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Data: 09/01/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ozzimo, dopo la condanna perde il posto da manager. Altri tre ex dirigenti Atac rischiano il processo

Nemmeno 24 ore. E subito l’Atac ha aperto, anzi ha fatto ripartire, un procedimento disciplinare contro il suo dipendente Daniele Ozzimo, condannato a 2 anni e 2 mesi, con il rito abbreviato, in uno dei filoni del processo Mafia Capitale. L’ex assessore della giunta Marino, fa sapere tramite il suo avvocato Luca Petrucci, ha comunque intenzione di non ritornare a lavorare nella municipalizzata dei trasporti, dove venne assunto nel 2003, quando era segretario dei Ds nel V municipio anche se allora «non ricoprivo incarichi istituzionali», ha sempre tenuto a specificare.
Ozzimo dunque non aspetterà l’istruttoria del procedimento disciplinare a suo carico attivato da Atac, ma pensa appunto di andarsene prima. Un’uscita strategica nella speranza di una riabilitazione giudiziaria.
L’ITER Nel suo caso, però, anche se è dipendente di una municipalizzata interamente pubblica non si applica la legge Severino.
L’ex assessore del Pd, infatti, è inquadrato come dipendente di concetto e non è quindi un amministratore pubblico. Nonostante questo sembra aver già preso la sua decisione: lasciare, almeno per il momento, la sua scrivania. Ieri l’azienda della Prenestina ha attivato la procedura disciplinare. Secondo la legge, Ozzimo rischia fino al licenziamento. Molto dipenderà anche dall’iter giudiziario che ha scelto di intraprendere e dalla piega che questo prenderà. L’ex esponente democrat infatti subito dopo la sentenza del gup ha annunciato che ricorrerà in appello («Io sarei l'unico corrotto che non ha preso soldi in questa storia. Ero sicuro che quella partita si sarebbe risolta perché in verità io soldi da Buzzi non ne ho mai presi», si è difeso dopo la condanna di giovedì). Ozzimo è tornato in libertà lo scorso 24 dicembre dopo circa sei mesi tra detenzione in carcere e poi arresti domiciliari. L'accusa era di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Nei suoi confronti è caduta però l'accusa più grave, quella di corruzione per asservimento della funzione, dopo il riascolto nel corso del processo di un'intercettazione di Salvatore Buzzi, il «ras» delle coop. Nel dialogo riascoltato in aula, contrariamente ad una prima trascrizione, Buzzi afferma che Ozzimo «'n pija soldi» (non prende soldi). Questo non gli ha evitato la condanna e la scelta di lasciare il suo posto ad Atac.

Altri tre ex dirigenti Atac rischiano il processo

L'accusa di peculato rischia di trascinare a processo tre ex dirigenti dell'Atac. Secondo i pm Laura Condemi e Alberto Pioletti, che hanno recentemente firmato un avviso di conclusione delle indagini preliminari, Gioacchino Gabbuti, ex amministratore delegato, Antonio Cassano, fino al 2012 direttore generale, e Mauro Anselmi, commercialista e dirigente del collegio sindacale, si sarebbero appropriati di un milione e 62 mila euro. I soldi, in teoria, sarebbero dovuti essere destinati a migliorare le condizioni dei mezzi di trasporto. Secondo la Procura, tra il 2007 e il 2010, invece, i tre avrebbero stipulato contratti di consulenza e disposto una sfilza di ordini d'acquisto «per attività di mera facciata», scrivono i pm negli atti, da effettuare con la società Pragmata Srl. Peccato che, nel febbraio del 2007, Gabbuti e Cassano avessero acquisito la titolarità del capitale dell'azienda in questione, intestandolo, per l'accusa, a società fiduciarie offshore. Le quote dei manager sarebbero poi state trasferite a un prestanome: Umberto Bianchi, rappresentante legale e liquidatore della Pragmata. Anche lui, ora, rischia di finire sul banco degli imputati.

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