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Pescara, 19/04/2024
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Data: 16/04/2009
Testata giornalistica: Il Messaggero
allegato: LEGGI L'ARTICOLO
Riforma dei contratti - Parte la riforma ma senza la Cgil. Il leader della confederazione di corso d'Italia non firma e consegna una lettera alla Marcegaglia (vedi allegato). Il presidente di Confindustria: speriamo ci ripensi

Epifani: «L'accordo divide i lavoratori». Cisl, Uil e Ugl: «Ora avanti anche da soli»

ROMA La firma di Emma Marcegaglia, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, e Renata Polverini sulla riforma dei contratti è arrivata puntuale alle 20 di ieri sera. Più precisamente, con un'ora di ritardo sulla tabella fissata dal cerimoniale. Nessuna sorpresa. E nessuna sorpresa neppure da Guglielmo Epifani che, alla foresteria di Confindustria, si è presentato, ma soltanto per ribadire il «no» suo e della Cgil all'intesa. Le ragioni le ha elencate, in dettaglio, in una lettera che ha consegnato personalmente al presidente di Confindustria facendo presente che la riforma è stata bocciata dal 97% dei lavoratori con un referendum promosso dalla stessa Cgil. Poi le ha spiegate, in sintesi, ai giornalisti: «L'accordo è un errore. Divide i lavoratori e i sindacati mentre la crisi richiede unità e mette gli stessi lavoratori in una situazione di difficoltà e debolezza. E' un accordo, inoltre, che riduce gli spazi contrattuali e non innova. Fa sì che il contratto nazionale non recuperi mai del tutto l'inflazione reale».
«Siamo dispiaciuti - ha replicato Emma Marcegaglia - perchè fino all'ultimo abbiamo cercato di fare il possibile per avere la Cgil al tavolo. Speriamo ci ripensi. Certo questo non è il momento dei conflitti, ma di fissare regole che evitino il far West». Per Bonanni «ora la confusione è finita. Mi pare che nessuno abbia rifiutato i soldi, anche quelli della Cgil. E poi non è la prima volta che la Cgil non firma, è accaduto anche nel commercio e mi pare che l'accordo funzioni. E' il primo accordo interconfederale dopo 15 anni e noi non potevamo perdere altro tempo». Secondo Angeletti «Cisl e Uil sono maggioranza dappertutto e quindi si può andare avanti anche senza la Cgil. Non è più possibile aspettare perchè sarebbe un grave danno per i lavoratori. E poi dov'è la novità? Il no la Cgil l'ha detto già quando era in vigore il vecchio contratto. La vera novità sarebbe stato un accordo unitario». Anche per Renata Polverini «si tratta di una buona intesa, del resto non più rinviabile anche se la mancata firma della Cgil potrà complicare le trattative sui rinnovi dei contratti. Però abbiamo dato certezze ai lavoratori che con il nuovo sistema potranno guadagnare mediamente due punti percentuali sulle retribuzioni».
L'intesa sancisce e ufficializza - se ve ne fosse stato ancora bisogno - la spaccatura fra le organizzazioni sindacali. Ognuno per la propria strada. Inevitabilmente sarà così e si comincerà a vedere al tavolo delle trattative per i prossimi rinnovi contrattuali allorchè verosimilmente le varie sigle presenteranno due, se non tre o più, piattaforme negoziali. Perchè nel frattempo il modello del '93 sarà trasmesso ai posteri ed entreranno in vigore le nuove norme. Seppure in via sperimentale: quattro anni.
Nella sostanza, viene allargata e potenziata l'area del secondo livello con aumenti salariali legati alla produttività; il costo della vita sarà valutato non più in base al parametro dell'inflazione programmata ma su un indice depurato dai costi dei prodotti energetici importati; la durata degli accordi nazionali e di secondo livello non sarà più di quattro anni (due per la parte economica) ma di tre; la copertura dei nuovi contratti partirà dal giorno di scadenza di quelli scaduti; una serie di meccanismi per sviluppare la bilateralità; la definizione di norme più attendibili per la certificazione della rappresentatività delle varie organizzazioni. Ma, in soldoni, cosa produrrà l'accordo? Secondo stime di Confindustria aumenti salariali, nel triennio 2009-2011, di 2.523 euro. Cifra contestata dalla Cgil che, invece, sostiene che se il nuovo sistema contrattuale fosse stato applicato agli ultimi quattro anni, 2004-2008, avrebbe tagliato mediamente di 1.352 euro le buste paga dei lavoratori.

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