PESCARA - Dopo la decisione, scontatissima, del Consiglio dei ministri, sul futuro delle Province abruzzesi, ridotte a due come da decisione del Cal che il Governo aveva già fatto chiaramente intendere di essere pronto ad avallare e come su queste pagine era stato più volte chiarito, è il tempo del tutti contro tutti. Invece di pensare al modo migliore per ridefinire non solo il territorio, ma la dislocazione dei vari uffici che la riduzione delle Province comporterà, i politici della nostra regione preferiscono rinfacciarsi l’un l’altro l’incertezza nell’offrire al Governo proposte alternative e l’incapacità di difendere la titolarità delle Province alle città di Chieti e Teramo. A questo si abbina la ribadita intenzione della Giunta regionale di presentare ricorso alla Consulta sulla decisione del Governo, come da mandato affidato dal Consiglio regionale al governatore Gianni Chiodi.
Non si sa su quale futuro possa sperare un simile ricorso, ma certo è che, se la gestione della riforma verrà affidata, come inevitabile dopo le elezioni di primavera, al nuovo Governo politico che rileverà quello tecnico, le speranze dei potenziali ricorrenti di riuscire a mutare il corso della riforma si rafforzeranno: anche se bisogna intendersi su quale sia la soluzione caldeggiata, quella a zero Province che Chiodi sostiene o quella salva-Chieti e Teramo chiesta dai politici delle due città. Già questo fa capire come l’uniformità del Pdl sulla «quota zero» sia già svanita: i pidiellini di Teramo e Chieti non vogliono mollare le loro Province, altro che zero. C’è chi attacca a muso duro e chi pone le questioni con garbo, come il presidente della Provincia di Pescara, Guerino Testa: «Prima che sia detta l'ultima parola sulle Province è opportuno attendere sia l'esito dei ricorsi, a partire da quelli in discussione il 6 novembre, che il passaggio in Parlamento per la conversione in legge. Resistono interrogativi sul futuro dei dipendenti e del patrimonio delle Province, e soprattutto degli enti territoriali dello Stato». Ma a Capodanno gli assessori provinciali dovranno salutare le poltrone e lasciare soli, negli enti rottamandi, gli attuali presidenti. Si spera, per Capodanno, che le idee siano più chiare e le barricate (peraltro alzate solo dai politici, non dai cittadini, che mostrano di fregarsene abbastanza della sorte delle succitate poltrone) siano state sostituite dalla voglia di ragionare attorno alla migliore soluzione per sedi e dipendenti. Dove per «migliore» si intende «sensata, funzionale, efficiente», non altro.