La direzione vota all’unanimità le regole per le candidature. Al segretario riservato un 10% di posti nelle liste oltre alla designazione dei capilista. Bindi, Finocchiaro, Marini, Fioroni hanno ottenuto di poter correre alle primarie
LA SINISTRA
ROMA Ieri sera la direzione del Pd ha approvato quasi all’unanimità (tre soli i contrari e sempre tre gli astenuti) due cruciali. La prima riguarda il regolamento delle primarie per i parlamentari democrat. Si terranno in tutt’Italia o il 29 o il 30 dicembre, nel senso che molte federazioni regionali organizzeranno i gazebo per sabato 29, mentre qualcun’altra li farà domenica 30, e potranno votare tutti coloro che hanno votato alle primarie, oltre che, ovviamente, tutti gli iscritti del Pd, compreso chi non ha votato alle primarie. Le parlamentarie del Pd stabiliranno i candidati deputati e senatori del Pd.
Le norme decise ieri in una lunga riunione tenuta al Nazareno sono state illustrate dal coordinatore della segreteria del Pd, Maurizio Migliavacca. Prevedono che il 90% delle candidature venga scelto con le primarie, riservando dunque una quota del 10% all’indicazione diretta del vertice del partito. Fuori dal computo di chi si dovrà misurare con il voto popolare degli elettori saranno anche i capilista per ogni circoscrizione che verranno concordati dal vertice del partito con i competenti organi territoriali. Per tutelare la parità di genere, prevista la doppia preferenza uomo/donna con l’obbligo di garantire almeno il 33% di donne. Non potranno candidarsi, invece, salvo deroga, gli europarlamentari, i sindaci di città superiori a 5mila abitanti, assessori e consiglieri regionali, esclusi quelli del Lazio, i quali, essendo il loro consiglio regionale dichiarato decaduto, potranno correre.
La seconda, importante, decisione presa in direzione e quella che, nelle aspettative della vigilia, si temeva avrebbe causato sconquassi politici, è il via libera alle deroghe per dieci parlamentari che hanno chiesto di poter correre alle elezioni nonostante abbiano già fatto più di tre legislature, come prevede lo Statuto, ma che dovranno accettare di sottoporsi alle primarie. La direzione ha votato le deroghe in blocco, senza cioè dover sottoporre ognuno dei derogandi alle pericolose per taluni Forche Caudine di un voto ad personam. I dieci veterani democrat sono la presidente del partito e vicepresidente della Camera, Rosy Bindi, la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro (che aveva annunciato la sua rinunzia, ma che è tornata sui suoi passi per esplicita e pressante richiesta di Bersani), il capofila degli ex-Ppi Beppe Fioroni, l’ex presidente del Senato Franco Marini, il deputato trentino Gianclaudio Bressa, il calabrese ex socialista Cesare Marini, la cattolica Maria Pia Garavaglia, l’ex tesoriere del Pd di Veltroni Mauro Agostini, l’ex Ppi torinese Giorgio Merlo e il siciliano antimafia Giuseppe Lumia.
A non doversi sottoporre alla prova delle primarie saranno, invece, i nomi (ancora quasi tutti top secret) di chi entrerà nella quota del 10% (50 parlamentari circa) del listino bloccato. A sceglierli sarà direttamente Bersani, che userà tre criteri: componenti della società civile, intellettuali, rappresentanti dell’associazionismo; i giovanissimi che saranno per lo più pescati nel comitato per Bersani alle primarie, a partire da Alessandra Moretti, Roberto Speranza e Tommaso Giuntella; uomini e donne di sua assoluta fiducia, membri dello staff del segretario. Bersani, però, avrà a sua disposizione anche i capilista (che saranno 47, tra Camera e Senato). Alla direzione del Pd si è fatto vedere anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. In mattinata, sulla sua newsletter, aveva criticato i «soliti noti» che dopo le primarie «si sono tornati ad affacciare» al partito, e ha rimpianto l’assenza di «bella politica». Salvo, in serata, definire «un fatto molto, molto positivo» le parlamentarie democrat. Insomma, tutti contenti, dentro il Pd, perfino un eterno scontento come Arturo Parisi.