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Data: 05/11/2018
Testata giornalistica: Il Centro
D'Alberto: «Servono misure straordinarie». Il sindaco di Teramo chiede interventi soprattutto per le case B: «Molte situazioni potrebbero essere risolte in due settimane»

TERAMO «Qui ci vogliono misure straordinarie: sono passati due anni e siamo ancora in piena emergenza». Il dopo terremoto a Teramo è fermo all'anno zero e di fronte a una situazione di fatto bloccata il sindaco Gianguido D'Alberto torna alla carica e ribadisce quello che aveva dato solo pochi giorni fa: «La situazione è inaccettabile». La ricostruzione di fatto non è ancora iniziata, le pratiche per gli interventi negli edifici pubblici e privati sono paralizzate, l'Ufficio speciale non ha personale sufficiente per mandarle avanti e due anni di distanza dalle scosse dell'ottobre del 2016 e del gennaio 2017 - quelle che hanno causato i maggiori danni in città - a Teramo ci sono ancora quattromila sfollati.«I numeri sono impietosi», sentenzia D'Alberto, «e li ho illustrati nei giorni scorsi al nuovo commissario di governo per la ricostruzione Farabollini in un incontro a Camerino. Speriamo che la nuova gestione commissariale possa dare un impulso. Bisogna intervenire sugli uffici per al ricostruzione: il nostro è quello che ha le difficoltà maggiori e il numero di pratiche espletate è ridicolo». Colpa soprattutto della mancanza di personale. «L'ufficio speciale di Teramo dovrebbe avere 50 dipendenti in pianta organica», continua il sindaco, «e invece ce ne sono 29, ma solo da pochissimo perché per lungo tempo sono stati 24, meno della metà».La cosa che fa più rabbia - al sindaco, naturalmente, ma soprattutto ai cittadini coinvolti - è che la maggior parte dei danni agli edifici potrebbero essere riparati in poco tempo e con poca spesa. In certi casi basterebbe sostituire qualche tramezzo o rinforzare un solaio per rendere nuovamente abitabili gli edifici lesionati, e invece la gente continua a rimanere fuori casa e ciò che è peggio è che, stando così le cose, non è possibile prevedere di rientrarvi tempi brevi. «Dobbiamo intervenire con grande forza sulla ricostruzione leggera, cioè sugli edifici con esito B», dice ancora D'Alberto, «ci sono situazioni che potrebbero essere risolte con un paio di settimane di lavori, come molte case Ater». Già, ma come si fa con le pratiche bloccate nell'imbuto dell'Usr? «C'è l'idea», riprende il sindaco, «di spostare la fase istruttoria delle case B dagli uffici per la ricostruzione ai Comuni. Potrebbe essere una soluzione, per me va bene, ma ci devono dare il personale aggiuntivo. In città ci sono settecento pratiche di ricostruzione leggera: sarebbe impossibile portarle avanti con il personale che abbiamo». Ecco una delle "misure straordinarie" invocate da D'Alberto che potrebbe rimuovere l'impasse: i Comuni dovrebbero essere autorizzati ad assumere personale temporaneo per gestire le pratiche della ricostruzione.Ma ci sono altre questioni, secondo il sindaco, che determinano la stasi del post terremoto, a cominciare dal fatto che non viene tenuta nel debito conto la particolarità della situazione teramana e, più ingenerale, che c'è una sottovalutazione della reale situazione del cratere in Abruzzo. «Al commissario chiediamo di farsi portavoce di questa particolare esigenza: c'è la specificità di Teramo, un capoluogo di provincia con quattromila sfollati. E poi scontiamo anche il fatto che c'è una sottovalutazione da parte delle istituzioni sovraordinate della reale situazione del nostro cratere: se istituisci un ufficio speciale per la ricostruzione poi lo devi mettere in condizione di funzionare. Nell'ambito del terremoto del centro Italia, l'Abruzzo "pesa" il dieci per cento ed è da questo peso che derivano le risorse destinate alla nostra regione, risorse in termini di fondi e di personale. E poi c'è un'altra questione di fondo: l a gestione del post terremoto è nata con il sisma di Amatrice e commisurata su quel cratere. Con le successive scosse il cratere si è ampliato ma l'impianto normativo è rimasto lo stesso. È un handicap che ci portiamo dietro».

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