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Pescara, 19/12/2025
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Data: 10/12/2012
Testata giornalistica: Il Messaggero
La preoccupazione di Napolitano: vedremo cosa faranno i mercati «Farò le mie valutazioni tra 8 giorni». Probabili le elezioni nella seconda metà di febbraio. Fini: si può votare il 10

ROMA Preoccupato per come i mercati reagiranno alla crisi del governo Monti? «Vedremo che cosa faranno». Giorgio Napolitano allarga le braccia quando i cronisti lo interrogano dopo il concerto di Natale nella Cappella paolina del Quirinale. Nessun riferimento al lungo colloquio di sabato, nel corso del quale il premier ha preannunciato le dimissioni subito dopo l’approvazione della legge di Stabilità. «Parlerò fra otto giorni alla cerimonia per i saluti alle alte cariche, lì farò le mie valutazioni», taglia corto il capo dello Stato. E allora non mancherà un richiamo alla mancata riforma della legge elettorale. Nel corso del rinfresco, si limita a rassicurare alcuni ospiti: «Faremo tutto il necessario, fino all’ultimo giorno». In realtà Napolitano è fortemente preoccupato che una fine traumatica della legislatura possa innescare - a partire da oggi - una reazione dei mercati tale far risalire lo spread e vanificare gli sforzi condotti dal governo Monti per riacquistare fiducia e credibilità sul piano internazionale. L’impegno del presidente continua ad essere quello di non mandare tutto a picco, di favorire un’«ordinata» e «non convulsa» conclusione della legislatura. Probabilmente a questo scopo è servito anche lo scambio di idee che Napolitano ha avuto con Gianni Letta dopo il concerto.
L’ipotesi più probabile (sebbene Gianfranco Fini abbia detto che si può votare anche il 10 febbraio) è quella di un voto anticipato nella seconda metà di febbraio (ad esempio il 24) dopo l’approvazione della legge di Stabilità entro il 31 dicembre. Ciò significa dimissioni di Monti e scioglimento delle Camere nei primi giorni di gennaio. In caso di elezioni nella seconda decade di febbraio dovrebbe trascorrere circa un mese per la convocazione del nuovo Parlamento che dunque potrebbe procedere anche all’elezione del nuovo capo dello Stato, verso la fine di marzo. Se Napolitano confermasse la volontà di non essere lui a nominare il nuovo premier, egli potrebbe lasciare il Colle con qualche settimana di anticipo. Ma questi sono scenari ancora da definire.
Resta ancora alta la preoccupazione del capo dello Stato per una «road map» verso il voto che si annuncia velenosa e carica di incognite. Così come resta valido l’auspicio del presidente per un «percorso costruttivo e corretto» verso il voto. Napolitano ha espresso «comprensione» per la decisione di Monti, che ha giudicato inaccettabili le parole pronunciate da Alfano alla Camera e si è detto indisponibile a continuare - secondo il percorso che lo stesso capo dello Stato aveva individuato - per un voto il 10 marzo. Questione di giorni, si può obiettare. In realtà, lo scopo di Napolitano era quello di utilizzare quel lasso di tempo per tentare di approvare altri provvedimenti, a cominciare dalla riforma del Porcellum. Sul Colle si conviene che ci fosse il rischio di uno stravolgimento degli impegni presi dal Pdl (basti condierare òa successiva iniziativa dello stesso partito di bloccare il decreto sulle province) e che la via per il governo Monti fosse in salita. Ma è verosimile che nel colloquio di sabato Napolitano abbia chiesto al premier perché non abbia manifestato subito la propria volontà, evitando al Colle di indicare un tracciato che poi non è stato possibile seguire.Tuttavia è probabile che, se qualche incomprensione c’è stata, essa sarà ricucita al più presto.

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