La cassa integrazione guadagni (Cig) è un istituto previsto dalla legge italiana, consistente in una prestazione economica erogata dall’Inps (con risorse della stessa in caso di Cig ordinaria; con risorse del Ministero del Welfare in caso di Cig straordinaria) in favore dei lavoratori sospesi dall’obbligo di eseguire la prestazione lavorativa o che lavorano a orario ridotto. Per il datore di lavoro c’è da pagare la quota Inail in base all’utilizzo dei lavoratori. Per utilizzo pari a zero ore si paga quella minima. La motivazione legislativa è quella di venire incontro alle aziende che si trovino in momentanea difficoltà, sgravandole in parte dei costi della manodopera temporaneamente non utilizzata. La Cig ordinaria è attivabile a fronte di eventi transitori non imputabili all’imprenditore o agli operai, come una crisi temporanea di mercato. La durata massima della Cigo è di 52 settimane; nel biennio mobile è di 13 settimane consecutive prorogabili ad ulteriori 13.
di Loris Zamparelli wPESCARA Per pagare i contributi Inail relativi alla cassa integrazione guadagni a settanta lavoratori, che di fatto non lavorano nemmeno per un’ora, rischia di dover chiudere l’attività. È la storia di Graziano D’Agostino, presidente della cooperativa Garibaldi, un’azienda storica nata nel lontano 1946 e operante in via Raiale nel settore dei trasporti e traslochi. Il grido d’allarme di D’Agostino è rivolto all’Inail e alle istituzioni regionali, con l’assessore al Lavoro Paolo Gatti in prima linea. I problemi sorgono quando la cooperativa Garibaldi, pur non rientrando nelle modalità di cassa integrazione, nè ordinaria nè straordinaria, a causa dell’intervento dei sindacati, chiamati dall’assemblea dei lavoratori, è stata costretta a fare la richiesta per la Cig. Gli enti preposti hanno concesso la cassa integrazione guadagni per tredici settimane da diluire nel corso dell’anno. «Il problema a livello economico», spiega D’Agostino, «era relativo, anche perché nessuno era a conoscenza del pagamento delle quote Inail, si sapeva solo del 4,5% Inps a carico del lavoratore. Ho sempre insistito con i sindacati firmatari della Cig (Cisl e Cgil) dicendo che non avevo fondi per pagare eventuali costi di questi lavoratori, dal momento che la crisi ci è arrivata in modo spaventoso. Dal momento che c’è la Cig e il lavoratore è fermo, non perché l’azienda non procura lavoro o per assenze ingiustificate, l’Inail non è a conoscenza e pretende il denaro giustamente, ma sono lavoratori a Cig a zero ore e quindi a rischio infortunio zero. Dato che l’Inail non paga nulla a che pro pagare anche il minimo? Dove li prendiamo i soldi per pagare?». In questo caso la legge impone al datore di lavoro di pagare la quota minina all’Inail. I circa ottanta lavoratori della cooperativa Garibaldi costano mensilmente, tra Inps e Inail circa 120 euro a persona, per un totale di 8.400 euro, ai quali vanno aggiunte le spese per commercialista, consulente e gestione. Il problema di D’Agostino è come poter pagare o rateizzare quanto da pagare, visto che dovrebbe pretendere quote arretrate Inail e Inps a soci ormai fuori dalla cooperativa. Non risultano nemmeno sufficienti a pagare tutto i fondi conferiti dai soci nelle ultime settimane. «Ma se io non ho rischi perché il socio non lavora», si chiede D’Agostino, «per quale motivo l’Inail pretende queste somme? Se è la stessa che non paga il lavoratore? E come se io ho la patente di guida e devo pagare un’assicurazione per una macchina che non ho». La cooperativa Garibaldi ha subìto la crisi come tante altra aziende del Pescarese, per capire basta leggere alcuni dati: nel 2009 all’Agenzia delle Entrate versava circa 600 mila euro di iva annui, ora arriva solo a 40 mila euro. Una conseguenza di questa problematica è stato il blocco del Durc (documento unico regolarità contributiva) da parte dell’Inail. «I dirigenti Inail», dice D’Agostino, «mi devono spiegare perché mi hanno bloccato il Durc visto che non sono un cattivo pagatore. Come si può pretendere di ricollocare il personale o trovare nuovi appalti anche fuori Regione senza Durc. Altrimenti saremo costretti a chiudere e non pagare niente, mettendoci tutti in mobilità».