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Data: 12/11/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, non c'è il quorum ma è caos ai seggi: «Non ci fanno votare». Ora bus a nolo dal gruppo Fs L'ipotesi di cedere le ferrovie

ROMA Per Virginia Raggi, a conti fatti, è la seconda vittoria in due giorni. E la celebra su Twitter: «Atac resta dei cittadini - scrive la sindaca, quando le urne si sono chiuse da un'ora e mezza - I romani vogliono resti pubblica. Ora impegno e sprint finale per rilanciarla con acquisto 600 nuovi bus, corsie preferenziali, più controlli, riammodernamento metro. Attenzione e rispetto per tutti i votanti». Ma il referendum consultivo sul futuro trasporto pubblico romano, che ieri si è fermato a un'affluenza del 16,4 per cento, ha scatenato feroci polemiche. Anche perché circa tre votanti su quattro hanno comunque optato per il sì ai due quesiti (75,3% per il primo e 74,2% per il secondo quando mancavano poche sezioni da scrutinare), che prevedevano l'apertura alla concorrenza del servizio di Tpl.
LO SCONTRO
La discussione parte quindi dalla questione del raggiungimento del quorum: secondo il Campidoglio l'asticella non è stata superata, essendo stata fissata al 33,3 per cento degli aventi diritto al voto. Di diversa opinione i Radicali, principali promotori della consultazione cittadina, che in tarda serata hanno annunciato la presentazione di un ricorso al Tar del Lazio, per dirimere la vicenda: «A nostro avviso il quorum non c'è su questo referendum perché il Campidoglio ha modificato lo Statuto di Roma capitale, eliminando lo sbarramento, prima di indirlo», sottolinea il deputato Riccardo Magi. «Non abbiamo raggiunto il quorum, prevedibile - incalza Stefano Parisi, leader di Energie per l'Italia e consigliere regionale - I 5 Stelle della democrazia diretta non hanno voluto che i romani sapessero».
AI SEGGI
La sindaca ha regolarmente votato, nel pomeriggio, mentre suo marito, Andrea Severini, ha colto l'occasione per fare un appello ad andare a votare anche dal suo profilo Facebook. Così come pure ha fatto il presidente della commissione capitolina Trasporti, il pentastellato Enrico Stefano, che ha postato: «Ho votato stamattina. Al di là di come la si pensi è importante esprimere la propria opinione nei momenti di confronto democratico. Buon voto a tutti». Alle urne si sono presentati anche il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che non ha mai espresso però il suo orientamento, e Paolo Gentiloni: «Con le gare pubbliche il Comune resta padrone del trasporto ma la concorrenza migliora il servizio», sostiene l'ex premier. L'appuntamento di ieri ha diviso il mondo politico e l'opinione pubblica cittadina: Pd, Forza Italia e Unindustria, per esempio, si sono schierati per la liberalizzazione; M5S, Lega, LeU-SI e sindacati per il no. Ma per il Pd «aver fatto un surreale referendum sul referendum è stato un errore», dice l'europarlamentare dem Enrico Gasbarra.
I PROBLEMI
Ma i Radicali alzano il tiro: «Il Campidoglio ha creato il caos nella partecipazione dei cittadini. Oltre 300 mila aventi diritto non hanno potuto votare, tra studenti fuori sede e lavoratori non residenti, per le regole date proprio dal Campidoglio - sostengono i promotori del referendum - È stata data informazione solo nelle ultime 48 ore e molti non hanno neanche saputo che potevano votare». I Radicali parlano di «segnalazioni da tutta la città di persone respinte nonostante avessero il documento per votare - sostiene Magi - È una sconfitta per la democrazia diretta ma soprattutto per la capacità della giunta Raggi, che tanto parla di democrazia diretta, di organizzare operazioni ordinate e regolari». Accuse respinte al mittente dal Campidoglio, che parla di «votazioni assolutamente regolari».
LE CIFRE
Complessivamente hanno votato circa 386.900 cittadini su 2.363.989 iscritti al voto. Il municipio dove l'affluenza è stata più alta (al 25,25 per cento), è stato il secondo, quello che va dai Parioli a San Lorenzo. Quello dove si è votato meno è stato invece il sesto, quello di Tor Bella Monaca, all'estrema periferia orientale della Capitale.

