ROMA Per l’Irpef regionale, il 2013 dovrebbe essere un anno tranquillo. Dopo l’aumento scattato per tutte le Regioni a seguito del decreto salva-Italia di un anno fa, e in attesa che il prossimo governo decida se rivedere o addirittura smontare l’edificio del federalismo, sull’addizionale i governatori disporranno degli stessi margini di manovra di quest’anno; ed anche quelli che hanno ancora la possibilità di ritoccare le aliquote con tutta probabilità ci penseranno bene. Il discorso è leggermente diverso per le Regioni che devono rientrare dai disavanzi sanitari, come il Lazio, per le quali l’addizionale scatta automaticamente verso l’alto se lo sforzo di risanamento risulta insufficiente.
PER IL 2013 NESSUNA NOVITÀ
La modifica appena introdotta con la legge di stabilità di fatto non cambia il quadro esistente. Si tratta di uno slittamento al 2014 di alcune norme del decreto legislativo del 2011 che regola il federalismo fiscale regionale. Per capire come stanno le cose bisogna quindi fare un passo indietro a quel testo, che indubbiamente potenziava la leva fiscale in mano alle Regioni. In particolare veniva fissata una scaletta temporale per i possibili aumenti. L’addizionale Irpef si compone di una quota uguale per tutti fissata dallo Stato (che l’attuale governo ha portato all’1,23 per cento) e di un’eventuale quota variabile decisa a livello locale. Il decreto sul federalismo prevedeva che fino a tutto il 2013 l’ulteriore incremento non potesse andare oltre lo 0,5 per cento. Ma l’entità della possibile maggiorazione salirà poi all’1,1 per cento nel 2014 e al 2,1 a partire dal 2015.
C’erano poi altre norme destinate a scattare dal 2013: in particolare l’eventuale aumento oltre lo 0,5 non potrà avvenire se la Regione nel frattempo ha ridotto l’Irap, e dovrà comunque salvaguardare i contribuenti a basso reddito; l’eventuale modulazione dell’addizionale su più scaglioni dovrà ricalcare quelli dell’Irpef nazionale; le Regioni possono poi prevedere ulteriori detrazioni per le famiglie. Con la legge di stabilità la data del 2013 è stata spostata in avanti di un anno. Ma il rinvio non cambia nulla per i limiti posti in caso di aumento oltre il mezzo punto, perché questo non potrebbe comunque scattare prima del 2014. Allora perché le Regioni hanno chiesto questa modifica? Come ha spiegato Vasco Errani, presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza Regioni, per evitare di dover adeguare i propri scaglioni a quelli nazionali, operazione che a suo avviso avrebbe penalizzato i redditi più bassi: alcune Regioni infatti hanno già adottato propri schemi ad hoc. Con il rinvio slitta di un anno anche la possibilità legale di concedere ulteriori sconti, comunque molto improbabili.
CHI PUÒ USARE LA LEVA FISCALE
Insomma, il panorama legislativo del prossimo anno sarà uguale a quello del 2012. Resta la possibilità di spingere il pedale dell’Irpef solo per le Regioni che fin qui si sono contenute: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Toscana, Umbria, Basilicata, Puglia, Sardegna. Alcune di queste però, se lo volessero, potrebbero comunque disporre aumenti solo per i contribuenti a reddito più basso perché per gli scaglioni più alti l’aliquota ha già raggiunto l’1,73 per cento (1,23+0,5). Solo le Regioni sottoposte a piano di rientro dal deficit sanitario l’aliquote può ulteriormente salire di uno 0,3 % ed in effetti è già al 2,03 in Molise, Calabria e Campania. mentre il Lazio, che ha già sperimentato quel tetto nel 2010, lotta ora per non toccarlo di nuovo. Va ricordato che gli aumenti hanno un effetto sfalsato: ad esempio l’addizionale per il 2012 verrà trattenuta il prossimo anno.