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Data: 14/05/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Autonomia, il Carroccio: andrà al prossimo Cdm Ma M5S: ci vorranno mesi

ROMA «Per noi la parola è un impegno d'onore e ci aspettiamo che tutti mantengano la parola sull'autonomia e sulle opere pubbliche. È stato perso troppo tempo, bisogna partire subito e noi andremo fino in fondo». Matteo Salvini, in campagna elettorale in Veneto, torna ad alzare il vessillo dell'autonomia differenziata. Ma a stretto giro arriva lo stop di Luigi Di Maio: «Non vogliamo creare cittadini di serie A e altri di serie B. Nei prossimi mesi scriveremo una legge attenta alla coesione nazionale».
Il copione, insomma, è il solito. Il capo della Lega prova ad accelerare, condiziona (implicitamente) la sopravvivenza del governo giallo-verde dopo le elezioni europee del 26 maggio al varo dello Spacca Italia e al sì alla Tav. E per tutta risposta, come ha fatto negli ultimi mesi, Di Maio frena. Rinvia. Parla, appunto, di mesi per il varo della riforma targata Lega che riguarda Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Salvini è perentorio: «Non ci sarà alcuna revisione del contratto di governo dopo le elezioni. E nel contratto c'è l'autonomia e non abbiamo cambiato idea. Se l'hanno cambiata i grillini lo spieghino ai cittadini di Lombardia e Veneto». Ancora: «Io sono leale e mi aspetto altrettanta lealtà dai 5Stelle». Questo vale anche per le grandi opere: «Abbiamo bisogno di strade, autostrade, ferrovie, aeroporti. Non abbiamo bisogno di ministri che rallentano e dicono no, abbiamo bisogno di sì. Abbiamo bisogno di correre e di costruire». E chiede: «5Stelle e Pd si sono coalizzati contro l'autonomia e altro dossier?».
L'ALTOLÀ DEL GOVERNATORE
Con Salvini, ça va sans dire, si schiera Luca Zaia: «Siamo in imbarazzo ad avere una componente del governo che non va avanti sull'autonomia. Ed è grave che i grillini dicano che non si sono viste le carte. Noi i nostri compiti li abbiamo fatti», garantisce il governatore veneto. La ministra leghista agli Affari regionali conferma: «Io sono pronta. Ho già illustrato al premier Conte le intese come mi era stato chiesto. L'autonomia è nel contratto di governo per questo il prossimo Consiglio dei Ministri sarà la sede opportuna per dare una risposta alle Regioni e chi è contrario se ne assumerà la responsabilità».
Di Maio non si lascia impressionare dal pressing della Lega. Sarebbe un suicidio per i 5Stelle, che hanno il loro serbatoio elettorale nel centro-sud, dare il via libera allo Spacca Italia prima delle elezioni. Così il leader grillino sceglie una tattica attendista: «Per me l'autonomia si deve fare per Lombardia e Veneto dove i cittadini hanno votato il referendum, ma non per creare una scuola di serie A o serie B, o una sanità di serie A e serie B che sarebbe inaccettabile. Il lavoro che dovremmo fare nei prossimi mesi è scrivere un provvedimento sull'autonomia che non attenti alla coesione nazionale perché la scuola, la sanità sono indivisibili come la Repubblica italiana». Immediata la reazione della Stefani: «Di Maio non ci faccia perdere altro tempo».
IL DUELLO SU BERLUSCONI
Ad alimentare lo scontro sono anche i rapporti con Forza Italia. Salvini dice «in bocca al lupo» a Silvio Berlusconi. E spiega: «Potremo combattere in Europa sullo steso fronte nel nome del lavoro, della sicurezza, della salute e della famiglia, lasciando la sinistra finalmente fuori dalle stanze del potere». Ecco la reazione stizzita dei 5Stelle: «Salvini si appella a Berlusconi per fare fronte comune? Ognuno è artefice del proprio destino. Ma noi siamo fatti di un'altra pasta: noi ci ricordiamo bene dei danni che ha fatto il Cavaliere al Paese, le prese per i fondelli, i ristoranti pieni mentre l'Italia precipitava nella crisi economica».
Gli effetti di tutta tensione non sono solo i rinvii di numerosi provvedimenti. Ieri la maggioranza giallo-verde è stata battuta in commissione Difesa della Camera sulla richiesta di accantonamento dell'articolo 10 del provvedimento sulla libertà sindacale delle forze armate. E questo perché leghisti e grillini hanno votato in modo difforme. Poi, i leghisti hanno votato insieme all'opposizione bocciando un emendamento grillino che avrebbe concesso ai militari la possibilità di fare ricorso al Tar.

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