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Data: 23/12/2012
Testata giornalistica: Il Centro
Pd, Ichino rinuncia alla candidatura. Il giuslavorista: «Gravi difetti di chiarezza nella linea del partito». La Bindi corre a Reggio Calabria, Giorgio Gori a Bergamo

ROMA Che il suo futuro sarebbe stato comunque dentro il Pd l’aveva già detto, ma nel giorno in cui il leader di Sel Nichi Vendola annuncia che per lui «vale l’agenda Bersani», il giuslavorista e senatore democratico Pietro Ichino rinuncia alla candidatura alle primarie a causa di «gravi difetti di chiarezza nella linea seguita dal vertice del partito» sulla questione «fondamentale» della strategia dell’Italia per uscire dalla crisi. Aveva chiesto a Pier Luigi Bersani di correggere le dichiarazioni di Stefano Fassina per sposare l’agenda Monti, ma l’esito della battaglia a distanza è l’abbandono di Ichino e la candidatura del responsabile economico del partito alle primarie, che nel Lazio si svolgeranno il 30 dicembre, la data privilegiata in 11 regioni. Con Fassina correranno tra gli altri Roberto Giachetti, protagonista di un drammatico sciopero della fame per la riforma della legge elettorale, Marianna Madia, Vincenzo Vita e Matteo Orfini, esponente della segreteria, uno dei “giovani turchi democratici” vicini a Bersani che nei giorni scorsi aveva chiesto di riservare la quota bloccata del 10 per cento a disposizione del segretario «esclusivamente a persone della società civile». «Mi dispiace che Ichino rinunci a correre, credo che dentro il partito ci sia bisogno dell’opinione di tutti – commenta Orfini mentre è impegnato in una campagna elettorale sul filo di lana – Ma lui lamenta ambiguità su temi dei quali si è discusso durante le primarie tra Bersani e Matteo Renzi, in cui si sono confrontate visioni diverse: Bersani ha vinto, l’altra opzione, che Ichino aveva sostenuto, è uscita sconfitta. La chiarezza l’hanno fatta tre milioni di italiani». «Finora l’unico rottamato sono io» scherza il sindaco di Firenze, ma “l’opzione” Renzi resta piantata nel Pd. Alcuni dei suoi più stretti collaboratori potrebbero essere recuperati nel listino bloccato o tra i capilista, meccanismo che ha fatto coniare a Beppe Grillo la definizione di «buffonarie, primarie finte dove girano sempre gli stessi nomi». Nella “riserva” di Bersani ci sarà quasi sicuramente il vice presidente del partito Ivan Scalfarotto, mentre Adinolfi, appena sei mesi da parlamentare, ha già rinunciato a «trattamenti privilegiati e reti di protezione»: correrà alle primarie assieme ad altri che hanno condiviso il progetto della Leopolda, il guru della campagna elettorale di Renzi, Giorgio Gori, che scenderà in campo a Bergamo. Tutti insieme, rottamatori contro ex rottamandi, come la presidente del partito Rosy Bindi e la presidente dei senatori Anna Finocchiaro, due dei dieci big con più di tre mandati alle spalle che hanno ottenuto la deroga dalla direzione e si ripresentano agli elettori. Intanto alle primarie, ed entrambe al sud: la prima a Reggio Calabria, la seconda a Taranto, mentre due maggiorenti come Walter Veltroni e Massimo D’Alema hanno scelto di sfilarsi dalla corsa. Con Bindi e Finocchiaro in corsa con deroga anche Beppe Fioroni, prima in odore di scissione alla guida degli ex popolari, poi rimasto a presidiare l’ala destra del partito, l’ex presidente del Senato Franco Marini, Gianclaudio Bressa, Cesare Marini, Maria Pia Garavaglia, Angelo Agostini, Giorgio Merlo, e Giuseppe Lumia. Fa un passo indietro Antonio Boccuzzi, l’ex operaio della Thyssen scampato al rogo che provocò la morte di sette compagni di lavoro: «Rinuncio alle primarie, non all’impegno politico» dice, «non è una scelta polemica, ma certo mi sarei aspettato più sostegno, soprattutto dal partito torinese». Non ci sarà neppure Paola Concia, che getta la spugna: «Non mi candido, vogliono candidature locali e io non sono ascrivibile a un territorio in particolare, non faccio come Bindi» ha spiegato. Per ragioni analoghe il 29 dicembre non scenderà in campo a Torino il senatore “verde” Roberto Della Seta. Si è sfilato, senza chiedere deroghe, invece, il senatore ed ex leader Udc, Marco Follini: «Non sarò tra gli attempati che assediano il partito», mentre dopo le primarie per la premiership non è tra i candidati Laura Puppato, capogruppo Pd in Veneto, che potrebbe rientrare però in “quota Bersani”: «Se c’è spazio bene, altrimenti continuerò a fare il mio lavoro in consiglio regionale».

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