ROMA E’ finita l’epoca del posto sicuro per il parlamentare del Pd. Con la decisione di andare a primarie aperte per la scelta dei candidati, e per la loro collocazione in lista, arriva la “rivoluzione democratica” interna di Pier Luigi Bersani. Spiega Andrea Orlando, tra le giovani promesse del Pd bersaniano: «E’ una vera rivoluzione. Finisce la mediazione dei capicorrente, di fatto esautorati nella scelta dei candidati, nessuno potrà più pretendere quote o posti sicuri per sé o per i seguaci. E’ la pietra tombale al partito togliattiano, centrale e centralista, a favore del partito degli elettori e dei cittadini».
Che cosa succederà, dunque, se lunedì in direzione passeranno le regole decise e volute proprio da Bersani in persona, anche questa volta all’insaputa della nomenklatura? Accadrà che non ci saranno posti sicuri per nessuno, neanche per i capilista, una volta terreno precostituito per leader e aspiranti, capi e capetti. I capilista - 47 in tutto, 27 alla Camera quante sono le circoscrizioni elettorali, e 20 al Senato - ci saranno ovviamente, ma solo dopo lo svolgimento delle primarie, quindi anche gli aspiranti tali, i vari Franceschini, Finocchiaro, e così via, dovranno passare dalla conta interna. Quanto poi ai parlamentari che hanno superato la fatidica soglia dei quindici anni, dovranno passare da una doppia ghigliottina: prima dovranno ottenere la deroga con voto segreto in direzione, e ove mai superassero la prima soglia, dovranno poi sottoporsi al vaglio delle primarie, cioè al gradimento dei cittadini-elettori. Tra le vittime designate illustri, oltre alla super citata Rosy Bindi ci sono anche l’esperto Beppe Fioroni, il coriaceo Franco Marini, la testa d’uovo economica Enrico Morando, l’attuale capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, che però ieri ha annunciato secca: «Io non chiederò alcuna deroga». D’Alema e Veltroni non rientrano nella partita, entrambi si sono tirati fuori dalla mischia prima ancora delle primarie vinte da Bersani. Il leader vuole garantirsi gruppi parlamentari rinnovati che non remino contro se lui sarà a palazzo Chigi, potrà aiutarlo la quota di gente da far eleggere nel cosiddetto “listino”, si parla di un 10%.
Fra l’incredulo e il sorpreso, i deputati democrat si interrogavano, chiedevano lumi, capannelli si formavano e disfacevano. Beppe Fioroni incontra Massimo D’Alema e se lo prende sotto braccio a confabulare fitto. Gero Grassi, fioroniano di Terlizzi, il paese di Vendola, si imbatte in Paola Concia e la avverte: «E’ inutile che ti ripresenti in Puglia, non ti vota nessuno». Ma lei neanche lo sta a sentire. Racconta: «L’unica cosa che mi dispiace è che non potrò passare il Natale con la mia amata Riccarda, già dalla prossima settimana sarò davanti ai mercati, in giro, ovunque, a chiedere voti e preferenze, e chi si ferma».