«Vinceremo le elezioni e ho rassicurato l’Europa, l’Italia manterrà gli impegni assunti»
BRUXELLES «La prima cosa da fare è una legge antitrust, contro le concentrazioni e sul conflitto d'interessi». Pier Luigi Bersani, candidato premier del centrosinistra, aspetta di salire sull'aereo che lo riporterà a Roma da Bruxelles insieme ai responsabili esteri del partito Lapo Pistelli e Giacomo Filibeck. Insieme hanno incontrato il presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy, il presidente della Commissione Barroso e il compassato presidente dell'Eurogruppo Juncker che, al termine del colloquio si lascia andare ad un «mi piace». Ai vertici delle istituzioni europee, tre importanti leader del Ppe - partito che di recente ha molto caldeggiato l'ipotesi di un Monti-bis - Bersani ha «pacatamente» spiegato che anche un governo a guida Pd «rispetterà gli impegni europei» e che il Pd è ormai unico argine in Italia alle spinte «regressive e populiste». «A tutti ho spiegato che arriveremo primi. Dappertutto. Anche al Senato», racconta Bersani che promette di fare una legge sul conflitto d'interessi e si scalda quando lo si interroga sul rapporto che il Pd potrá avere con il centro dopo il voto.
«Ho dempre detto che, qualora vincessi le elezioni e toccasse a me, il giorno dopo avrei parlato con Monti chiedendogli in quale chiave intende dare il suo impegno. Ma ora siamo in un momento elettorale e le urne daranno il loro responso e avranno i loro protagonisti».
Sta dicendo che se Monti si candida, si cambia linea?
«Io ho detto che voglio essere amichevole. Ora il problema è loro. I progressisti aprono da sempre a posizioni moderate. Dicano loro cosa vogliono fare. Io ho i progressisti, abbiamo fatto le primarie, ho la proposta di programma. Ripeto, dicano loro cosa vogliono fare. Aspetto di capire come pensano di potersi rivolgere dopo al Pd. Non chiedete sempre a me! Vediamo cosa fanno e dicono in campagna elettorale. Mi daranno del comunista, ci metteranno le dita negli occhi? Non può essere sempre un problema mio».
Lei era aperto al centro ma non immaginava Monti come competitor. Come pensa si possa recuperare un dialogo dopo il voto e dopo che lei avrà conteso a Monti palazzo Chigi?
«Io non ho mai dato nulla per scontato, né ho escluso nulla. Sul piano politico vedevo che arrivavamo lí e ho sempre detto che i progressisti dovevano essere aperti al dialogo con le forze di centro. Il dialogo continuerà. Io non farò campagna elettorale contro Monti, ma non mi nascondo che in campagna elettorale le dinamiche sono altre. Ma ora hanno loro problema del rapporto con noi».
Che cosa ne pensa della richiesta del Pdl di far slittare la campagna elettorale?
«La legge di stabilità arriverà in porto in condizione da garantire gli obiettivi. È in corso una manovra abbastanza miserevole della destra di guadagnare un po' di tempo. Ma siamo pronti anche a fare notte per rispettare i tempi».
Esclude la possibilità di uno slittamento delle elezioni a marzo come sperava il Pdl?
«È una cosa vergognosa usare la tattica parlamentare per interesse di partito. Intenzione nostra è quella di chiudere in settimana e poi andare al voto nella data più ravvicinata che è, appunto, il 17 di febbraio, ma a noi va bene anche il 24. Decide il capo dello Stato».
Berlusconi interviene a raffica in tv e si torna a parlare di conflitto d'interessi. Sarà la volta buona?
«È la prima cosa da fare. Occorre approvare una legge sull'antitrust contro le concentrazioni. Una legge severa sull'incompatibilitá. Nell'insieme quella che chiamiamo legge sul conflitto d'intessi deve essere composta da una parte sull'incompatibilità e dall’altro disciplinare l'antitrust. Detto questo, gli italiani hanno visto e sono in grado di giudicare le andate e i ritorni, sono attenti agli avvitamenti di Berlusconi».
Lei è stato a Bruxelles dagli amici di Monti. Tutti esponenti del Ppe. Che cosa le hanno detto?
«Sono persone che fanno il loro mestiere. Li ho incontrati perché si apre una fase di transizione ed era giusto andare per dare elementi di continuità con quanto fatto e sostenuto in questo anno. Loro sanno benissimo chi siamo e chi sono. Ricordano che ho lavorato con Prodi, Ciampi e Padoa Schioppa. È stata anche un'occasione per dire che gli impegni italiani saranno rispettati e per noi sono una sollecitazione forte. Manteniamo gli impegni, garantiamo continuità. Sapendo però che i tempi della crisi sono piú veloci di quelli delle decisioni. Deve esserci la possibilità di praticare politiche di crescita. Questo avvitamento tra austerità e recessione non va bene».
Da molte parti si dice che una diversa politica non sarà possibile senza un ruolo diverso della Bce. Condivide?
«Non può esserci ruolo diverso Bce se non ci sono passi avanti sull’unione fiscale. Il processo di integrazione deve andare avanti. Occorre una road map ragionevole e bisogna stringere un patto. Per esempio io non ho problemi a discutere di una autorizzazione preventiva sugli investimenti a patto che sia affidata ad una procedura che dia garanzie di partecipazione e non a un commissario. Ma occorre avviare oltre ciò che si è deciso anche politiche per la crescita e un coordinamento delle politiche economiche».
È venuto a Bruxelles anche per garantire per Vendola?
«Ma Vendola è un grande europeista. Vuole gli Stati uniti d'Europa. Vendola è un pretesto polemico. Noi garantiremo continuità con quanto fatto finora. E continueremo sulla linea di ricerca di un accordo».
Bersani è una persona, onesta e intelligente, ha dichiarato Juncker dopo il colloquio. Che cosa gli ha promesso per fargli dire questo?
«Juncker ha una profonda conoscenza del nostro Paese. Mi ha chiesto di Grillo, abbiamo parlato dei rischi dell'antipolitica per l'Europa».
E di Berlusconi?
«No, ma mi sembra lo conosca bene. Juncker è uomo molto concreto e competente, peccato tra due mesi lasci l'incarico all'Eurogruppo. A tutti coloro che mi hanno chiesto quanto pensate di prendere, io ho risposto: arriviamo primi».
Dappertutto, pure al Senato?
«Arriviamo primi. E a Juncker ho detto che può star tranquillo e dire a tutti che Berlusconi non vincerá».