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Pescara, 19/12/2025
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Data: 02/11/2012
Testata giornalistica: Il Messaggero
Città in rivolta, Frosinone: mai con Latina. Dopo gli accorpamenti monta la protesta. Novara chiede l’annessione alla Lombardia

MILANO - Il presidente Diego Sozzani ha la soluzione in tasca: «Chiederemo l’annessione alla Lombardia». Significa che la Provincia di Novara vuole attraversare il Ticino e abbandonare il Piemonte al suo destino. Dice, Sozzani, che la sua è un’azione di contrasto al riordino delle amministrazioni provinciali messo in cantiere dal governo. Non si capisce che razza di protesta sia la richiesta di cambiar regione, ma forse è solo la scusa per guadagnare popolarità lucrando sui sentimenti dei novaresi che coi sabaudi non si sono mai presi bene: «Siamo più milanesi che torinesi».
Per le stesse misteriose ragioni ora anche qualche piacentino vorrebbe guadare il Po e passare con la Lombardia. Perché niente può fermare il vento impetuoso del campanilismo, e i tecnici che stanno a Palazzo Chigi non immaginano in che ginepraio si son ficcati riducendo le Province da 86 a 51. Non è solo questione di poltrone da salvare, ma anche di rancori paesani da sedare per cui a Matera, per esempio, i comitati civici hanno già indetto una manifestazione per «salvare la nostra identità, no all’annessione a Potenza». Adesioni alle stelle.
Per la serie abolite le Province ma non la mia, accade che le stesse persone scese in piazza per dirne quattro ai «costi della politica» o per invocare l’abolizione degli «enti inutili», adesso ostentano magliette decorate da slogan che testimoniano ben altro spirito: «Mai con Latina» (a Frosinone) o «Meglio morti che livornesi» (a Pisa). Oppure accade che un leghista di Belluno (Matteo Toscani) gioisca perché il governo ha salvato la sua amministrazione mentre una leghista padovana (Paola Goisis) s’avventa inferocita contro la scelta di accorpare Treviso a Padova.
Lo stesso accade dappertutto, in ogni partito e in ogni contrada, al nord come al sud, in un florilegio di indipendentismi strapaesani, autonomismi condominiali, xenofobie da cortile. Con l’interessatissima complicità di presidenti e assessori e consiglieri che sperano di conservare il posto aizzando rivalità mai sopite. Cosicché quelli di Chieti, dotti e aristocratici a loro dire, non vogliono fondersi coi pescaresi; Modena e Reggio Emilia vogliono continuare a detestarsi come fanno da secoli; Pisa e Livorno vogliono continuare a essere Pisa e Livorno.
I presidenti di Provincia più avveduti, fiutando l’aria, un mesetto fa si erano dimessi per potersi candidare al Parlamento nelle prossime elezioni. Lo avevano fatto per esempio ad Asti e a Biella, a Napoli e a Salerno. Quelli rimasti al loro posto ora guidano la protesta montante e brandiscono parole grosse: «Avellino con Benevento? Una cosa devastante» per Cosimo Sibilia, presidente della provincia irpina. «Di fronte a questa ingiustizia i brianzoli non si arrenderanno» giura Dario Allevi, presidente di Monza che dovrebbe tornare sotto Milano.
Il suo omologo di Teramo strepita: «Ora si marcia su Roma». Quello di Torino è apocalittico: «E’ un attacco alla democrazia». Ma i più caldi sono i pratesi. Hanno impiegato secoli per liberarsi dai lacci di Firenze, e ora Monti dopo appena vent’anni gli dice che devono tornare sotto il giogo dei nemici millenari. Il sindaco di Prato - ormai icona di questa rivolta dei campanili - s’è fatto intervistare seduto su un water; i leghisti del luogo hanno proclamato: «Mai con Firenze»; e il consiglio provinciale, solitamente assai lento nel deliberare, ha già approvato un documento all’unanimità: «Respingiamo...» eccetera eccetera.
Per non parlare dei presidenti di montagna. S’era detto che sarebbero state salvate le province con buona parte del territorio in altura. Infatti Sondrio sopravvive alla mannaia, e così pure Belluno. Ma il presidente di Isernia, tal Mazzuto, alza il dito accecato dalla rabbia: «Non ci sto». Sostiene che pure la sua amata provincia sia per lo più montuosa e dice di averne le prove inconfutabili: «A Isernia non c’è mica il mare!». Neanche a Mantova, se è per questo.

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