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Data: 14/07/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tav, la svolta 5Stelle: lo stop ora è difficile. Di Maio all’assemblea piemontese: «Per fermarla serve il triplo delle forze». Appendino, idea dimissioni a tempo: «Voglio un segnale, basta con i frenatori». Sul lato francese i lavori vanno spediti il tunnel avanza di venti metri al giorno

ROMA Chi c'era usa la metafora azzeccata: «Luigi ha voluto dire agli attivisti che è difficile fermare un treno già partito. E che soprattutto, ormai, non dipende più solo da lui». L'altra notte Di Maio, piombato a Torino per blindare la sindaca Chiara Appendino alle prese con un marasma interno alla maggioranza, alla fine ha parlato di Alta velocità. Com'era ovvio che fosse. E con gli attivisti duri e puri del M5S, quelli da sempre contro la Tav, ha pronunciate parole di realismo politico sulla Torino-Lione. Certo, ha premesso, che non «ha cambiato idea» e che «rimane contrario all'opera».
Ma allo stesso tempo ha detto: «Tornare indietro adesso richiede il triplo delle energie». Un modo per far indorare la pillola ai grillini piemontesi? O più semplicemente un bel bagno di realismo? Durante l'assemblea con i pentastellati locali il capo dei 5 Stelle ha portato l'esempio del Tap. Nel caso del gasdotto ha spiegato che, nonostante l'opposizione in campagna elettorale, alla fine tornare indietro è stato impossibile. O meglio, al di là della volontà del M5S, hanno vinto le penali e dunque il progetto. Per fermare il Tap ci sarebbe voluto il triplo delle forze. Cosa che alla fine non è avvenuta. Un discorso simile, come approccio, anche alla Tav. Tanto che Di Maio ha dato un altro segnale, colto da molti come un'apertura. Anzi, come un mettere le mani avanti: «Aver lasciato per cinque anni al governo il Pd ecco che cosa ha provocato. Quanto è stato difficile averli al governo con loro che remavano a favore dell'opera, adesso ci vuole il triplo delle energie per tornare indietro». Su questo argomento il Movimento piemontese rischia la scissione. Perché, nonostante il risultato delle ultime europee e regionali, c'è uno zoccolo duro nel M5S che non è disposto ad accordi. Né ad arretrare.
I grillini di governo, quelli che ormai si sono trasferiti nella Capitale, da tempo fanno ben altri discorsi. La prima ad aver tracciato una linea è stata Laura Castelli, viceministro all'Economia, parlando lo scorso mese in un'intervista di «Tav leggera», dicendo sì, soprattutto, a «una discussione». Ammettendo che le cose, quando si governa, non sono mai «bianche o nere». Stesso discorso per Luca Carabetta, deputato di collegamento tra le valli e Di Maio, che anche dopo l'incontro dell'altra sera ha ribadito: «Abbiamo due sole opzioni accettabili: o la Tav non si fa, oppure si fa, ma in versione light. Ma la strada è lunga. Per tornare indietro sui lavori serve un accordo tra Italia e Francia che modifichi il trattato internazionale e poi la ratifica del Parlamento».
E qui ritorna in un certo senso il famoso appello del leader pentastellato al «triplo delle forze necessarie» per bloccare il cantiere. I tempi sono stretti: il 6 settembre scadono le manifestazioni d'interesse, poi partiranno i bandi. Per fine mese, però, è attesa una mossa del premier Conte sulle interlocuzioni tra Francia e Commissione europea.
Un destino che sembra ineluttabile, pronto a schiantarsi - anche - sulla giunta Appendino. La sindaca in queste ore è alle prese con la fuga a Milano del Salone dell'Auto. Una scelta già presa, spiegano dallo staff della sindaca, ma che ha portato al cortocircuito interno della maggioranza dopo le parole del vicesindaco Guido Montanari, spalleggiato da una pattuglia di consiglieri. «Le minoranze rancorose, i nemici della contentezza», come li ha bollati subito Di Maio. Una situazione abbastanza esplosiva che ha portato Appendino a far trapelare l'intenzione di dimettersi.
LA MOSSA
Una tentazione che sembra passata subito in secondo piano, sostituita dalla voglia di far saltare il vicesindaco. Ma anche su questo punto c'è il rischio che lo strappo con Montanari mandi in tilt la maggioranza. «Io non voglio finire il mandato con il freno a mano», sono le riflessioni di queste ore della sindaca. Il problema infatti è tra lei e i consiglieri, non con la giunta. Ecco perché domani in consiglio comunale Appendino potrebbe tentare il colpo a sorpresa: presentare le dimissioni, salvo ritirarle, come prevede il Tuel, entro 20 giorni. Ma a patto che ci sia un accordo politico nel M5S di Torino per proseguire la consiliatura senza più scossoni. Una mossa già vista in altri Comuni, ma anche l'extrema ratio per convincere i 23 consiglieri a farla finita con il fuoco amico. «Di sicuro questa sarà una settimana impegnativa», aprono le braccia in Comune. La bufera, sono sicuri i vertici del Movimento da Di Maio in giù, è destinata in qualche modo a passare. Ma il nuovo problema è dietro l'angolo: si chiama Tav. E l'ammissione del vicepremier pentastellato dell'altra notte sembra il preludio di un altro caos.

