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Data: 27/12/2015
Testata giornalistica: Rassegna.it
La Legge di stabilità 2016 - Una manovra «di cui il Paese non ha bisogno»

Severo il giudizio di Danilo Barbi, segretario confederale della Cgil, alla finanziaria appena approvata: "Non crea lavoro, non riduce le disuguaglianze, non sblocca i contratti. Solo con un aumento degli investimenti pubblici l'economia potrà ripartire"

“Questa legge non è quella di cui il paese ha bisogno”. All'indomani dell'approvazione definitiva in Parlamento, il segretario confederale della Cgil Danilo Barbi commenta la legge di Stabilità per il 2016: “Non crea lavoro aggiuntivo, non riduce le disuguaglianze, non ripara quella vera e propria ingiustizia che è la legge Fornero, non sblocca i contratti del lavoro pubblico”. Nonostante alcuni limitati aggiustamenti, prosegue Barbi, che si sono “realizzati nelle politiche verso gli anziani, verso il Mezzogiorno e a sostegno dei consumi culturali, non cambia il nostro giudizio generale. Insisteremo affinché venga realizzata una politica economica espansiva: ormai è chiaro che solo un aumento degli investimenti pubblici può rilanciare quelli privati, senza di questi l'economia del paese non ripartirà”.

Il dirigente sindacale sottolinea che dall'inizio della crisi “abbiamo perso il 24 per cento degli investimenti privati e questi, nell'ultimo anno, con tutte le misure di decontribuzione, defiscalizzazione e riduzione dei costi per le imprese, sono aumentati di un miserabile 0,2 per cento”. La Cgil, conclude il segretario confederale, ha aperto, insieme a Cisl e Uil, una vertenza “con il governo per modificare la legge Fornero e per un vero contratto per i dipendenti pubblici, una vertenza che ci vedrà impegnati nel prossimo anno”.


Il verso sbagliato

Serena Sorrentino a Radioarticolo1: con la legge di stabilità non ci sono le condizioni per rinnovare il contratto a oltre tre milioni di dipendenti in tutti i settori del pubblico impiego, scuola compresa

Con la legge di stabilità, varata definitivamente, non ci sono le condizioni per rinnovare il contratto a oltre tre milioni di dipendenti in tutti i settori del pubblico impiego, scuola compresa. Ne è convinta Serena Sorrentino, della segreteria confederale Cgil. I 300 milioni di euro della manovra – spiega Sorrentino a Radioarticolo1, durante la trasmissione Italia Parla - “sono stati appostati a titolo di anticipazione contrattuale. Tuttavia nel triennio non c'è nessuna previsione di aumento della spesa. Significa non dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale, che aveva invitato il governo a riaprire la contrattazione sia sulla parte normativa che sulla parte economica. E certo (con queste cifre, ndr) non si può dire che si vuole rinnovare un contratto che si faccia carico dei sei anni di blocco che hanno vissuto i pubblici dipendenti e che poi metta in condizione, realmente, il lavoro pubblico di sostenere un profondo processo di riorganizzazione di tutta la pubblica amministrazione”.

Il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia dice che la cifra sarebbe un inizio, dopo anni di blocco. Stanziamenti che possono far riaprire la stagione contrattuale nella speranza poi di un aumento progressivo della cifra a disposizione, ma solo se le parti si metteranno d'accordo sulla riduzione dei comparti, come vuole la legge. Per Sorrentino si tratta però di “un ricatto”. “Siamo disponibili a fare l'accordo sui comparti. La riduzione del numero dei contratti è un obiettivo da sempre sostenuto dalla Cgil e anche da Cisl e Uil. Stiamo lavorando in sede Aran per arrivare alla definizione di un accordo quadro che stabilisca dei comparti omogenei per settori. Ma chiediamo tre cose al governo: la prima, che sottoscrivano un accordo su nuove relazioni sindacali nel pubblico impiego che superino anche i limiti introdotti dalla legge Brunetta; la seconda, che si sblocchi la contrattazione decentrata come è stato fatto nel 2015, perché quello è uno strumento fondamentale non soltanto per recuperare quote di salario dei lavoratori ma anche per garantire l'adattamento e maggiori strumenti di flessibilità nell'organizzazione del lavoro rispetto ai cambiamenti che sono necessari; terzo, che il ministro ci faccia capire che ci sono risorse a disposizione considerevoli per dare attuazione reale al contratto nazionale, perché 300 milioni anche a titolo di anticipazione non sono incrementi salariali che consentono di rispondere alle esigenze che in questo momento hanno le lavoratrici e i lavoratori del pubblico impiego”.

“In più – spiega sempre il segretario confederale - ci sono tutte le questioni aperte: dall'applicazione della legge Del Rio alla vertenza delle Province, dall'applicazione della legge 107 alla buona scuola, alla unificazione delle prefetture e ai nuovi uffici territoriali dello stato sul territorio. Questioni che hanno bisogno di strumenti di governo. Continuiamo a ritenere che il contratto e la contrattazione siano gli strumenti fondamentali”.

Allarme ammortizzatori sociali
Non c'è solo il fronte del pubblico impiego a preoccupare. Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto nei giorni scorsi un incontro urgente al ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Non si sa cosa accadrà nei primi mesi del nuovo anno per migliaia di lavoratori che rischiano di restare senza alcun sostegno economico. “C'è incertezza sulla prima fase applicativa della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nel Jobs Act – spiega Sorrentino -, a oggi siamo ancora nel buio più totale perché non ci sono circolari interpretative che orientino le aziende né tanto meno gli altri operatori del lavoro rispetto a come tecnicamente bisognerà dare attuazione alle nuove norme”. “Come se non bastasse – prosegue - abbiamo i dati diegli ultimi quattro mesi diffusi dall'Inps sul ricorso alla cassa integrazione e vediamo che c'è una riduzione tendenziale della cassa integrazione ordinaria”. Ma questo non avviene perché l'economia è in ripresa. Accade “perché le imprese sono in difficoltà nel comprendere le nuove procedure e che tipi di benefici o di svantaggi avranno”.

“Cgil, Cisl e Uil hanno segnalato puntualmente quali sono i nodi aperti sia sulla cassa integrazione ordinaria che sulla cassa integrazione straordinaria, che sui nuovi contratti di solidarietà che sono penalizzanti per i lavoratori, quali sono gli elementi da chiarire in una circolare interpretativa che ci consenta, a gennaio, di poter gestire la ristrutturazione delle riorganizzazioni aziendali avendo degli strumenti adeguati”. Ma – conclude Sorrentino – Poletti non ha risposto, non ha convocato un tavolo tecnico, e “siamo ancora in attesa che il ministro convochi le organizzazioni sindacali, come da impegni presi, anche sull'altro fronte di attuazione del Jobs Act. E' il completamento del percorso delle politiche attive su cui è in campo una vertenza di sindacati e Regioni nei confronti della nuova agenzia nazionale Anpal, perché se da un lato ci mettiamo l'incertezza sugli ammortizzatori e dall'altro la falsa partenza delle politiche attive, da gennaio lavoratori e imprese non avranno strumenti né per sostenere la disoccupazione né tanto meno la riorganizzazione delle imprese stesse”.

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