ROMA «Ora scateniamo l’inferno». Non dice così, alla maniera del Gladiatore, Berlusconi ad Alfano quando il segretario lo chiama subito dopo aver visto in tivvù le accuse di Passera all’ex premier. Ma il tono è quello della guerra e insieme è quello dell’amore. Perché la telefonata tra il presidente e il segretario è la scintilla che fa scattare tra i due un nuovo sodalizio combat e l’effetto si vede subito in Senato. Dove va in fumo un anno intero, dove la «strana maggioranza» finisce in cenere di colpo, evapora, sparisce. Dov’è? Sotto il fuoco dell’inferno. Chi tra i pidiellini stava per intervenire in aula a favore del governo, si morde la lingua. L’ex ministro Nitto Palma, che è un duro, chiama Alfano e gli chiede: «Ma davvero ci dobbiamo astenere? Ma davvero la linea è quella dello scontro?». Gli viene risposto di sì, e lui è contento. I montiani del Pdl sembrano non esistere più, spariti. Il senatore Picchetto Frattini, capogruppo in commissione Bilancio, voleva votare a favore dell’esecutivo e lo hanno bloccato. Il senatore Cursi doveva fare la dichiarazione di voto del Pdl in favore del decreto stabilità e quando è arrivato l’ordine di votare no non ha fatto più la dichiarazione. I capigruppo degli azzurri a loro volta - secondo il collega Saro, uno dei tre che hanno disobbedito all’ordine del partito - sono stati presi di sorpresa dal repentino cambio di linea e nessuno sa più bene che cosa bisogna fare.
Sandro Bondi, notoriamente un buono, ha la pelata che sembra diventata un elmetto. Berlusconi li vuole spietati. E loro lo sono anche quando cadono dalle nuvole: «Maurizio, che dobbiamo fare?», chiedono a Gasparri. Che dà indicazioni come un generale nel pieno del combattimento: «Tu resti in aula per fare il numero legale», «tu invece no, non partecipi al voto». Beppe Pisanu, il frondista o meglio l’ex, se la gode: «Sparare contro Monti è un giochino puerile. La ritorsione, per le parole di Passera e per tutto il resto, contro il governo è qualcosa di inutile». Ovvero, avranno il coraggio i berluscones a votare no alla fiducia quando Monti si ripresenterà in aula per verificare se ha ancora una maggioranza oppure no? Al momento gli hanno tolto l’ossigeno. E il profumo di liste elettorali - chi fa il duro entra, chi tentenna resta fuori dall’esercito del Cavaliere nella prossima legislatura - raddoppia l’ardore in chi ce l’ha. «Io quando nella chiama per il voto si è arrivati alla lettera P - racconta er Pinguino, ossia il senatore, ex An, Domenico Gramazio - ho sollevato un cartello con su scritto: fate votare Passera. Schifani mi ha richiamato due volte e alla terza, per non essere espulso dall’aula, ho consegnato il pezzo di carta ai commessi». E ancora er Pinguino: «Gasparri sorpreso dal cambio di linea? Macchè, lo conosco da 35 anni e non era affatto sconcertato. E’ arrivato stamattina l’ordine e noi abbiamo subito fatto partire l’avviso di sfratto». E il Ciarra, l’anziano Ciarrapico, pronostica: «Adesso un governo Pera o un governo Marini».
E’ in Senato che è cominciata la giornata più infuocata della legislatura, ovvero quella che l’ha incendiata con il rischio che le fiamme non si fermino più. Ed è a palazzo Madama, all’ora di colazione, che comincia la campagna elettorale del Cavaliere risalito in sella. Quando Gramazio espone il cartello, Passera esce dall’aula. Poi rientra. Matteoli gli grida: «Lei, signor ministro fa politica, quindi abbia il coraggio di candidarsi». Mentre i berluscones col coltello tra i denti scatenano l’inferno, prima di fare il bis a Montecitorio dove il redivivo Bossi va da D’Alema e gli dice «tocca qua» e gonfia i muscoli di un bicipite mentre Baffino glieli tasta, i montiani del Pd sembrano al colmo della letizia. Al Senato sono tanti, da Morando a Ichino, da Tonini a Ceccanti, e dicono «Il Pdl, andando contro il professore, ce lo sta regalando».
Intanto gira di mano in mano a palazzo Madama un saggio firmato con lo pseudonimo Leo Giunti - e pubblicato sulla rassegna di Astrid, rivista della tecnocrazia di sinistra - che immagina fin dal titolo: «Quale futuro per Mario Monti». Dove dopo aver esaminato le varie possibilità si arriva a indicarlo come super-ministro dell’economia: «E’ il posto suo», si esaltano i montiani democrat. Mentre gli azzurri continuano la loro insurrezione e Malan il super-berlusconiano la descrive cos: «Questa è una rivolta anti-governo che non parte dall’alto, cioè da palazzo Grazioli, ma dal basso. Tutti noi non ne possiamo più di Monti». Che oltretutto vuole perfino l’incandidabilità dei condannati nelle liste elettorali.
Ma il Pdl è davvero ridiventato una falange macedone? Non si direbbe, a giudicare da ciò che si vede alla Camera. E che in un tweet il centrista Roberto Rao sintetizza così: «Cicchitto applaudito finora dalla metà dei presenti del suo gruppo. Che sono la metà dei deputati del Pdl». E ancora: «Cicchitto parte con un insulto a Passera. Ha detto untorello, torello o porello?». Non si capisce più niente. Di Pietro, dopo aver sentito il capogruppo del Pdl che demolisce la politica di Monti, gli si rivolge: «Cicchitto, perchè non viene nell’Italia dei valori?». C’è chi ride. E c’è chi canta, parafrasando una rima di Leo Longanesi su Mussolini: «Sorge il sole, canta il gallo / Berlusconi monta a cavallo».