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Pescara, 19/12/2025
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Data: 01/11/2012
Testata giornalistica: Il Tempo d'Abruzzo
Gli sconfitti non si arrendono «Ricorreremo alla Consulta». Il senatore Di Stefano: il decreto va modificato. Il sindaco di Teramo pronto a marciare su Roma

PESCARA «Abbiamo perso il primo round, adesso la battaglia si sposta in Parlamento»: così il sindaco Umberto Di Primio ha commentato la decisione del Governo di accorpare le province di Chieti e Pescara. Di rientro da Roma, dove aveva iniziato lo sciopero della fame prima di incontrare il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi, il primo cittadino non è apparso rassegnato: «Credo di aver fatto tutto il possibile per la mia provincia, adesso i parlamentari abruzzesi si diano una svegliata». E il senatore Fabrizio Di Stefano ha subito promesso battaglia: «Nel passaggio di conversione del decreto cercherò, raccordandomi anche con i colleghi di altre regioni , di fare fronte comune, affinchè possa essere modificato, salvaguardando quelle province che hanno i requisiti per restare tali. Sto ad ogni modo valutando anche altre iniziative. Qualora il Governo intendesse porre l'ennesima fiducia sul provvedimento, non troverà il mio assenso». La decisione assunta a Roma offre invece il destro al Pd per attaccare il presidente della Regione e il sindaco di Teramo. «Una risata da Roma ha sepolto la buffonata votata dal Consiglio regionale - ha affermato il capogruppo del Pd Camillo D'Alessandro -. Una non decisione tipica di un non presidente è durata una decina di giorni. Ora Gianni Chiodi e Maurizio Brucchi, che hanno ingannato innazitutto i teramani e poi tutti gli abruzzesi, si dimettano e vadano a casa». Il sindaco Brucchi non raccoglie però l’invito e anzi rilancia: «Se fino ad oggi lo slogan era "tutti a L'Aquila" da adesso diventa "tutti a Roma"». Ubi major minor cessat, ha commentato con una punta di sarcasmo il movimento «Pescara Capoluogo d'Abruzzo». «Il sindaco teatino torna a casa a mani vuote dopo lo sciopero della fame più breve della storia - ha scritto su Facebook il leader del movimento biancazzurro, Roberto Santuccione -. Non è bastato un cartello al collo e saltare un paio di pasti, per bypassare Pescara nel riordino delle province». Per il presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano «ora ci attende una sfida ancora più importante: ridisegnare un Abruzzo moderno e competitivo. Compito delle istituzioni locali sarà quello di condividere un progetto per ridistribuire sul territorio servizi e opportunità di sviluppo». Grande soddisfazione è stata espressa anche dal presidente di Confindustria L'Aquila, Fabio Spinosa Pingue. «E’ solo il primo passo - ha dichiarato - verso una Regione virtuosa, che deve diventare un unicum, magari anche attraverso una fusione dei Comuni, e che dovrà avere una pubblica amministrazione più efficiente, non autoreferenziale e autenticamente funzionale allo sviluppo del territorio». Umori del tutto opposti sono quelli dei presidenti delle due Province soppresse, il teramano Valter Catarra e il teatino Enrico Di Giuseppantonio. «Una confusione pazzesca, in puro stile Governo Monti. Tecnici che nel chiuso delle loro stanze, senza conoscere l’Italia nella sua essenza istituzionale, rappresentata da un’architettura territoriale di enti locali, prendono decisioni contraddittorie e con il rischio di innescare effetti paradossali», è stato l’amaro commento di Catarra. Gli ha fatto eco Di Giuseppantonio: «La Provincia Chieti subisce la più grande ingiustizia perché è l'unica ad avere i requisiti fissati dal Governo», ha asserito Di Giuseppantonio, che ha auspicato un intervento in sede parlamentare. Soddisfatto invece il presidente dela Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo, che presiede anche il Consiglio delle Autonomie Locali, la cui proposta di riordino è stata poi adottata dal Governo. «Una conferma decisiva, che attesta la valenza dei lavori del Cal - ha dichiarato Del Corvo -. Un risultato che ha tenuto conto dei pareri di tutti i protagonisti del territorio e che ha evidentemente trovato il pieno consenso, durante la seduta del Consiglio dei Ministri. Una soluzione che nasce dalle caratteristiche geografiche, economiche e sociali di due comprensori che presentano delle analogie, e che unite possono fare leva sullo sviluppo e la valorizzazione della nostra terra». Ha contestato invece la scelta di Palazzo Chigi il presidente della Provincia di Isernia, Luigi Mazzuto. «Il governo ha salvato le province di Sondrio e Belluno perché territorio montano. E la provincia di Isernia com’è? Marittima? Forse hanno preso una svista - ha commentato -. Il governo Monti prima va a casa e meglio è. Fa distinzione tra le montagne del Nord e quelle del Sud. Che confusione! Siamo di fronte all’azzeramento, alla cancellazione della storia del Molise. I nostri parlamentari non possono prendersi la responsabilità di convertire in legge questo decreto, che è l’omicidio della democrazia rappresentativa. Comunque non sono scoraggiato. Andremo avanti. Tre settimane fa la Regione ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro la decisione anticostituzionale di sopprimere la Provincia di Isernia. Tra qualche giorno presenteremo anche il nostro ricorso». «Il provvedimento del Governo può essere un primo passo - ha detto invece il consigliere regionale del Partito Democratico Michele Petraroia -, adesso bisogna recuperare efficienza e risparmiare risorse da investire per garantire maggiori servizi ai cittadini. Va bene anche una sola provincia, purché non venga svuotata del suo ruolo e delle sue funzioni sul territorio».

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