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Pescara, 19/04/2024
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Data: 20/04/2019
Testata giornalistica: Corriere della Sera
Conte: «Salvini premier? Aspetti. Sulle dimissioni di Siri deciderò presto». Il premier: «Il governo non solo sopravviverà, vivrà. Se vivacchiasse dovremmo trarne le conseguenze. Nessuno può sperare in ribaltamenti dei rapporti in Aula, e non sopravvaluto i sondaggi»

Deciderà dopo Pasqua sulle dimissioni del sottosegretario leghista inquisito, Armando Siri. Rivendica il ruolo del governo su Bankitalia. Invita Matteo Salvini a rimandare le ambizioni su Palazzo Chigi alla prossima legislatura. Vede un governo destinato non a sopravvivere, ma a vivere oltre le Europee. E racconta un’Italia «più centrale che mai» a livello internazionale. Il premier Giuseppe Conte promette e si augura lunga vita per la maggioranza M5S-Lega. Nonostante tutto.

Presidente, Armando Siri lascerà il governo?
«Completerò presto la valutazione e la decisione verrà adottata nei prossimi giorni».

Ma il M5S continua a chiederne le dimissioni, la Lega a difenderlo. E a lei toccherà decidere.
«Questo è un governo del cambiamento. E ho sempre cercato di rimarcare che non si tratta di una formula vuota, ma di una manifestazione programmatica per ridurre la sfiducia e il distacco dei cittadini dalle istituzioni. Dare importanza all’etica pubblica significa vincolare tutti i componenti del governo a agire con “disciplina e onore”, come pretendono la Costituzione e i cittadini. Siamo di fronte a un semplice avviso di garanzia, per accuse delle quali, allo stato, so quanto sanno tutti».

Significa che il giudizio è sospeso?
«Significa che una decisione sarà presa dopo avergli parlato nei prossimi giorni, per avere altri elementi di valutazione nel rispetto dei diritti dell’interessato, che come prima cosa ha il diritto ma anche il dovere di conferire con il suo Presidente».

Niente giustizialismo?
«Niente “ismi”. Per principio non sono né per il giustizialismo né per il garantismo, che riflettono visioni manichee. I diritti di una persona vanno rispettati, e l’etica pubblica impone di distinguere e di spiegare bene al Paese, altrimenti alimentiamo la confusione. Aggiungo anche, però, che se emergesse che Siri è stato latore di un interesse privato e non generale, sarebbe una questione grave a prescindere da dazioni e promesse di pagamento. Siamo al governo per perseguire gli interessi della comunità, non il tornaconto di singoli imprenditori».

Il problema è che la maggioranza litiga su tutto. E non si capisce se sia solo per la campagna elettorale, o se si sia rotto qualcosa.
«Era prevedibile, con le Europee alle porte, che fossero più evidenti le differenze tra le sue componenti. D’altronde, non ho mai preso in giro il Paese parlando di un esecutivo fondato sull’assoluta armonia tra forze omogenee e politicamente affini. Fin dalla gestazione, è stato frutto di un confronto reso necessario dal risultato e dal sistema elettorale, che hanno spinto forze diverse a assumersi una responsabilità condivisa. Queste differenze talvolta si manifestano in misura evidente, ma l’importante è la determinazione a superarle in vista del bene comune».

Eppure appaiono così profonde che il governo traballa.
«No, non le ritengo preclusive della possibilità di operare una sintesi efficace di governo».

Vuole dire che sopravviverà a questi scossoni e a quello delle Europee?
«Vivrà, non sopravviverà. Se dovesse solo vivacchiare, dovremmo tutti trarne le necessarie conseguenze, io per primo».

Non vede un altro esecutivo in questa legislatura?
«Francamente no. E comunque, sono prerogative che spettano al capo dello Stato. Da ex tecnico prestato alla politica, non credo che la prospettiva di un governo tecnico possa risolvere i problemi dell’Italia. Occorrono esecutivi con una connotazione politica forte. La politica deve compiere scelte rispondendo ai bisogni e realizzando gli interessi degli elettori».

