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Pescara, 19/12/2025
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Data: 18/12/2012
Testata giornalistica: Il Messaggero
Monti, il giorno dell’amarezza Bersani: per me stai sbagliando

Il presidente del Consiglio ai suoi: non ho fatto finire io la legislatura. Venerdì le dimissioni ma torna a crescere l’incertezza sul dopo

È stata una giornata amara per Mario Monti. Amara perché Giorgio Napolitano, nel suo discorso al Quirinale, ha sancito un’inedita distanza umana e politica dal Professore. Amara perché anche con Pier Luigi Bersani, unito fino a qualche giorno fa da una corrente di simpatia e amicizia, l’incontro non è andato bene. Eppure, Monti non sembra intenzionato a gettare la spugna. E l’ha ribadito parlando con qualche ministro prima della riunione del governo: «Dobbiamo dare continuità alla nostra azione».
«Non disperdere quanto fatto in questi tredici mesi. A Bruxelles me l’hanno chiesto tutti i leader europei, perfino il socialista Hollande... Ma non so ancora come, e se, è il caso di farlo. Troppe resistenze, troppe contrarietà incontra la mia scelta di impegnarmi direttamente...». Pausa: «Però ci sto riflettendo, sta valutando tutti gli aspetti e presto deciderò». Lo farà venerdì, prima dell’ultimo Consiglio dei ministri. Poi salirà al Quirinale per dimettersi. Infine, con le mani libere, alle 12 celebrerà la conferenza stampa di fine anno in cui potrebbe dare l’annuncio. «Ma è più probabile», dice uno suo stretto collaboratore, «che il premier scelga un’altra occasione, sabato o domenica, slegata dal suo impegno istituzionale».
Pesano le parole di Napolitano. Quel criticare la «brusca fine della legislatura». «Mica è colpa mia se ho annunciato le dimissioni, sono stato sfiduciato», ha osservato il professore. E pesa la sottolineatura del capo dello Stato, quando ha detto che affiderà l’incarico di formare il nuovo governo in base ai risultati elettorali. «Non ho mai pensato di tornare abusivamente a palazzo Chigi, di scippare la vittoria elettorale a chi l’ha legittimamente conseguita».
Non è andata meglio con Bersani. Al Quirinale i due hanno organizzato un siparietto per nascondere la tensione. «Presidente!», ha esclamato il segretario del Pd quando ha incrociato Monti. E lui: «Come stai?!». Bersani, prendendolo sotto braccio: «Vieni, che ti devo dire una cosa». Ma i due si erano lasciati pochi minuti prima. E si erano lasciati con Bersani «decisamente irritato». Perché «è inaccettabile che Monti continui a sfogliare la margherita a due mesi dal voto, ci deve essere chiarezza nelle proposte politiche in vista delle elezioni», ha sibilato. E perché durante l’incontro con il professore, il segretario del Pd chiedeva spiegazioni, lo invitava ad accelerare, gli ripeteva di ritenere un errore la rinuncia alla «terzietà», gli proponeva una sorta di «coordinamento e di unità d’azione». Ma Monti prendeva appunti. «Sembrava lunare, come se stessimo scrivendo un emendamento a qualche legge», ha confidato dopo un Bersani costernato. «Soprattutto il premier ha ripetuto e ripetuto che ci sta riflettendo. Boh?! E riflettendo su cosa?! La nascita di una nuova lista ad personam?». Uno sbocco che Bersani considera «uno sbaglio assoluto». Osservazione del suo portavoce Stefano Di Traglia su Twitter: «Se la novità politica di Monti è un’altra lista personale, significa non aver compreso le derive populistiche degli ultimi 20 anni».
La catechizzazione di Napolitano e Bersani ha lasciato il segno nell’animo del professore. Ha fatto lievitare il suo tasso di indecisione. Tanto più che c’è poco tempo per raccogliere le firme per la «Lista Monti» e «poi si porrà il problema di non imbarcare gente impresentabile...». Ma resta in campo il progetto di lanciare nel week-end un appello al Paese sulla base di un manifesto politico e di una lista con il suo nome con «le cose che non sono state fatte, quelle che ci hanno impedito di fare i partiti e che possiamo fare». Un manifesto «riformista ed europeista». Contro i privilegi delle categorie e dei sindacati, «dalla parte dei cittadini». «Contro i populismi». Traduzione: contro Berlusconi e la Lega. «Con il Pd potrà sbocciare una collaborazione dopo le elezioni». Con una nuova idea che fa capire il livello di confusione: chiedere a Bersani di rinunciare all’alleanza con Nichi Vendola per far nascere un fronte riformista.
Di candidatura al Parlamento non se ne parla. Il professore si limiterebbe ad accettare di essere il candidato premier. Della sua lista, naturalmente. Ma anche «dei partiti europeisti» che aderiranno al manifesto-programma «in modo convinto e trasparente». La speranza è quella di far nascere un «fronte moderato e riformista» sul solco del Ppe, in grado di marginalizzare il Pdl, la Lega e gli ex di An. E di scippare qualche voto al Pd, pescando nell’area vicina a Walter Veltroni e Matteo Renzi. «Va superato l’attuale bipolarismo e reso maturo», è il ragionamento del premier. «Ma non ho ancora deciso...».

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