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Pescara, 28/03/2024
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Data: 30/12/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Lavoro, gli inattivi a quota 3,6 milioni. L’annuario dell’Istat fotografa l’Italia: sono in aumento le persone che non cercano più attivamente un impiego.. L’occupazione cresce ma il Paese resta in coda alla Ue La pressione fiscale è al 43,4%, sopra la media europea.

ROMA L’occupazione cresce. Ma quel modesto 0,4% di aumento registrato tra il 2013 e il 2014 (88 mila persone in più al lavoro) tiene inchiodata l’Italia nelle retrovie d’Europa. Appena sopra Grecia e Croazia. E comunque «ampiamente al di sotto del dato medio della Ue: 64,8%». Per la precisione ben 9 punti in meno.
È un Paese nel quale il mercato del lavoro si muove da lumaca quello fotografato dall’Istat. E certamente non è il posto ideale per i giovani, secondo i dati dell’Annuario 2014. L’occupazione infatti aumenta soprattutto per la fascia d’età 55-64enni, per effetto della stretta sui criteri per accedere alla pensione, mentre diminuisce tra le nuove generazioni (15-24 e 25-34enni). Tanto più se si ha una laurea tra le mani perché i diplomati risultano avvantaggiati a causa «dell’ingresso più recente nel mercato del lavoro di quanti hanno prolungato gli studi». E poi c’è il dramma degli inattivi. In 3 milioni e 600 mila (con un aumento di 269 mila unità rispetto all’anno precedente) risultano ai margini del mercato. Una «zona grigia», la definiscono i tecnici dell’Istat, composta per metà da persone considerate inutili ma in realtà impiegabili e per metà da individui sfiduciati da lunghe ed infruttuose ricerche.
Intanto, se si guarda alla pressione fiscale, l’Italia è purtroppo tra i pesi massimi nella Ue (43,4% nel 2014 contro una media del 40%), superata solo da Finlandia, Svezia, Francia, Belgio e Danimarca che presentano valori superiori al 44%. Quanto ai conti previdenziali, nel 2014 le prestazioni hanno comportato in Italia una spesa di 295,7 miliardi, con una incidenza del 18,3% sul Pil e del 38,5% sulla spesa pubblica. Per il pagamento di pensioni e rendite sono stati spesi circa 257,8 miliardi. Ed è interessante notare, si legge nell’annuario, «che gli importi medi delle prestazioni erogate nel comparto pubblico risultano doppi rispetto a quelli delle pensioni del privato». Si conferma elevata, anche se in leggera discesa, la vocazione proprietaria degli italiani: il 71,2% delle famiglie è titolare dell’abitazione in cui vive e tra queste ha un mutuo il 19,3%, quindi quasi una su cinque.
TORNA DI MODA LA CULTURA
L’indagine mette in evidenza il palese ingolfamento della macchina giudiziaria. Il carico dell’arretrato nel settore civile, pur registrando un calo del 3,3%, costituisce ancora un vero e proprio tappo con 4 milioni e mezzo di cause da smaltire, e nel settore penale le cose non vanno meglio con l’aumento dei reati che più destano allarme sociale: furti in casa. Inoltre il sovraffollamento delle carceri resta una piaga non ancora superata. Dando uno sguardo ad alcuni elementi sociali, l’Istat segnala che in Italia vivono oltre 60 milioni di persone e che 5 milioni sono stranieri. Aumentano i matrimoni in frantumi: le coppie che si sono lasciate, nel 2013, sono state 161 mila, pari al 6,3% in più rispetto al 2012. Dopo la grande fuga dalla città, registrata nei primi anni del 2000, l’Istat rileva un ritorno nelle “big city”. Per recarsi al lavoro, l’auto si conferma il mezzo di trasporto di gran lunga preferito dagli italiani: poco convinti dalla qualità dei mezzi pubblici, si mettono alla guida quasi 7 occupati su 10, precisamente il 68,9%. Intanto la cultura torna di moda: nel 2014 il numero di ingressi nei musei italiani è aumentato del 6,7% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quasi 41 milioni di presenze. E sembra anche essersi fermata la discesa dei lettori. Dopo anni di trend decrescente, spiega l’Istat, è risultata stabile la percentuale dei lettori di giornali, anche se l’attività riguarda comunque meno della metà della popolazione (47,1%). Lo stesso vale per i libri, dove la quota si ferma un pochino sotto (42%).

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