Consultazioni-lampo dal capo dello Stato poi lo scioglimento
ROMA Ieri sera alle 19, dopo 401 giorni di governo, Mario Monti ha rassegnato le dimissioni da premier nelle mani del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Il quale stamattina dà inizio a un breve giro di consultazioni con i rappresentanti dei gruppi parlamentari e, probabilmente, in serata scioglierà le Camere. I passaggi formali che hanno chiuso la XVI legislatura erano scontati dopo l’approvazione della legge di stabilità avvenuta nel pomeriggio e, d’altra parte, erano stati annunciati dallo stesso Monti nel Consiglio dei ministri di ieri sera e, ancora prima, nell’accomiatarsi dai dipendenti della Presidenza dopo la messa di Natale a palazzo Chigi, al termine della quale il premier ha ricordato con una punta di ironia che «un anno fa questo governo era al varo, oggi invece, non per colpa della profezia Maya, dovremo terminare».
DISCORSO AGLI AMBASCIATORI
Poco dopo, nel discorso tenuto alla conferenza degli ambasciatori alla Farnesina, come ultimo atto ufficiale prima delle dimissioni, Monti ha chiesto di nuovo, come aveva fatto il giorno prima allo stabilimento Fiat di Melfi, di «non disperdere il lavoro fatto in questo anno dal governo», dal momento che «gli interessi nazionali prescindono dal governo in carica». Lavoro che, ha detto, ha permesso al Paese di essere «più affidabile oltre che più competitivo e attraente per gli investitori stranieri». Parole, queste, che si è cercato di leggere anche alla luce dell’atteso annuncio del premier sul suo stesso futuro politico, che potrebbe venire nella rituale conferenza stampa di fine anno del governo fissata per domattina alle 11. Ma attorno a cui sembra aumentare un clima di incertezza dovuto ad indiscrezioni che danno Monti sempre più dubbioso sulla decisione di prendere direttamente parte alla contesa elettorale.
Nel suo intervento davanti alle feluche, accolto da una standing ovation, il professore ha ringraziato «per aver potuto concludere alla Farnesina 13 difficili ma affascinanti mesi di governo», nel corso dei quali - ha sottolineato - «è stata compiuta una seria politica di risanamento, unita a misure per favorire la crescita, con misure strutturali importanti come quelle del mercato del lavoro e delle pensioni». Ma anche, ha aggiunto Monti, «con il varo di una legge contro la corruzione, che dobbiamo combattere con tutte le nostre forze, proprio come nel caso dell’evasione fiscale». In questo anno, ha aggiunto il presidente del Consiglio, «abbiamo dato un segnale inequivocabile che non si intende rinunciare alla moneta unica, presidio e pegno di democrazia europea, oltre che ancoraggio al benessere comune».
L’ITALIA E L’EUROPA
Monti si è soffermato in particolare sul rapporto con l’Unione europea, affermando che «nell’attuale contesto globalizzato e, a maggior ragione, delicato come l’attuale, non c’è Paese che possa decidere il suo destino da solo prescindendo dalla concertazione con gli altri». Premesso che «rispetto a un anno fa la situazione dell’Europa e dell’euro è notevolmente migliorata, anche grazie all’iniziativa e alla tessitura italiana», il premier ha detto di «aver apprezzato che la crescita sia stata intesa non soltanto in termini economici, ma anche di aumento dell’autorevolezza e della credibilità dell’Italia nello scenario internazionale, fattori - ha osservato - che si riverberano sul brand Italia con importanti ricadute economiche».
CONSULTAZIONI
La palla di questo teso finale di legislatura passa ora nelle mani di Napolitano, che appare intenzionato ad accelerare al massimo le procedure che porteranno al formale scioglimento delle Camere. Consultazioni lampo al Quirinale, da concludere con tutti i gruppi parlamentari nell’arco della mattinata e comunicazione dello scioglimento forse già nel pomeriggio ai presidenti Fini e Schifani. Che ieri erano stati informati da Monti delle sue dimissioni insolitamente per telefono.