ROMA Sono le pensioni d'anzianità la vera anomalia italiana. E da qui, ancora una volta, si cerca di ripartire. Nel tentativo di convincere la Lega, torna sul tavolo l'ipotesi che i lumbard accettarono quando Bobo Maroni era ministro del Lavoro. E cioè quella di fissare a 62 anni l'età minima per la pensione anticipata. Solo che non si partirebbe nel 2014, come stabilì nel 2008 la legge Maroni, ma nel 2012, quindi direttamente dal prossimo anno.
La proposta, se riuscirà a passare, accelererà di fatto tutto il sistema delle quote. Attualmente, chi ha 40 anni di contributi versati può andare in pensione a qualsiasi età. Per tutti gli altri, l'età della pensione è fissata a 65 anni (più 12 mesi per la finestra d'uscita: quindi sostanzialmente a 66 anni). Chi, però, ha versato 35 anni di contributi e ha compiuto 61 anni (o 36 più 60) può andare in pensione anticipatamente. E' la quota 96 che resterà in vigore fino al 31 dicembre del prossimo anno a meno che, appunto, il governo non inverta la rotta sulla spinta delle pressioni che arrivano da Bruxelles.
Si discute allora, nella sostanza, se e come anticipare il sistema di innalzamento graduale dell'età. Di un'accelerazione del sistema delle quote si era parlato anche questa estate. Arrivare a quota 97 (62 anni più 35 di contributi) dal 2012 significherebbe anticipare di un anno la tabella di marcia. Ma significherebbe, soprattutto, introdurre il principio che anche con 40 anni di contributi versati occorrono 62 anni di età per andare in pensione. E questo è più difficile che passi. Stringendo al massimo il sistema delle quote, si potrebbe arrivare a quota 98 nel 2013 e quota 99 nel 2014. Per poi arrivare a quota 100 (65 anni di età e 35 di contributi) nel 2015, dando la definitiva spallata alle pensioni d'anzianità.
I benefici sarebbero notevoli. Si tratta di oltre 3 miliardi risparmiati nel periodo fino al 2015 che potrebbero venire destinati alla crescita. Ma soprattutto, si realizzerebbe un risparmio strutturale, dal 2016, quantificabile intorno a 1,8-2 miliardi l'anno.
In nessun altro Paese europeo o anche extra-Ue è infatti previsto un sistema così generoso che ammette il diritto ad andare in pensione prima di aver compiuto l'età legale. Età che tutti i Paesi europei stanno alzando per risanare i conti pubblici, Italia compresa, come dimostra la tabella qui sotto. E lo stesso Berlusconi ha parlato di arrivare a 67 anni sul modello tedesco. Certo, ci sono le eccezioni: in caso di invalidità, per esempio; ma si tratta di condizioni specifiche, ben delimitate e accompagnate generalmente da penalizzazioni sull'assegno percepito. Oggi invece, in Italia si va in pensione ad una media effettiva di 61,1 anni per gli uomini e 58,7 per le donne. La media Ocse è, rispettivamente a 63,9 e 62,4 anni, in Francia si è sotto la soglia del 60 ma le penalizzazioni per l'uscita anticipata sono consistenti.
In Italia circa la metà delle nuove pensioni liquidate è di anzianità con un'età media di 58,5 anni per gli uomini e di 57,5 per le donne. Vuol dire che c'è ancora chi riesce ad andare in pensione a 56 anni mentre l'età media della vecchiaia ha superato nel 2010, i 65 anni (65,4) per gli uomini e i 60 (60,8) per le donne. Vuol dire, a ben guardare i dati Istat, che esistono oltre 1.750.000 pensionati di età compresa tra i 45 e i 55 anni (dati 2008) per non parlare dei baby pensionati degli anni '60. Anche di loro si è parlato, in questi mesi, quando si è trattato di raschiare il barile per la manovra estiva con la quale si è anticipato al 2013 il pareggio di bilancio. Ma si tratta di diritti acquisiti e toccarli rischia di provocare un contenzioso. L'altra questione, ancora aperta, è quella dell'accelerazione dell'innalzamento a 65 anni dell'età per le donne del settore privato. Ci si arriverà nel 2026. Ma si potrebbero stringere i tempi.