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Data: 26/01/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Quota 100. Retromarcia sull'anzianità scatti congelati per 7 anni. Con l'intesa aziendale anticipo fino a 8 anni ma il ricambio generazionale parte in salita

ROMA Pausa per tutti fino al 2023, anno in cui la lancetta dell'aspettativa di vita tornerà a muoversi portando l'età per la vecchiaia a 67 anni e 3 mesi. Un altro scatto della stessa entità ci dovrebbe essere anche due anni dopo nel 2025 e poi nel 2027, quando il meccanismo dell'adeguamento tornerà in vigore anche per la pensione anticipata: il requisito contributivo passerà dai 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) a 43 anni e 1 mese. Nel frattempo dovrebbe comunque restare in vigore per questo canale di uscita la finestra di tre mesi, che ritarda di fatto l'accesso al pensionamento una volta maturato il diritto.
IL TESTO
Il decretone su reddito di cittadinanza e pensioni dovrebbe aver finalmente trovato la sua forma definitiva: ieri il testo bollinato è stato inviato alla presidenza della Repubblica e si attende la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Se la novità più attesa in campo previdenziale è naturalmente Quota 100, che scatterà ad aprile, il provvedimento contiene informazioni utili anche per chi progetta di lasciare l'attività lavorativa non subito ma da qui a qualche anno. Alcuni ritocchi introdotti all'ultimo momento riguardano proprio il legame tra l'evoluzione demografica e i requisiti per la pensione. Come già annunciato, il governo è intervenuto per evitare lo scatto in avanti di cinque mesi che dal gennaio di quest'anno avrebbe toccato non solo la pensione di vecchiaia ma pure quella anticipata. Dunque anche quest'anno i lavoratori matureranno il diritto alla pensione indipendentemente dall'età con 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini e 41 e 10 mesi se donne, senza scontare lo scatto di cinque mesi ma attendendo tre mesi di finestra. È stata prevista anche una norma provvisoria per coloro che hanno tagliato il traguardo con le regole più favorevoli proprio in questi giorni di gennaio, da inizio a mese alla data di entrata in vigore del decreto: potranno ottenere effettivamente il loro primo assegno il primo aprile, insieme alla prima ondata di quotisti.
LA STIMA
La novità degli ultimi giorni è però che la marcia indietro sul tema aspettativa di vita sarà a tempo: il congelamento del requisito durerà dal 2019 al 2026 e dunque l'anno successivo ci sarà un nuovo adeguamento, presumibilmente di tre mesi. Va sempre ricordato che l'entità di questi gradini viene stimata, anche nei documenti ufficiali, sulla base delle previsioni dell'Istat; ma la legge prevede che gli scatti effettivi siano poi determinati a consuntivo, quando l'istituto di statistica ha quantificato l'effettivo andamento della speranza di vita nel precedente periodo di riferimento. Proprio in base alle previsioni, dopo lo scatto di quest'anno quello del 2021 dovrebbe essere nullo, e quindi salvo sorprese anche l'età della vecchiaia resterà fissata a 67 anni: il responso esatto arriverà entro la fine di quest'anno. Per quanto riguarda i 62 anni di Quota 100, le prime versioni del provvedimento prevedevano anche per questo requisito l'aggiornamento periodico, che invece nella ultima bozza viene esplicitamente escluso. La questione in realtà è probabilmente solo teorica perché questo canale di uscita per ora è in vigore solo fino al 2021 anno in cui - come già detto - non ci dovrebbero comunque essere scatti.
NORME PROVVISORIE
A proposito di norme provvisorie, ce n'è una che riguarda anche i lavoratori pubblici: quelli tra loro che maturano il diritto a Quota 100 (dunque con i 62 anni di età e 38 di contributi) entro la data di entrata in vigore del decreto (presumibilmente all'inizio della prossima settimana) potranno accedere alla pensione dal primo agosto; se invece il diritto scatterà subito dopo, allora dovranno attendere la finestra di sei mesi arrivando comunque inizialmente ad una data molto vicina. Per tutti c'è la necessità di presentare la domanda di collocamento a riposo con un preavviso di sei mesi: quindi chi desidera uscire subito ad agosto dovrà attivarsi immediatamente nei prossimi giorni. I dipendenti della scuola invece, che vanno in pensione tutti il primo settembre, la domanda dovranno presentarla entro il prossimo 28 febbraio.

