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Data: 02/11/2012
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Province, pronti al dialogo ma basta campanilismi» Cancellieri: nessun licenziamento, cambiano gli assetti

ROMA - La foto di Anna Maria Cancellieri che mostra la nuova carta geopolitica d’Italia, sfrondata per decreto di 35 Province e ridisegnata a colori con nuovi accorpamenti territoriali in vigore dal primo gennaio 2013, è diventata subito l’icona di quella che il ministro dell’Interno e il suo collega della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, considerano una svolta storica e un «processo irreversibile». Quel che è certo è che la mappa della Penisola ridefinita può costituire una sfida al ceto politico impegnato negli ultimi giorni a frenare i tagli alla spesa pubblica e dunque la battaglia è soltanto all’inizio e si tratterà anche di vedere come reagiranno, per ora sono sul piede di guerra tra campanili, le Province finite sotto le forbici del governo.
Ministro Cancellieri, da Pisa-Livorno a Modena-Reggio a tanti altri casi di contese territoriali che affondano nel passato più remoto e nella cultura più ancestrale, non teme che adesso si rivolterà l’Italia contro di voi?
«Vedremo che cosa accadrà. Quello che so è che, insieme a Patroni Griffi e agli enti territoriali intervenuti con le loro proposte in questo processo di razionalizzazione e accorpamento delle Province, ci siamo mossi non con una scelta dall’alto ma di condivisione con chi ha voluto discutere questa riforma. Non c’è stata un’azione dello Stato dall’alto, ma un metodo di decisione di tipo orizzontale».
Questo basterà a placare Varese che si appella al Tar, il Molise che ricorre alla Corte Costituzionale, Frosinone che grida «noi mai con Latina» nel Lazio che perde due Province su cinque?
«In un quadro di dialogo ad ampio raggio, di tutti con tutti e alla luce dei cambiamenti che sono intervenuti nella società in questi secoli io credo che sia venuto il momento in cui i campanilismi possano essere superati. Senza forzature, naturalmente, e ascoltando ogni proposta. In questa riforma del governo, per la quale bisogna ringraziare anzitutto Patroni Griffi per l’impegno e per l’energia che vi ha dedicato e che continuerà per gli altri provvedimenti che seguiranno, ci potranno essere dei correttivi. Noi comunque ci siamo dati delle regole, perchè bisognava essere oggettivi di fronte a un tema così delicato che tocca la sensibilità e l’anima dei cittadini, i quali sono giustamente affezionati ai propri campanili e alla storia dei loro territori».
Quali regole vi siete dati?
«Quelle che ancorano la razionalizzazione delle Province sulla base del numero di abitanti. Con due sole eccezioni: Belluno e Sondrio, due province montane. Per quelle due popolazioni, scendere ogni volta a valle per recarsi in un ufficio pubblico sarebbe stato un problema e appesantiva la qualità della vita di quei cittadini visto che i collegamenti non sono facili, specialmente durante l’inverno».
Ma ogni territorio è convinto di avere specificità che lo possano esentare dalle regole generali. Non crede?
«Al di là delle specificità locali, io credo che in generale fosse venuto il momento per un grande cambiamento dettato proprio dalla storia. Quando vennero istituite le Province, dopo l’Unità d’Italia, erano state disegnate sulla base del tempo di percorrenza a cavallo tra una città e l’altra. I tempi sono cambiati, così come i mezzi di locomozione e di comunicazione, e la distanza che percorrevi a cavallo per andare da una città a un’altra adesso la percorri in auto, in treno e via Internet. Basta questo a far capire che l’organizzazione territoriale che esistita finora andava messa al passo con i tempi cambiati. C’erano le carrozze, adesso c’è il web».
Ci saranno licenziamenti?
«Ci saranno risparmi, non licenziamenti. Il personale verrà assorbito e ridistribuito nelle nuove entità territoriali accorpate. Resteranno, come commissari delle Province, i vecchi presidenti».
Che remeranno ovviamente contro la riforma, cercando di mandarla - siamo pur sempre in Italia - in cavalleria?
«Non potranno farlo. Avranno un cronoprogramma da seguire rigorosamente. Stabiliamo date entro le quali dovranno avviare la riforma e se non lo faranno manderemo al posto di chi non si è attenuto ai tempi i commissari designati dal governo».
A quanto ammonta il risparmio?
«Le cifre esatte le sapremo in corso d’opera, ciò che è certo è che tra prefetture, direzioni provinciali, questure, motorizzazione civile e altri enti, questa riforma permette un ingente recupero di fondi. Ogni ufficio ha un costo: di personale, di locazione degli spazi, di funzionamento delle cose. Già risparmiare su questo è importante. E poi, altra voce di risparmio, le elezioni saranno di secondo livello. Ossia i nuovi rappresentanti provinciali verranno eletti dai sindaci. Prima si voterà per i comuni, e poi dentro i consigli comunali si sceglieranno i membri delle Province che sono pochi e ci sarà per loro il divieto di cumulare gli stipendi».
Le città metropolitane, come Roma o Milano, che poteri avranno?
