libere". Noi dobbiamo disinquinare l'Abruzzo», dice il candidato presidente, «perché questa è la nostra maggiore risorsa. Dobbiamo essere una "regione modello" dove il presidente non è il dominus. Quando e se lo diventerò non chiamatemi governatore. Ma Giovanni perché io credo nella collegialità».Prima di tirare le somme cita anche Benedetto Croce: «Quando c'è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma e di persistenza e resistenza, io mi son detto spesso a bassa voce, tra me e me, e qualche volta l'ho detto anche a voce alta: - Tu non sei napoletano, sei abruzzese! - e in questo ricordo ho trovato un po' d'orgoglio e molta forza», disse Croce ai concittadini di Pescasseroli il 21 agosto del 1910. Così ha ripetuto Legnini ai sindaci promettendo di «suscitare orgoglio e rispetto verso l'Abruzzo», e dando tre stoccate al governo e alla sindaca di Roma sul caso terminal dei bus, i rifiuti e il tentativo di scippo dei fondi del Masterplan Abruzzo.Dalla platea si alzano e salgono sul palco i sindaci Francesco Menna (Vasto), Gabriele Florindi (Città Sant'Angelo), Francesco Di Paolo (Barisciano), Marcello Martino (Taranta Peligna), Robert Verrocchio (Pineto), Angelo Radica (Tollo), Adamo Carulli (Roccamontepiano) Luciano Di Lorito (Spoltore), Antonio De Crescentiis (ex sindaco di Pratola) e persino 'Nduccio, il sindaco della comicità. «Adesso siamo tutti protagonisti», chiude Legnini con la platea in piedi anche se Donato Di Matteo e Andrea Gerosolimo non si vedono. E neppure D'Alfonso c'è.

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