ROMA Riformare il sistema di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria, ovvero i ticket, in modo da renderlo più equo, trasparente e omogeneo. E soprattutto in modo da poter rendere digeribili i due miliardi aggiuntivi che dal primo gennaio 2014 andranno recuperati proprio con i ticket, secondo le disposizioni dell’ultima manovra estiva del precedente governo Berlusconi. Un pallino, fin dall’inizio del mandato che il ministro della Salute, Renato Balduzzi rilancia con una intervista al Sole 24 Ore a poche ore dal definitivo via libera al decreto sanità. La riforma, come ipotizzato dallo stesso ministro alcune settimane fa, poteva trovare posto già nella legge di stabilità ma, precisa oggi, «non necessariamente» perchè «il veicolo legislativo può essere deciso anche nel 2013, visto che la riforma scatterà nel 2014». Riforma dei ticket e Patto restano però una doppia partita tutta in salita, visto che non più tardi di qualche settimana fa le Regioni, per bocca del presidente della Conferenza Vasco Errani, si sono dette preoccupate per il contraccolpo della legge di stabilità «su sanità, istruzione e servizi sociali», perchè i nuovi tagli rischiano di compromettere la possibilità di erogare servizi. Il ministro però sente la responsabilità di cercare di arrivare a un risultato e ribadisce che «il Patto è la cornice che tiene il tutto, senza il Ssn sarebbe più debole». «Farò di tutto fino all’ultimo giorno del mio mandato - promette - per superare gli ostacoli che lo bloccano». Chiaro che non si può «imporre all’interlocutore di firmare». Ma se il Patto non ci sarà, avverte, «le responsabilità le avranno sia il livello regionale che quello nazionale». E non c’è miglior cornice di quella del Patto per ridefinire anche il sistema di compartecipazione della spesa che si basi su un modello misto «franchigia-ticket». Nei mesi scorsi alcuni consulenti dell’Agenas avevano ipotizzato un modello con una franchigia (cioè il massimo di contributo a carico del cittadino) fissata al 3 per mille del reddito, oltre la quale i servizi diventerebbero tutti a carico della sanità pubblica. Che tradotto poteva diventare un copayment di 30 euro per un pensionato con 10.000 euro di reddito, di 120 euro per un lavoratore con 40.000 euro di reddito, di 300 euro in per un professionista con 100.000 euro di reddito. Ma gli studi e le simulazioni si sono fermati prima dell’estate. Il che non esclude che ci stiano continuando a lavorare i tecnici del ministero.