«Quelli delle Province soppresse. Ma la riorganizzazione riguarda tanti e diversi ambiti. Andranno riorganizzati gli uffici periferici dello Stato. Garantiremo, per quanto riguarda le Prefetture, le Questure, i comandi dei Carabinieri e via dicendo, i presidi territoriali di sicurezza. Alle Prefetture delle Province, faranno riferimento tutti gli uffici locali dello Stato».
Ma non era meglio l’abolizione totale delle Province?
«E’ stato l’ultimo governo Berlusconi a prendere l’impegno di avviare la riforma di questi enti, che ci è stata chiesta anche dall’Europa nella famosa lettera dell’estate 2011. Noi potevamo imboccare due strade: o la soppressione totale oppure la riduzione con accorpamento. Abbiamo scelto la seconda opzione, anche per non appesantire le Regioni e alleggerendo quegli enti che sono le Province. Già alla Camera c’erano disegni di legge avviati, contenenti indicazioni tecniche utili per il nostro intervento».
Per la Regione Lazio, ministro, quando si vota: il 27 gennaio?
«Le elezioni le convoca, per legge, il presidente della Regione, cioè Renata Polverini. Io posso dire che prima della fine dell’anno, non c’è il tempo tecnico per fare le revisioni dinamiche delle liste elettorali. Complessivamente le operazione richiedono 45 giorni e poi si può partire ma dopo una serie di atti che richiedono altri giorni. Il 16 dicembre non ce la facciamo con i tempi. Il 23 è praticamente Natale, il 30 è Capodanno. Altra domenica utile sarebbe quella del 13 gennaio, ma significherebbe dire ai candidati di andare a fare campagna elettorale sotto l’Albero o insieme alla befana».
E che male ci sarebbe?
«Sarebbe assurdo anche perchè bisognerebbe chiedere agli uffici elettorali e alla macchina organizzativa di lavorare anche durante le festività».
Quindi il 27 gennaio, però è il Giorno della memoria?
«Questo è un problema. Gli incontri per decidere la data saranno numerosi e dobbiamo cominciare a farli subito. Io vorrei anche incontrare la comunità ebraica per sapere che cosa ne pensano. Ogni scelta dovrà essere il più possibile partecipata. Ho visto comunque interessanti dichiarazioni di apertura, da parte di Polverini, per il voto a gennaio. Di sicuro, le tre Regioni in questione, Lazio, Lombardia e Molise, voteranno nello stesso giorno».
Esclude l’election day ad aprile, accorpando le elezioni regionali e quelle politiche?
«Sarebbe un risparmio di almeno cento milioni di euro. Però si ritarderebbe la questione politicamente fondamentale di dare al più presto la parola agli elettori di queste tre Regioni. Per me e per il governo, questo discorso attiene alla giusta fisiologia della democrazia. La nostra azione è sempre stata animata dalla volontà di rispettare i cittadini e di riconnetterli con le istituzioni: e il momento del voto è l’espressione più alta per questo modo di pensare».
Intanto, la legge anti-corruzione è stato un bel colpo per il governo oppure si poteva fare meglio?
«Tutto è perfettibile. Ma quello in cui tanto si è impegnata il ministro Paola Severino è stato indiscutibilmente un successo. Ora bisogna fare le regole dell’incandidabilità».
Sarà incandidabile anche chi è stato condannato in primo grado?
«Sono allo studio in generale le regole dell’incandidabilità, sulle quali però non è il momento di soffermarsi perchè andranno ancora precisate e condivise».
Può anticipare almeno una di queste regole per avere liste pulite?
«Il Viminale ha preparato un documento, lo stiamo esaminando con i ministri Severino e Patroni Griffi e appena è ultimato lo presenteremo».
Per voi i partiti in campagna elettorale, tra guerra alla legge di stabilità e i freni ad altre riforme e forse pure a quelle delle Province, sono un problema?
«Per ora non ci hanno dato grandi problemi e ci hanno sostenuto. Confido nella loro lealtà».
Finirete la legislatura?
«Non lo deve chiedere a me. Ciò attiene alla sfera della politica e della sua responsabilità».
C’è chi parla, a proposito dell’azione di governo, di macelleria sociale e in effetti di piazze tumultuanti ce ne sono.
«Nessuna macelleria sociale. Stiamo soltanto facendo delle scelte dolorose e imposte dalla necessità di dovere procedere comunque. La Spagna e la Grecia sono due esempi da guardare bene perchè ci possono indicare le due vie da non imboccare. Qui in Italia è stato fatto lo sforzo massimo per coniugare rigore e solidarietà. Potemmo avere fatto degli errori, però rivendico in pieno l’onestà intellettuale e il rigore morale che sono alla base delle nostre azioni. La situazione, dal punto di vista delle tensioni sociali, è delicata. Io però ho grande fiducia nel popolo italiano che ha sempre capito la gravità delle situazioni e reagito nel miglior modo possibile. A mio modo di vedere, e per quanto mi riguarda, nessuno sta soffiando troppo sul fuoco».

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