Non si placa la bufera sul Centro turistico del Gran Sasso dopo la mancata riapertura degli impianti. Il presidente sfiduciato, Alessandro Comola, ha diffuso a sorpresa il piano industriale; Cialente su Facebook annuncia la rivoluzione ma incassa gli strali di De Matteis; i dipendenti chiedono il rinvio dell’assemblea dei soci di oggi (che dovrebbe sancire la sfiducia al Cda) per «mantenere la calma». Il tutto condito da veleni, sospetti, accuse incrociate e mosse sotterranee.
LA QUERELLE
Cialente ieri ha confermato la volontà di voler azzerare i vertici: «Il centro turistico viene tenuto in vita solo grazie alla mia determinazione o meglio incoscienza. Avrei infatti dovuto dal 2007 portare i libri in tribunale. Se non lo faccio è Se non lo faccio e perché ciò porterebbe alla fine del Centro turistico. Domani (oggi per chi legge, ndr) verrà sfiduciato il Cda. Non scarico responsabilità. Io nomino degli amministratori che devono raggiungere dei risultati. Se sbagliano vanno via. Ma se si colpiscono i generali, non vuol dire che si assolvono i soldati». Il motivo dei ritardi? «Abbiamo una funivia e due impianti con 35 dipendenti e ben quattro caposervizio - dice Cialente -, quando ne basterebbero uno, massimo due. Da allora il centro turistico spende, solo di stipendi, senza contare le altre spese, il doppio di quanto incassa. È strutturalmente in deficit». De Matteis, però, attacca: «Gli impianti sul Gran Sasso sono chiusi. È questo l’unico effetto prodotto dall'ennesima presa in giro nei confronti degli aquilani e degli appassionati della montagna. L’autore è come al solito il parolaio aquilano, l’ineffabile Cialente. Ci chiediamo perché Cialente non prenda in considerazione il vero problema cioè, le sue dimissioni».
L’APPELLO
I dipendenti hanno scritto a Comola e a Barca per chiedere il rinvio dell’assemblea dei soci di oggi «per non aggravare la già difficile situazione».