Evitato il voto nel Lazio e in Lombardia prima delle politiche e ottenuto l’election day grazie alla sfiducia pronunciata in aula da Alfano al governo Monti, Silvio Berlusconi tenta l’ennesima strambata. E’ di ieri sera la richiesta formale del Pdl di far slittare di una o due settimane l’appuntamento con le urne. Motivo ufficiale i problemi di organizzazione della campagna elettorale, che ovviamente non mancano. A cominciare dall’organizzazione del voto all’estero e dal varo del decreto taglia-firme sul quale il Pdl ha forti perplessità. Due mesi scarsi, e con in mezzo le vacanze di Natale, potrebbero essere infatti non sufficienti ai consolati per rivedere le liste elettorali e inviare agli italiani all’estero i certificati. Problemi che il Quirinale non sottovaluta e che il capo dello Stato potrebbe riproporre in occasione delle consultazioni che avvierà subito dopo le dimissioni di Mario Monti, tentando di trovare un’intesa tra il Pd - che resta fermo sul 17 febbraio - e il Pdl che ieri ha tirato fuori la data del 3 marzo per tentare di arrivare almeno al 24 febbraio anche se in quella data il capo dello Stato ha in programma un viaggio all’estero.
Resta il fatto che l’obiettivo principale del Cavaliere è quello di rinviare il più possibile la data del voto per diversi motivi. Il primo lo ha candidamente ammesso lo stesso Cavaliere parlando ieri a Porta a Porta: «Il recupero dei consensi che posso fare dipende dalle ore televisive che avrò a disposizione». Allungare i tempi dell’approvazione della legge di stabilità significa quindi rinviare le dimissioni di Monti, lo scioglimento delle Camere e l’entrata in vigore della par condicio che vieta la partecipazione di politici a trasmissioni non informative sessanta giorni prima del voto e regola con minuzia gli equilibri di ogni dibattito. Ieri il Cavaliere era a Porta a Porta e oggi pomeriggio di nuovo sulle reti Mediaset. Altro motivo non detto pubblicamente, è quello di tenere sotto scacco ancora per qualche giorno Monti e i montiani del Pdl. Il Professore ha più volte detto che del suo futuro parlerà dopo l’approvazione della legge di stabilità che conta di chiudere per venerdì, giorno in cui ha fissato la conferenza stampa di fine anno. L’impuntatura del Pdl rischia infatti di dover fare i conti con la tenacia del presidente del Consiglio che oltre un certo limite non è disposto ad andare, «dopodiché ognuno si assumerà le sue responsabilità». Come dire che se il Pdl tenterà la strada dell’ostruzionismo sulla legge di stabilità, c’è sempre l’esercizio provvisorio e, di conseguenza, una campagna elettorale in salita per il centrodestra a trazione berlusconiana.
I motivi che spingono Berlusconi alla richiesta di rinvio non sono però finiti e attengono essenzialmente alla difficoltà con la quale si sta avviando lo spacchettamento del Pdl tra la lista di Berlusconi e quella che sta mettendo a punto La Russa con l’aiuto di Verdini. Il Cavaliere non vuole che il Centrodestra nazionale si trasformi in una sorta di bad company e ieri sera ha cercato di convincere Crosetto e la Meloni ad accettare l’invito dell’ex ministro della Difesa. I criteri enunciati da Berlusconi che saranno seguiti nella compilazione delle liste (giovani e non professionisti della politica), sta mandando in fibrillazione i gruppi parlamentari del Pdl. «Ha detto che vuole i giovani? E io ci sono, mi metto la maschera da maiale e vado!», ironizzava ieri Mario Pepe, deputato Pdl di lungo corso, riferendosi alla festa organizzata dal giovane consigliere regionale De Romanis.
Qualche giorno in più farebbe comodo al Cavaliere anche per perfezionare l’accordo con la Lega. Malgrado le resistenze interne che incontra Maroni, nel Pdl considerano l’accordo fatto. Berlusconi sarebbe il candidato premier della coalizione e il segretario del Carroccio verrebbe sostenuto dal Cavaliere nella corsa al Pirellone a patto però che lo stesso ex presidente del Consiglio convinca Albertini a ritirare la sua candidatura o Formigoni a non appoggiare l’ex sindaco di Milano.