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Data: 30/12/2015
Testata giornalistica: La Repubblica
Sicilia, il record del Parlamento lumaca: solo 17 minuti di lavoro al giorno. Appena tre leggine una spesa di 26,5 milioni

L'Ars torna oggi a riunirsi per un prevedibile rush di fine anno. Non inconsueto, se è vero che Sala d'Ercole è storicamente abituata a tentare di colmare i ritardi con ostentati "straordinari" in periodi festivi o prefestivi. E d'altronde mai, come in quest'ultimo scorcio di legislatura, il Parlamento siciliano ha girato a vuoto. Basti pensare che negli ultimi due mesi, dal 31 ottobre a oggi, l'aula ha lavorato per poco più di due ore a settimana. Esattamente 17,4 minuti al giorno o, se volete, circa otto ore e mezzo al mese. Il dato, da solo, salta agli occhi, anche perché non è che le commissioni, in una fase di rinnovo dei vertici, abbiano lavorato molto di più.
Insomma, l'ultima seduta prenatalizia, quella che ha fatto registrare il clamoroso tonfo del Dpef, ha chiuso (chiuso?) una stagione grama.

Impressionante lo stallo della prima metà di dicembre: nella settimana che si è chiusa il 6 sono stati 29 in tutto i minuti di attività dell'Ars, in quella successiva appena 26. Entriamo nel dettaglio: il 2 dicembre i parlamentari si sono ritrovati alle 16,07 e hanno lasciato l'aula alle 16,36. Per tornarvi solo otto giorni dopo, il 10 dicembre, quando la riunione di Sala d'Ercole è cominciata alle 17,03 e i lavori si sono chiusi alle 17,29. Il bilancio di quei preziosi minuti di attività? C'è stato l'annuncio di mozioni e interpellanze, la comunicazione all'aula del nuovo ufficio di presidenza del gruppo del Pd, l'ufficializzazione della sostituzione di un componente della commissione antimafia. Un minuto, o su di lì, è stato dedicato al ricordo dell'uccisione di due braccianti agricoli a sud di Siracusa, avvenuta nel 1968.

D’altronde, non è che le sedute più lunghe svolte in questo periodo abbiano prodotto chissà quali atti di fondamentale importanza per i siciliani. I 211 minuti di lavoro del 15 dicembre se ne sono andati in un dibattito sulla mozione di sfiducia a Crocetta dall’esito scontatissimo. La terza sfiducia di questo governatore è andata a sbattere, come le precedenti, su un voto d’aula che ha garantito la sopravvivenza di tutti: del presidente della Regione come dei deputati.
In precedenza, il 10 novembre, l’Ars era rimasta impegnata per 226 minuti nella discussione sulla nuova giunta. Le leggi? Per carità, ne sono arrivate tre. Ma certo non si tratta di provvedimenti di rilevante impatto sul sistema sociale o economico della Regione. Il 10 novembre è stata votata la legge che ha rinviato le elezioni nei liberi consorzi, dopo che la precedente normativa varata dall’Ars era stata fatta a pezzi dal governo nazionale. Il 22 dicembre ha visto la luce una leggina sull’Irap per i gruppi parlamentari: disposizioni che, fuori dal perimetro di Palazzo dei Normanni, non risucotono uno smodato interesse.

Rimarrebbe una terza legge approvata in questi due mesi al raleny: tre articoli sulla «tutela delle aree caratterizzate da vulnerabilità e valenze ambientali e paesaggistiche». Dopo il voto finale, Crocetta in aula si è lanciato in un «sentito ringraziamento » ai deputati che avevano smentito l’idea «che l’Ars non producesse». Sia chiaro: non è che la giunta abbia agevolato il compito del Parlamento. Se è vero che la legge finanziaria e il bilancio, i quali dovrebbero essere trasmessi dalla giunta entro il 1° ottobre, sono sbarcati a Palazzo dei Normanni solo alla vigilia di Natale. La lunga trattativa con il governo nazionale per avere gli 1,4 miliardi di euro necessari a coprire il buco di bilancio ha rallentato notevolmente l’iter di approvazione della manovra, tanto che più volte il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone ha richiamato ufficialmente l’esecutivo. Mercoledì l’imboscata d’aula contro il Dpef, complice una maggioranza assente.

Oggi si riprende, dunque. E l’unico bilancio certo è il prezzo che la collettività paga
per questo volo con le ali di piombo: le spese per l’Assemblea, finanziata in gran parte con le risorse della Regione, ammontano a circa 160 milioni l’anno, 26 milioni e mezzo per due mesi. Ogni minuto di attività d’aula, da fine ottobre a oggi, ha “bruciato” 26.600 euro. In molti, con sempre maggiore insistenza, si chiedono se siamo di fronte a giustificati costi della democrazia o a un “sacrificio” che la Sicilia può ancora permettersi.

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