Be’, dopo le Europee Matteo Salvini busserà più forte alle porte di Palazzo Chigi. Non sente il suo fiato sul collo?
«No, assolutamente».

O non lo vuole sentire? L’idea di Salvini premier crescerà con i voti della Lega.
«Salvini ha una vita davanti a sé per fare il premier, se e quando si creeranno le condizioni. Non in questa legislatura».

E se la legislatura finisse tra pochi mesi?
«Lo escludo».

Neppure per evitare una legge di bilancio durissima?
«Non credo che qualcuno andrà alle elezioni proponendo questo programma. E poi, con un sistema elettorale così proporzionale, nessuno può confidare in un ribaltamento significativo dei rapporti di forza parlamentari. Starei attento a non sopravvalutare i sondaggi».

Dopo essersi definito avvocato del popolo, ora ne fronteggia due: uno grillino e uno leghista.
«L’azione del governo è sempre stata di sintesi, e cosi sarà. Il metodo è: esaminare, approfondire e scegliere, con il bene comune come obiettivo».

Non teme di passare alla storia come il premier che ha mandato l’Italia a sbattere sull’economia?
«Ci sono segnali di ripresa, segnalati perfino da Bankitalia. Stiamo pubblicando il decreto sblocca cantieri. E martedì approveremo quello per la crescita».

Lei cita Bankitalia. Ma le designazioni dei suoi vertici sono bloccate dal governo.
«Non mettiamo le mani su Bankitalia, né vogliamo intaccarne l’autonomia. Il governo esaminerà le designazioni in Consiglio dei ministri e si riserva di valutarle usando le sue prerogative. Se però si ritiene che il governo abbia un ruolo di mero passacarte rispetto a decisioni che vanno confermate, si offre una rappresentazione sbagliata».

Risolverà anche lo scontro innescato dalla circolare di Salvini tra sindaci e prefetti?
«Il programma di governo non prevede prefetti-sceriffi. In quella circolare si ipotizzano casi limite di illegalità e degrado dei centri urbani e comunque si prevedono riunioni dei Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica a cui partecipano anche i sindaci».

A sentire lei, va tutto più o meno bene. Eppure le tensioni sono vistose. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, appare accerchiato.
«Per la questione dell’aumento dell’Iva? È stato un equivoco: certo che se non faremo nulla scatterà l’Iva. Ma adotteremo tutte le precauzioni per evitarla. I viceministri Garavaglia e Castelli stanno già operando per la revisione della spesa. Non è isolato Tria, né l’Italia a livello internazionale».

La crisi libica farebbe capire il contrario. Il presidente Usa, Donald Trump vi appoggia o no?
«L’ho invitato per aiutarmi a perseguire una soluzione politica. L’opzione militare, appoggiata anche da esponenti della comunità internazionale, ha fallito».

Il fallimento coinvolge anche la Francia? Si fida della Francia?
«Mi fido dell’Italia. E sulla Libia si è visto che avevamo ragione, perché parliamo con tutti gli attori libici e dello scacchiere mediterraneo. Anche sul Venezuela ci hanno criticato, e invece le cose vanno nella nostra direzione».

Veramente all’inizio sembravate appoggiare il regime di Nicolás Maduro.
«Mai come governo. E non a caso ora conduciamo una mediazione a favore del dialogo con la Santa Sede, appoggiata dagli Stati Uniti. Siamo con il popolo venezuelano che in parte è di origini italiane, e abbiamo sempre chiesto elezioni presidenziali credibili e trasparenti».

Lei dà all’Italia una centralità che si fatica a vedere.
«Eppure, siamo più centrali che mai. E vedrà che presto dovranno riconoscerlo tutti, anche i più prevenuti».

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