Stop and go. La strategia di Berlusconi è sempre quella: il vertice ieri sera chiuso con una situazione apparentemente d’attesa, in cui Berlusconi faceva «passà a’ nuttata» e l’indomani avrebbe tratto le conclusioni dal confronto con i suoi fedelissimi. Ma dopo le ore 22, nella testa del Cavaliere è scattato qualcosa e la tregua s’è improvvisamente trasformata in guerra. Basta Monti, basta attesa, basta trattativa, basta tutto: mi chiedono di scendere in campo e sono pronto a farlo. Per andare dove è un altro paio di maniche, ma intanto queste sirene sono sufficienti per evocare lo scenario vietnamita: una serie di trappole nella giungla della guerriglia berlusconiana dove Monti, prima o poi, dovrebbe cadere portando l’Italia a votare con il Porcellum e il Cavaliere a scendere per la sesta volta in campo, negli ultimi vent’anni. Negli Stati Uniti gli analisti della politica definirebbero questo «lo scenario peggiore», il problema è che all’orizzonte non ce n’è uno migliore. Quando un partito riunisce i suoi principali esponenti per discutere una linea politica comune e poi nel giro di poche ore ne escono almeno due versioni differenti, significa che quel partito non c’è più, che nella scacchiera c’è il re e c’è anche la regina e i due non vanno d’accordo. Mai visto niente del genere: gli alfieri che muovono contro i cavalli, le torri che si spostano in diagonale e non in verticale e orizzontale, i pedoni che tornano indietro, i cavalli che provano a fare una V al posto della L, gli scacchisti apprezzeranno. È lo stravolgimento di qualsiasi regola del gioco. Spero che la notte abbia portato realmente consiglio, che prevalga la ragionevolezza. La crisi è una brutta bestia, fa nascere mostri e soprattutto alimenta molte illusioni politiche: quel che cresce nei sondaggi può diventare un incubo per chi lo alimenta. Il centrodestra è in una gravissima crisi, nessuno s’illuda: il colpo di coda del dinosauro ci sarà. La tentazione del Cavaliere di fare una lista è comprensibile, ciò che invece è del tutto fuori dalla realtà è quella di sostituirsi a Grillo. La motosega è saldamente nelle mani del comico, come lo scettro è nelle mani di Bersani e in quelle di Berlusconi, viste le ultime mosse, non c’è niente o al massimo una primitiva clava. Sfasciare è facile, sopravvivere allo sfascio è un’impresa.