Ora bus a nolo dal gruppo Fs L'ipotesi di cedere le ferrovie

ROMA «Virginia ha fatto doppietta», dicevano ieri sera nell'entourage della sindaca, che nel fine settimana ha portato a casa prima l'assoluzione e poi il flop sul referendum per mettere a gara i disastratissimi trasporti pubblici di Roma. C'è da dire che almeno su questo secondo fronte, l'esito era più che scontato: il quorum, per gli stessi promotori, era diventato un miraggio, considerato che la pubblicità sul voto ha latitato fino alla fine, pochissimi manifesti e neanche una lettera spedita a casa, come avrebbe dovuto fare il Comune. Non c'è mai stato un piano B, insomma, a Palazzo Senatorio. Avanti tutta con l'Atac, sperando che il presidente e ad, Paolo Simioni, resti e porti a casa la difficile missione del concordato. Sia la Procura che il Tribunale hanno approvato il suo piano, ma l'ultima parola spetta ai creditori che voteranno a fine dicembre. Superata quest'ultima curva, sul versante finanziario la strada dovrebbe essere in discesa.
Poi c'è il servizio, che è tutta un'altra partita. Un servizio bocciato a più riprese dai romani in tutte le rilevazioni, comprese quelle commissionate dal Comune (sempre votacci, dal 3 al 4, come gli studenti rimandati). I «nuovi 227 bus» che Raggi ricorda sempre di avere acquistato arriveranno non prima di 8-10 mesi, a essere ottimisti, perché l'azienda che li fabbrica è entrata in crisi. Ci vorrà tempo. Ecco perché la partecipata studia le contromisure. É stato sfornato un avviso per prendere un centinaio di bus a noleggio, come si fa con le macchine, per tamponare l'emergenza di un parco mezzi obsoleto, dove l'età media supera i 12 anni e circolano vetture immatricolate negli anni 90. Il noleggiatore, da quanto trapela sull'asse Campidoglio-via Prenestina, potrebbe essere BusItalia, controllata delle Ferrovie dello Stato. Sarebbe il primo passo del gruppo Fs nei trasporti romani, in attesa di capire cosa succederà nel 2020 con la gara che riaffiderà le linee di superficie nelle periferie dell'Urbe (oggi sono gestite dal consorzio Roma Tpl). Per quanto riguarda i flambus, cioè i bus che diventano torce per via degli incendi, l'azienda ha deciso di sostituire gli impianti di spegnimento su oltre 400 mezzi.
Ma servono soprattutto interventi sulle infrastrutture. Il ministero dei Trasporti ha fatto il suo, stanziando quasi mezzo miliardo e col grillino Toninelli al Mit forse ci saranno margini per allargare il portafogli. Il problema sono i tempi. I lavori su binari e gallerie, così come gli appalti per i nuovi treni e tram partiranno solo nel 2019 e quasi tutti gli interventi richiedono almeno uno o due anni. Ne passerà di tempo, prima che si veda la ripresa.
LE TRATTE URBANE
A maggio del 2019 poi scade il contratto tra l'Atac e la Regione Lazio per le tre ferrovie urbane di Roma, cioè la linea per Ostia - che ha nel palmares il titolo di peggiore tratta pendolare d'Italia - poi quella per Viterbo e la Centocelle-Termini. Atac, nel suo piano di concordato, ipotizza di non gestirle più, insomma di non partecipare alla gara indetta dalla Pisana Si libererebbe, così, di un migliaio di dipendenti (oggi ne ha 11mila), che passerebbero al nuovo gestore. E potrebbe dedicarsi a tutto il resto.

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