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Pescara, 24/04/2024
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Data: 31/12/2015
Testata giornalistica: Il Centro
«Accorceremo di 30 km la Pescara-Roma». Il Gruppo Toto aspetta l’ok del ministero. «Sarà un investimento di 5,4 miliardi di euro che darà lavoro a 10mila persone»

PESCARA Basta percorrere la Variante di Valico che ha da pochi giorni raddoppiato il tratto appenninico dell'Autosole tra Firenze e Bologna per rendersi conto che le strade costruite oggi non sono neppure lontanamente parenti delle arterie costruite qualche decennio fa: la carreggiata è più spaziosa, le gallerie ampie e ben illuminate, le curve cieche sostituite da lunghi rettilinei...Un ruolo fondamentale nell'opera inaugurata da Matteo Renzi l'antivigilia di Natale l'ha avuto un'azienda abruzzese, la Toto Costruzioni Generali, impegnata nei tunnel e nelle gallerie di quello che si è rivelato il più importante appalto europeo degli ultimi anni. Di questo e di altro abbiamo parlato con Alfonso Toto, l'ingegnere 38enne dal 2004 guida l'azienda di famiglia, attiva anche nella costruzione di grandi parchi eolici per la produzione di energie rinnovabili. E' pensabile in Abruzzo una grande opera come la Variante di Valico? «Noi l'abbiamo proposta, con un progetto molto dettagliato, e da due anni aspettiamo che il Ministro dell'Economia la valuti e ci dia una risposta. Come lei sa, il nostro gruppo è concessionario dell'Autostrada dei Parchi, che gestisce l'A24 e l'A25: sono infrastrutture che risentono del peso degli anni, com'è normale che sia, e per di più il terremoto del 2009 le ha messe a dura a prova, anche se la sicurezza è assolutamente garantita, grazie agli investimenti per centinaia di milioni che abbiamo effettuato in questi 10 anni. Diciamo che prima la manutenzione era un po' blanda, per usare un eufemismo». Qual è la vostra proposta? «Mettere al riparo l'autostrada da neve e gelo, costruendo 40 chilometri di nuove gallerie a doppia canna che aumenterebbero in modo considerevole la sicurezza e per di più accorcerebbero il tracciato Chieti-Roma di circa 30 chilometri, peraltro con pendenze molto più contenute. Sarebbe un enorme risparmio di carburante per chi le percorre, in particolare per i mezzi pesanti che temono molto i dislivelli stradali». Quanto costerebbe tutto questo? «Noi abbiamo quantificato un investimento di 5,7 miliardi di euro, con la creazione di 10 mila posti di lavoro. Lo Stato non tirerebbe fuori una lira, ma ci ripagherebbe allungando la concessione di 45 anni, con un meccanismo che la stessa Unione Europea vede con favore. La Variante di Valico dimostra che si può fare, ma certo non impiegandoci 30 anni come in quel caso». Obiezione: non sarebbe meglio investire le risorse per migliorare un collegamento ferroviario medievale come la Pescara-Roma? «Nella pratica no, perché è un investimento enorme che non si ripagherebbe mai: il traffico potenziale è troppo piccolo e i soldi dovrebbe metterceli lo Stato, ma non mi sembra il momento». Seconda obiezione: la tutela dell'ambiente. «Togliere le auto dalla circolazione all'aria aperta e metterle in galleria le sembra contro l'ambiente?». Finita la Variante, a che cosa vi dedicherete? «Il lavoro non ci manca: siamo impegnati in Liguria per il terzo lotto della variante sull'Aurelia, in Sicilia per il raddoppio di un tratto ferroviario sulla Palermo-Messina e in alcuni interventi autostradali e in Polonia per la costruzione di una nuova superstrada, oltre a un lavoro che svolgiamo per conto dell'Anas nell'Aquilano. Avremo bisogno di 500 persone per far fronte a un portafoglio ordini che ammonta a 520 milioni di euro solo in Italia». E' una buona notizia per l'Abruzzo. «Sì, ma non pensi che sia facile trovare personale qui. Il nostro è un lavoro di grande sacrificio, un mestiere zingaro, si sta sui cantieri anche per settimane e i nostri giovani amano una vita più comoda». Come vanno i vostri investimenti nel settore delle rinnovabili? «Abbiamo in corso due grandi progetti negli Stati Uniti, due parchi eolici marini. Uno è in fase avanzata di realizzazione, con un investimento da 5 miliardi di dollari che si ripagherà cedendo energia per 15 anni alle locali municipalizzate a un prezzo già pattuito». Investirete anche in Italia? «Ci abbiamo provato, con un progetto nel Canale di Sicilia, ma la burocrazia è stata insormontabile. Pensi che negli Usa tutto si è risolto in una gara che abbiamo svolto via web, con rilanci che si sono conclusi in mezz'ora. Poi l'FBI ha controllato che tutto fosse a posto e l'asta è stata aggiudicata». Che cosa pensa di quel che sta succedendo nel mondo delle banche? La vostra base è a Chieti e anche la Carichieti è tra gli istituti che non ce l'hanno fatta... «C'è stato un eccesso di ottimismo in passato, ma adesso si sta esagerando in senso opposto: le banche non fanno più il loro mestiere, non prestano più soldi a chi produce e tantomeno a chi ha progetti validi. Le piccole e medie aziende sono abbandonate, anche i grandi istituti nazionali hanno abdicato, lasciando il terreno alle banche straniere, spesso molto più attente». Voi come ve la cavate? «Nel nostro settore siamo una media azienda, tra le prime venti, con un fatturato che oscilla tra i 200 e i 250 milioni a seconda delle annate. Ma nelle classifiche di redditività siamo sempre tra le prima tre e questo credo che sia un bel segnale. Ormai tra le aziende storiche siamo tra le pochissime ad avere resistito e sappiamo fare tutto in casa, senza il rischio di affidarci mani e piedi a subappaltatori con i quali c'è sempre il rischio di brutte sorprese».

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