Che cosa è il Partito popolare europeo? È la casa comune dei partiti del centrodestra del Vecchio Continente. Fondato nel 1976, si ispira alla lezione che viene dai padri fondatori dell’Europa: Robert Schuman, Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer. È il gruppo dei conservatori più rappresentato a Strasburgo con 270 seggi, è la più grande organizzazione politica d’Europa. I suoi valori sono la bussola di qualsiasi formazione che aspira a guidare un Paese nel nome del libero mercato e della solidarietà. Per queste ragioni nel giugno del 1998 Forza Italia entrò nel Ppe. Fu il traguardo di un percorso cominciato quattro anni prima, durante un incontro ad Arcore tra il Cavaliere, Pier Ferdinando Casini e il premier spagnolo Josè Maria Aznar, che ebbe un ruolo centrale, insieme al cancelliere tedesco Helmut Kohl. Stare dentro il Ppe significa appartenere al club più prestigioso della politica continentale e uscirne significa diventare marginali. Lo sa bene il Pd di Bersani che non aderisce pienamente al Partito socialista europeo e questo consente al presidente francese Hollande di sentirsi libero di elogiare Monti e dire che gli «italiani confermeranno le scelte già fatte», proprio mentre il Pd predica la discontinuità con Monti. Ecco perché Berlusconi non poteva rompere il patto che lo lega a quella famiglia politica, sarebbe stato un trauma insuperabile. Immaginare di governare un Paese come l’Italia senza alleanze internazionali e fuori da un forum di cooperazione come quello del Ppe è impossibile. Gran parte dei destini dell’Italia si decidono tra Strasburgo, Bruxelles e Francoforte. Il terzo debito pubblico del mondo e la terza economia d’Europa non si possono gestire senza un dialogo con gli altri governi e partner politici. Il Ppe serve a fissare le alleanze e gli obiettivi. La presenza di Monti al vertice di ieri ha un grande significato: non schiera il premier in una posizione partitica, ma lo colloca culturalmente dove deve stare un liberale con la sua storia. Ieri è finita la stagione del Monti «tecnico» ed è cominciata l’avventura del politico destinato a guidare un altro ciclo della nostra storia. A questo punto, al di là delle formule e delle alleanze che verranno, manca solo la candidatura del Professore. Monti ha già vinto il campionato europeo grazie al suo ruolino di marcia nel controllo del bilancio e dello spread. Quel girone del torneo è finito, ora Monti deve giocare la fase finale del campionato e fare la sua lista elettorale. La sua partita è diversa: non deve né vincere né perdere, ma cambiare.