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Pescara, 19/12/2025
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Data: 15/12/2012
Testata giornalistica: La Stampa
Trasporto e liberalizzazioni - Dopo Gtt, offerte deludenti anche per la quota di Sagat A questo punto sono rimaste due opzioni. Entrambe piuttosto dolorose e molto impopolari.

A due settimane dal 31 dicembre, spartiacque per i destini di Torino che deve rientrare nel patto di stabilità, Palazzo Civico deve scegliere: vendere sottoprezzo alcune aziende, e magari esporsi all'intervento della Corte dei Conti; oppure difendere i «gioielli di famiglia» e tentare un durissimo braccio di ferro con il governo. Per il sindaco Fassino l'alternativa è comunque seria. Non a caso, probabilmente, la decisione verrà rimandata all'inizio della prossima settimana. Il prezzo Anche l'ultima asta, per il 28 per cento dell'aeroporto di Caselle, si è chiusa con forti ribassi. Peggio del primo round, al quale il fondo F2i aveva proposto 36,4 milioni più altri 5,6 al raggiungimento di determinati obiettivi, mentre Sintonia si era fermata a 29. Entrambe le offerte erano state respinte: la prima perché soggetta a condizioni, la seconda perché troppo bassa. Al secondo round il copione si è ripetuto: Sintonia è rimasta ancorata ai 29 milioni, F2i ne ha messi sul piatto 35. Il Comune ha chiesto ai suoi advisor di valutare la consistenza della proposta del fondo amministrato da Vito Gamberale. Il responso potrebbe arrivare in poche ore e probabilmente sarà positivo: è vero che il Comune chiedeva 58,8 milioni, ma è anche vero che Caselle è un aeroporto in crisi, continua a perdere voli e passeggeri. L'incognita piuttosto, è legata alle mosse di Sintonia. La società che fa capo alla famiglia Benetton ritiene di poter esercitare ancora il diritto di prelazione riconosciuto agli attuali soci di Sagat: se l'aeroporto finirà a F2i per 35 milioni i Benetton sostengono di poter comprare quella quota per la stessa somma entro due mesi. La posizione del Comune è di segno opposto. La contesa potrebbe sfociare in un ricorso. L'incognita Il vero nodo resta il gruppo trasporti Gtt. Il Comune voleva 112,7 milioni, Trenitalia ne ha offerti appena 70. Anche in questo caso si attende una pronuncia degli advisor. Il «sì» pare meno scontato. Il valore di Gtt è ben più alto e le modifiche allo statuto - varate dal Comune in corso d'opera proprio per venire incontro alle richieste di Trenitalia, e tra l'altro passibili di ricorso - avrebbero dovuto farlo ulteriormente lievitare. La proposta del gruppo ferroviario è stata vissuta come un affronto, senza contare che dietro l'angolo c'è il ricorso di Arriva, altra società interessata, che ritiene di essere stata danneggiata. Palazzo Civico, però, ha estremo bisogno di incassare entro fine mese. Un soccorso da Roma E' per questa ragione che da ieri gli occhi sono puntati su Roma. All'inizio della prossima settimana la legge di stabiltà approderà al Senato. E quattro parlamentari piemontesi Mauro Marino e Pietro Marcenaro per il Pd, Aldo Scarabosio e Gilberto Pichetto Fratin per il Pdl - si stanno spendendo per inserire un emendamento «salva Torino»: per i comuni che stanno concludendo procedure di vendita delle proprie aziende ma non hanno ancora incassato i compensi la tagliola del patto di stabilità scatterebbe il 28 febbraio anziché il 31 dicembre. A oggi manca la copertura finanziaria del provvedimento che se approvato non darebbe a Torino il tempo per indire una nuova gara per Gtt, ma forse quache margine in più per trattare con Trenitalia e soprattutto due emsi in più per incassare i soldi. Nei bandi di gara la clausola era chiara: i versamenti vanno fatti entro il 21 dicembre o comunque non oltre fine anno. Ma le regole del gioco, in questo momento, le stanno dettando gli acquirenti. Con l'acqua alla gola In questi giorni se ne è avuta prova. Dopo la cessione di Trm e Amiat, avvenuta a cifre in linea con le richieste, con Gtt e Sagat il tracollo è stato verticale. Il Comune dalle sue quattro partecipate puntava a ottenere 345 milioni. A oggi ne incasserà quasi cento in meno. E per non sforare il patto di stabilità - servono 280 milioni - sarà costretto a operazioni straordinarie. Quattro parlamentari arruolati per l'emendamento «salva Torino»

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