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Pescara, 19/12/2025
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Data: 01/11/2012
Testata giornalistica: Il Messaggero
La disoccupazione al 10,8% quasi 3 milioni senza impiego

I giovani sono al 35,1%. Non accadeva da venti anni

ROMA Un settembre nero. Il tasso di disoccupazione continua a inanellare record su record. E non è detto che l’ultima, impressionante fotografia scattata dall’Istat non debba essere ritoccata ancora in negativo nell’immediato futuro. Tutt’altro. Quasi 2,8 milioni il numero dei senza lavoro: il livello più alto dal gennaio 2004, cioè dall’avvio del conteggio dei dati mensili, ma addirittura dal 1992 con l’inizio dei dati sul trimestre. In pratica da venti anni.
Altro record, in un mese sono andati persi 62.000 posti; in un anno ben 554.000. Quasi esclusivamente tra i lavoratori maschi. Un peggioramento che, a settembre, ha portato il livello di disoccupazione al 10,8% con una variazione di +0,2 punti percentuali rispetto ad agosto e del +2% su base annua.
Continua a lievitare la disoccupazione giovanile che è arrivata a quota 35,1%. Come dire che più di un giovane su tre non ha un impiego e scarse speranze di trovarne a breve scadenza. Nel caso specifico il tetto è salito dell’1,3% a settembre rispetto ad agosto e del 4,7% sullo stesso periodo dello scorso anno. Risultato finale, le persone in cerca di impiego, nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, sono 608.000, cioè il 10,1% della popolazione. Neanche a dirlo, un altro record.
Secondo l’istituto di statistica, a settembre le persone senza lavoro sono risultate 2.774.000, in aumento di 62.000 unità rispetto al mese precedente. Gli occupati 22.937.000, in diminuzione dello 0,2% rispetto ad agosto (- 57.000). Il tasso pari al 56,9%: in arretramento dello 0,1% su agosto, ma stabile sull’anno.
Il numero di inattivi, compresi tra i 15 e i 64 anni, sottolinea l’Istat, è risultato sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività si è attestato al 36,3%, stabile in termini congiunturali, ma in diminuzione di 1,3 punti su base annua.
Tra i tanti record negativi ce n’è anche uno positivo. La crescita degli occupati in agricoltura. Incremento del 10,1% dei dipendenti (gli indipendenti sono al 2,9%) nel secondo trimestre di quest’anno. Il trend ha fatto registrare una crescita del 13,7% al Nord, del 3,5% al Sud, mentre si è rilevato un calo nel Centro Italia con un meno 3,2%. Coldiretti, che ha diramato i dati, spiega anche che ogni lavoratore su quattro assunti in agricoltura ha meno di 40 anni. Un segnale di un ritorno ai campi? Improbabile anche perché sono cifre che risentono dei risultati di impieghi stagionali. Più immediato immaginare che la crisi abbia suggerito a molti di tentare vecchi sbocchi occupazionali.
Non è, invece, una novità l’allarme che lanciano i sindacati. Soltanto che questa volta i numeri sono particolarmente drammatici. E la crisi generalizzata non sollecita la fantasia a pensare scenari rosei per l’immediato futuro. Il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy, non ha alcuna difficoltà a parlare di «ennesimo bollettino di guerra» e della necessità di «rispondere con politiche che vadano oltre la tutela di chi perde il lavoro». Per la Cgil serve un piano straordinario per l’occupazione. «E’ drammaticamente urgente - spiega la confederazione di corso d’Italia - fermare questa emorragia che sta riducendo strutturalmente la base occupazionale. I giovani sono le vittime principali di questo stato di crisi che le politiche di austerità determinano». Dice il leader, Raffaele Bonanni: «Per curare il male dell’Italia, bisogna rivoltare il Paese come un calzino. Si deve produrre meglio e di più, ecco perché è necessario trovare l’accordo sulla produttività, detassare i salari e restituire qualcosa ai pensionati. Un’economia in discesa provoca solo disoccupati».

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