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Data: 07/12/2012
Testata giornalistica: Il Centro
Fuori i condannati a più di due anni

Ma solo con sentenze definitive. Varato il decreto “liste pulite”, incandidabilità anche per premier e ministri

ROMA Nella giornata più turbolenta che il governo Monti ha dovuto affrontare da un anno a questa parte, il decreto sulla incandidabilità è stato approvato in consiglio dei ministri senza “sconti”. Le richieste del Pdl di ammorbidire alcune norme sono cadute nel vuoto. Malgrado le minacce di far cadere il governo, Monti ha tirato dritto per la sua strada. Nella sostanza chi ha riportato condanne definitive a pene superiori a due anni non è candidabile, oppure decade se la sentenza definitiva arriva durante il mandato. Va da sé che le preoccupazioni del Pdl fossero quelle di Berlusconi, che corre seriamente il rischio di candidarsi, entrare in Parlamento, e poi essere sbattuto fuori in virtù delle nuove leggi se una delle sue condanne arrivasse a sentenza definitiva. Nel dettaglio sono incandidabili al Parlamento italiano ed europeo coloro che hanno riportato condanne definitive e pene superiori ai due anni per i delitti di maggiore allarme sociale, come mafia, terrorismo, tratta di persone. Coloro che hanno riportato condanne superiori a 2 anni contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione, peculato). Infine coloro che sono stati condannati a oltre due anni di reclusione per delitti non colposi per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni. Su quest’ultimo punto il ministro della Giustizia Paola Severino ha specificato che si tratta di una categoria di reati che il legislatore configura di gravità e pericolosità rilevanti per i quali è prevista la custodia cautelare. Non è stato fatto un elenco di reati – ha concluso – perché avrebbe comportato un rischio elevato di dimenticanze». Queste regole valgono anche in caso di patteggiamento della pena, ma non se è avvenuto prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina. Le nuove norme non riguardano soltanto deputati e senatori, ma si applicano anche nello svolgimento delle cariche di governo (dal premier, ai ministri, fino ai commissari straordinari di governo). L’incandidabilità non può essere inferiore a sei anni. E, a cascata, rappresentano uno sbarramento anche per chi volesse farsi eleggere negli enti locali (Regioni, Comuni, Circoscrizioni). Il ministro Patroni Griffi nella conferenza stampa subito dopo il consiglio dei ministri ha sottolineato che «il decreto è stato emanato in modo che le norme siano valide in tempo utile per le prossime elezioni politiche». Il premier Monti, alla domanda se il venir meno dell’appoggio del Pdl possa essere dipeso dal decreto liste pulite, ha tagliato corto: «Non appartiene al governo fare il processo alle intenzioni. Il lavoro in materia – si è limitato ad aggiungere – è stato fatto in costante dialogo con le forze politiche». Monti ha sottolineato che le misure varate hanno la «radice nella legge anticorruzione. Siamo ben consapevoli della grande rilevanza della materia per l’economia e la società moderna e per una vita politica trasparente e ordinata». Il decreto sarà ora trasmesso alle commissioni di Camera e Senato chiamate ad esprimere entro 60 giorni un parere «obbligatorio, ma non vincolante». Sulla base di tale parere il governo potrà decidere se apportare modifiche prima di un nuovo passaggio in consiglio dei ministri.

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