Il vero spread, quello che rischia di avvelenare la nostra vita di tutti i giorni, non è la differenza tra i titoli di Stato italiani e tedeschi. Ce n’è uno non finanziario, ma molto più reale e vicino a tutti noi: riguarda l’enorme diseguaglianza che si sta creando, anche in Abruzzo, tra chi ha di più e chi non ha nulla o quasi. Non è vero, come qualcuno dice, che in giro non ci sono più soldi: i quattrini ci sono, ma tendono sempre di più a concentrarsi nelle mani di chi già ne ha, mentre i più poveri sono sempre più indigenti. La Banca d’Italia ci fa sapere che ormai la metà della ricchezza nazionale è in mano a un 10% di privilegiati, un dato che la crisi non fa altro che dilatare di mese in mese. Sull’altro fronte si assottigliano le risorse della metà più povere della popolazione: in Abruzzo ormai ci sono circa 150 mila persone che non sanno come arrivare a fine mese. E spesso sono le famiglie più numerose, con bambini che rischiano di crescere tra privazioni che sembravano un ricordo di altri tempi. Che cosa si può fare per alleviare una simile ingiustizia? Ognuno di noi dovrebbe partire da un esame di coscienza, perché spesso queste realtà sono molto più vicine di quanto pensiamo. C’è una risposta immediata, fatta di gesti di solidarietà, e in questo bisogna dire che la regione pullula di iniziative generose: ovunque spuntano quelli che noi chiamiamo ’gli angeli d’Abruzzo’, gente che dà senza chiedere nulla in cambio. A cominciare dall’esigenza più impellente, quella di mettere insieme il pranzo con la cena. Cito tra le tante un paio di iniziative partite proprio in questi giorni, come l’Emporio della solidarietà di Teramo, una sorta di supermercato creato tra gli altri da Caritas, Fondazione Tercas, Comune e Conad, per consentire alle famiglie più povere di fare la spesa gratis, grazie a un’apposita tessera. O la card rilasciata dall’Iper di Ortona alle persone più disagiate per avere uno sconto del 10% sugli acquisti. Potrei continuare a lungo, ma preferisco accennare all’altra risposta, quella più strutturale, su cui sono chiamati a riflettere tutti coloro che hanno responsabilità nel mondo del lavoro. Qui non si tratta di pelosa carità, ma di capire se le persone che operano nelle funzioni più umili (e magari meno attrezzate sul piano negoziale) hanno un trattamento degno di questo nome. So di professionisti milionari che sfruttano gratis i giovani praticanti, senza provare vergogna. Per quanto riguarda gli amministratori pubblici, poi, c’è da verificare se è stato fatto il possibile per le cosiddette politiche di inclusione: borse di studio per i ragazzi meritevoli, corsi di formazione, prestiti a chi ha una buona idea, ma non ha babbino che gliela finanzi... Spesso i talenti migliori si trovano dove c’è sofferenza. E i talenti sono l’unica forza che ci può trascinare fuori dalla crisi. Buona domenica.