Con l'intesa aziendale anticipo fino a 8 anni ma il ricambio generazionale parte in salita

ROMA La riforma Fornero è stata smontata o no? Con il decreto legge su reddito e pensioni ormai sulla via della Gazzetta ufficiale e gli effetti pienamente quantificati nella relazione tecnica è possibile valutarne l'impatto di lungo periodo. Un punto importante è sicuramente la natura sperimentale di Quota 100, che al momento dovrebbe terminare nel 2021: toccherà al governo che ci sarà decidere se prorogarla ancora oppure accettare di alzare di fatto l'età pensionabile per riportarla alle regole in vigore dal 2012, eventualmente attenuate dalla possibilità di andare in pensione con i soli 41 anni. La differenza non è da poco: secondo il presidente dell'Inps Tito Boeri nel primo caso il cosiddetto debito implicito (aggregato diverso dal debito pubblico, che misura gli impegni assunti dallo Stato verso i propri cittadini) potrebbe lievitare di un importo vicino ai 100 miliardi, mentre in caso di durata triennale l'incremento si fermerebbe - per così dire - a 32 miliardi.
INVERSIONE DI TENDENZA
Tuttavia anche nello scenario più cauto le scelte del governo si presentano comunque come una scommessa. Anzi le scommesse sono almeno due. La prima riguarda i conti pubblici, nei quali si registra per la prima volta una sostanziale inversione di tendenza rispetto al percorso intrapreso in tema di previdenza all'inizio degli anni Novanta. Il pacchetto che comprende Quota 100 parte con costi intorno ai 4,5 miliardi quest'anno per poi accelerare decisamente arrivando ad un picco di 9 miliardi di maggiore spesa nel 2021. Inizia poi un rallentamento progressivo che però non azzera le maggiori uscite, anche per il dispiegarsi degli effetti del congelamento dei requisiti della pensione anticipata. Nel 2028, ci saranno ancora 155 mila maggiori pensioni in conseguenza delle norme appena approvate: la quantificazione decennale, richiesta per le norme previdenziali, indica una maggiore spesa cumulata nel periodo di oltre 48 miliardi. Nei prossimi mesi questi numeri saranno inseriti negli scenari di sostenibilità di lungo periodo dei sistemi previdenziali elaborati dalla Ue ed altre organizzazioni internazionali: scenari che negli anni scorsi avevano rappresentato un punto di forza per la credibilità del nostro Paese, a fronte dell'alto debito pubblico.
Indubbiamente la possibilità di anticipare anche di cinque anni il momento dell'accesso alla pensione può risultare invitante per una parte consistente della platea potenziale. In realtà però il vantaggio potrebbe essere anche più consistente nel caso di aziende che attivino il meccanismo dei fondi bilaterali, che permette di abbassare di ulteriori tre anni i requisiti di Quota 100 arrivando quindi ad uscire fino a otto anni prima. In questo caso non ci sarebbero oneri diretti per lo Stato ma le parti sociali si dovrebbero impegnare per l'assunzione di nuovi lavoratori al posto di quelli in uscita. Proprio questa è la seconda scommessa dell'esecutivo: l'idea di attivare un ricambio generazionale più o meno spontaneo è stata però giudicata poco realistica da Confindustria e dalle altre associazioni imprenditoriali. Un tasso di sostituzione uno ad uno potrà forse essere ottenuto in alcune amministrazioni pubbliche, ma nel settore privato sarà tutt'altro che facile far coincidere le competenze di generazioni diverse di lavoratori. E dunque le centinaia di migliaia di nuovi pensionamenti rischiano di avere un effetto statistico non desiderato: ridurre il tasso di occupazione complessivo, sostenuto in questi anni proprio dai lavoratori over 50 che a causa della riforma Fornero sono rimasti al proprio posto.

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