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Pescara, 19/12/2025
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Data: 23/12/2012
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Metro B sabotata» ma dall’Atac nessuna denuncia

L’azienda punta su una task force interna per scovare i responsabili

LE INDAGINI
Nessuna prova certa di sabotaggio. Nessuna denuncia di Atac alla polizia, o alla Procura della Repubblica. Nessuna inchiesta del magistrato competente, Roberto Cucchiari, su eventuali guastatori. Sono gli unici elementi certi sull’incidente accaduto venerdì alla metro B. A indagare sulla presunta manomissione che ha mandato in tilt per tre ore l’intera linea che va da Laurentina a Rebibbia, dall’altra mattina, c’è solo la sicurezza interna di Atac. Una task force di tecnici (convinti che si tratti di una manomissione) sta lavorando per avere una diagnosi puntuale di tutto l’accaduto, perché ad oggi non vi è ancora nessun elemento in grado di confermare un sabotaggio. L’interruttore saltato, mostrato con estrema rapidità dall’amministratore delegato Roberto Diacetti, sarebbe solamente la conseguenza di un sovraccarico. Un fattore, quest’ultimo, che potrebbe essere stato «causato» da un sabotaggio lungo le gallerie: questa, però, rimane un’ipotesi tutta da dimostrare.
LUCI E OMBRE
Perché, allora, Atac di fronte a un’azione criminale (così ha dichiarato l’azienda parlando di sabotaggio) non ha chiesto aiuto agli investigatori?
A gettare ombre sulla vicenda sono i sindacati. Cgil e Uil vanno giù duro. Parlano di carenze infrastrutturali, di incompetenza, presappochismo e negligenza di Atac. E mentre l’azienda negli ultimi mesi ha cominciato a punire severamente i dipendenti che sbagliano, con lettere di richiamo, sospensioni e trattenute dallo stipendio, i sindacati sono scesi sul piede di guerra. Temono «una caccia alle streghe» che scarichi tutta la responsabilità su macchinisti, scambisti e personale tecnico. Sollevando dal bailamme chi, in questi anni, ha gestito la metropolitana, attraverso scelte politiche, tecniche ed economiche. Insomma, la dirigenza. Ed e proprio ai quadri di Atac, e all’amministrazione comunale, che la Cgil - componente sindacale maggioritaria all’interno di Atac - scarica la responsabilità sui sabotaggi, chiedendosi se «guasti e disservizi non siano imputabili anche ad altri elementi della catena dirigenziale direttamente coinvolta, dirigenti che hanno a che fare quotidianamente con la gestione-criticità delle infrastrutture».
LA GUERRA
Ma all’interno di Atac c’è un’altra guerra occulta. Quella tra i dirigenti, coinvolti nella nuova «macro struttura»: la riorganizzazione aziendale voluta dal neo amministratore delegato Diacetti, arrivato a settembre. Una premessa: Atac è l’unica azienda di questo tipo e dimensioni in Europa ad avere un direttore generale praticamente unico, Antonio Cassano. Tutte le aziende moderne hanno più direttori, uno per ogni settore. Nel caso di Atac, invece, l’ex amministratore delegato Carlo Tosti, chiamato a gestire un’azienda sull’orlo del crac e travolta dagli scandali, arrivato e dimessosi dopo 15 mesi, aveva lasciato al dg Cassano (mai ridimensionato) deleghe fondamentali: Personale, Relazioni industriali, Amministrazione e finanza. Troppe anche per il nuovo ad Diacetti, che starebbe tentando (pure lui) di ridare fiato all’operatività dell’azienda. Ora, la nuova «macro» di Diacetti avrebbe ridisegnato settori e competenze (con molti dirigenti validi e scelte trasversali) estromettendo di fatto Cassano da un potere giudicato «quasi illimitato», subendo però forti resistenze. Una guerra di potere, che potrebbe trovare «favori», sicuramente involontari, nell’attività dei sabotatori.

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