Consultazione il 29 e il 30 dicembre. Bersani: cambiamo
davvero la politica in Italia.
ROMA «Chiediamo ai nostri militanti ed elettori uno sforzo eccezionale, ma noi lanciamo questa grande sfida perché vogliamo cambiarla davvero, la politica. Facciamo sul serio». Pier Luigi Bersani l’aveva detto: «Se resterà il Porcellum faremo le primarie per i parlamentari». Molti parlamentari di lungo corso avevano fatto spallucce: non si farà in tempo, il Porcellum lo vieta e così via. Ieri però è arrivata la decisione ufficiale, quella che ha seminato un discreto panico. La segreteria nazionale del Pd, allargata ai segretari regionali, si è riunita e ha deciso che le parlamentarie democratiche si faranno. Con ogni probabilità il 29 e 30 dicembre, un sabato e una domenica, se come pare le politiche si terranno il 17 febbraio. Primarie da veglione di Capodanno, si ironizza, ma una già infuocata campagna elettorale preme e i tempi stringono. Il diavolo, però, si annida, al solito, nei dettagli.
Il regolamento finale per le primarie dei parlamentari sarà infatti stabilito dalla segreteria insieme ai segretari regionali, e poi verrà ratificato, previo voto (decisivo) dalla direzione nazionale il prossimo 17 dicembre. I nodi da sciogliere sono due: platea dei votanti e deroghe per i big, quelli che, cioè, hanno già esaurito i tre mandati (15 anni in totale) previsti dallo Statuto. Paradossalmente il problema delle deroghe che ha caratterizzato la campagna per le primarie nazionali è però problema minore. Veltroni come D’Alema hanno già annunciato la loro rinuncia alla scranno da deputato, Anna Finocchiaro e Pierluigi Castagnetti hanno detto che faranno lo stesso. Resta solo un solo dubbio e riguarda Rosy Bindi. Ieri la presidente del partito ha rifiutato di rispondere a domande sulla questione, ma la deroga la chiederà di certo. Come pure la chiederà Beppe Fioroni, che già si frega le mani perché «i miei i voti ce li hanno». Inoltre Bersani imporrà una deroga alla deroga: il 20% circa dei posti verrà riservato ad «alte e illustri personalità» cui il partito non intende rinunciare. I giovani turchi (Matteo Orfini, Stefano Fassina) chiedono che questa quota non venga riservata a dirigenti Pd, ma è arduo che una tale richiesta possa passare.
Del resto, pure da Matteo Renzi è arrivato - quasi subito - il via libera, con un twett del portavoce del sindaco di Firenze, Marco Agnoletti: «La data non mi sembra felicissima ma fare le primarie per i parlamentari è la scelta giusta». Tweet che ha, tuttavia, creato un caso tutto interno alla galassia renziana. Infatti, solo poco prima, Roberto Reggi, coordinatore della campagna di Renzi alle primarie, aveva dato un’intervista di fuoco all’Huffington Post in cui bocciava secco le nuove primarie. La verità è che la guerra tra falchi e colombe, dentro i renziani, l’han vinta i secondi. Più complicato e intricato sarà individuare il meccanismo di elettorato attivo/passivo. A poter votare saranno, ovvio, gli iscritti, ma anche tutti gli elettori che si sono registrati all’Albo del centrosinistra in occasione del primo turno delle primarie nazionali, quello del 25 novembre scorso. I candidati saranno, invece, scelti dagli organismi territoriali del partito e dagli iscritti, ma come e con quali regole (numero di firme, requisiti, incompatibilità) saranno i segretari regionali a stabilirlo, e c’è già chi protesta contro il loro «strapotere». Ancora da decidere le modalità di composizione delle liste e il sistema elettorale: ci si starebbe orientando sul proporzionale per garantire una pari rappresentanza di uomini e donne, e uguale numero di vincitori.
Infine, Nichi Vendola: il leader di Sel ha deciso, sentito Bersani, di tenere le primarie di Sel lo stesso giorno e ieri ha subito lodato la scelta del Pd perché «le primarie rilegittimano la politica».