Sul lato francese i lavori vanno spediti il tunnel avanza di venti metri al giorno

PARIGI Alla fine anche Daniel Cohn Bendit ha dato la sua benedizione alla Tav. Un paio di settimane fa, di passaggio in Savoia, la figura storica del '68 e soprattutto dei Verdi (francesi e tedeschi) ha elogiato le istituzioni europee («Magari imperfette, è vero, ma le uniche in grado di affrontare le grandi sfide, in particolare ecologiche»), e anche la Lione-Torino: «Se si trattasse soltanto di collegare in modo più veloce Lione a Torino, la cosa certo non avrebbe interesse ha detto Cohn Bendit - ma l'infrastruttura si integra in una vera politica europea del trasporto su rotaia, e allora basta, avanti: si deve fare!».
E in realtà, almeno da questo lato delle Alpi, la Tav si sta facendo. E senza tergiversare. Federica, la fresa da 2400 tonnellate, continua a scavare sotto al Moncenisio tra i dieci e i venti metri al giorno. Più di 27 chilometri di gallerie sono state già scavate, e di questi ben 8 chilometri e mezzo fanno parte del tunnel di base.
A fine mese, all'Assemblée Nationale, è stata approvata la legge quadro sulla mobilità, compreso il capitolo che riguarda non soltanto il finanziamento della costruzione del tunnel di base, ma anche ancora più significativo i lavori di realizzazione delle vie di accesso sul versante francese. «Gli studi che dovranno rendere conto delle varie fasi di realizzazione dovranno essere terminati entro il 2023», hanno fatto sapere dal comitato della Transalpine Lyon-Turin, che riunisce tutti gli attori, privati e pubblici, coinvolti nel progetto. Dopo un autunno e un inverno con gli occhi puntati sui tentennamenti del governo italiano, i francesi si sentono adesso più sicuri.
RICORSI RESPINTI
I risultati europei avrebbero, a loro avviso, confortato il progetto. L'avvio dei bandi non sarebbe che l'ultima conferma che il progetto non solo si farà, ma si sta già facendo. A mettere a tacere le voci contrarie in Francia esistono, ma sono molto minoritarie e poco vigorose ci ha pensato il Consiglio di Stato che il 28 giugno ha respinto gli ultimi ricorsi presentati da due associazioni ambientaliste. La più alta giurisdizione amministrativa francese ha confermato nel suo giudizio «il carattere di pubblica utilità» della futura linea Lione-Torino ad alta velocità, definendola «un elemento essenziale de progetto di corridoio numero 6 della rete europea di trasporti» destinata a «creare un servizio di autostrade ferroviarie per un trasporto più rapido dei passeggeri, e che assicuri un risparmio significativo in termini di sicurezza e riduzione dell'inquinamento».
La cronaca è venuta a confermare le tesi dei comitati Tav, secondo i quali la linea storica non è ormai più in grado di soddisfare le esigenze di sicurezza e tutela dell'ambiente e soprattutto non è correggibile e non può essere il progetto alternativo a più basso costo della nuova Tav . Il 2 luglio una colata di fango ha travolto la linea ferroviaria tra Saint-Jean de Maurienne e Modane. Il traffico deve ancora essere ripristinato e il trasporto è ormai deviato su strada, con pullman. Senza contare il trasporto merci: oltre 200 tir supplementari sono attesi sulle strade almeno fino a metà agosto: «Significa hanno calcolato alla Transalpine un carico insostenibile per le autostrade dele Alpi settentrionali, in cui già transitano 3.857 veicoli al giorno in media, con un aumento del 16 per cento rispetto al 2013».
«Sono anni che sosteniamo la vetustà della linea storica e i rischi di instabilità geologica in questa zona di montagna con forti pendenze», dicono al comitato Transalpine, sottolineando che già a gennaio oltre 160 metri cubi di roccia erano franati nello stesso settore portando alla temporanea chiusura della linea. «Minoritari ma molto rumorosi, i militanti che si oppongono al cantiere non hanno nessuna competenza e continuano a sostenere che la linea storica è del tutto affidabile dicono i francesi del Comitato - Sono le stesse idee e gli stessi slogan che si opponevano alla variante autostradale di Genova e che dicevano che i rischi di crollo del ponte Morandi erano soltanto favolette».

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