ROMA I lavoratori che hanno perso il posto di lavoro se ne accorgeranno presto. Ma stavolta sarà una sorpresa positiva: l’assegno di disoccupazione, che dal primo gennaio 2013 cambierà nome, sarà più generoso, almeno nei primi sei mesi. Si chiamerà Aspi, che sta per ”assicurazione sociale per l’impiego” ed è uno dei pilastri fondamentali della riforma del mercato del lavoro targata Monti-Fornero, diventata legge nel giugno scorso.
L’Aspi che debutterà a gennaio, però, non sarà L’Aspi a regime che rivoluzionerà il sistema degli ammortizzatori sociali voluta dal governo. In seguito alle novità introdotte con il decreto Sviluppo del luglio scorso, una parte dell’Aspi, quella che accorperà anche l’indennità di mobilità, è rinviata al 2015 (per andare a regime nel 2017 dopo una transizione graduale). E, al contrario di quanto accade con il sussidio di disoccupazione, se raffrontata all’attuale indennità di mobilità l’Aspi è decisamente più avara, con un taglio secco della durata dell’assistenza. Taglio le cui principali vittime saranno le fasce attualmente più tutelate, gli ultracinquantenni in particolare del Sud. Una scelta basata sulla scommessa che, una volta finita la crisi e avviata la ripresa, sarà più facile trovare una nuova sistemazione. A maggior ragione con una riforma del lavoro ormai rodata che - nelle intenzioni del governo Monti - dovrebbe eliminare le attuali ingessature. Intanto vediamo le novità che entreranno in vigore nel 2013.
SI AMPLIA LA PLATEA
Avranno il nuovo sussidio tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, compresi gli apprendisti (con alcuni requisiti) e i soci lavoratori di cooperativa, nonché i dipendenti pubblici con contratto a termine. Sono compresi anche gli artisti, finora esclusi dai sussidi nei momenti di pausa tra un lavoro e un altro. Sono esclusi dall’Aspi, gli agricoli, i giornalisti e il clero.
L’ASSEGNO E I REQUISITI
Sarà pari al 75% delle retribuzioni nel 2013 fino a 1.180 euro al mese (ora l’assegno di disoccupazione è pari al 60%), più il 25% per la parte di retribuzione superiore a 1.180; c’è però un tetto massimo di 1.119 euro lordi (1.053 netti); durerà 12 mesi (quindi 4 mesi in più rispetto al sistema attuale per gli under 50) che diventano 18 per gli over 55. La cifra sarà decrescente man mano che i mesi trascorrono: il taglio è del 15% dopo sei mesi e di un altro 15% per quelli successivi. Per usufruire dell’Aspi è necessaria un’anzianità contributiva pari a due anni, e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente.
DOMANDA TELEMATICA
Chi ha i requisiti deve presentare, pena decadenza, la domanda esclusivamente per via telematica all’Inps entro il termine di due mesi dalla data di spettanza del trattamento. In caso di nuovo contratto di lavoro subordinato, l’indennità è sospesa d’ufficio fino a un massimo di sei mesi. Se al termine del periodo il lavoratore è di nuovo senza lavoro, l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
LA MINI-ASPI
Stessa platea della ”sorella maggiore”, ma requisiti ridotti a 13 settimane nell’ultimo anno, ovvero gli stessi (78 giorni) previsti dall’attuale indennità di disoccupazione ridotta. L’importo dell’indennità è lo stesso dell’Aspi, ma durerà di meno (sarà corrisposto per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno). Il vantaggio è che adesso l’assegno verrà dato subito e non l’anno successivo. Per i circa mezzo milione di lavoratori che in media ne hanno usufruito in questi anni di crisi, non è un particolare irrilevante. Per i cocopro sarà rafforzata l’una tantum: lavorando sei mesi si potrà arrivare a intascare seimila euro.
CHI LA FINANZIA
L'Aspi sarà finanziata da una contribuzione fissa, a carico del datore di lavoro, pari al 1,31% (la stessa attualmente pagata per la disoccupazione); è prevista, inoltre, una contribuzione aggiuntiva per i contratti a termine dell’1,4% (con l’esclusione dei lavoratori assunti in sostituzione, apprendisti e alcune categorie di lavoratori stagionali). Le aziende già lamentano un aggravio dei costi contributivi pari a circa 300 milioni di euro. La quota aggiuntiva (per un massimo di sei mesi), comunque, verrà restituita se l’azienda trasforma a tempo indeterminato il contratto a termine. In via sperimentale nei primi tre anni (2013-2014-2015) per il lavoratore sarà possibile trasformare l’indennità Aspi in liquidazione, per poter così avere un capitale e avviare un’impresa. Perderà il sussidio chi rifiuterà un impiego la cui retribuzione è superiore di almeno il 20% rispetto all’indennità percepita.